‘Ndrangheta, minacciò Pm in udienza: sott’inchiesta Pantaleone Mancuso
Un’udienza passata alla storia della lotta alla criminalità organizzata e divenuta lo spunto per un libro che sta spopolando in libreria.
Di quelle minacce rivolte in Aula alla pm della Distrettuale antimafia Marisa Manzini, nel corso di un’udienza del processo Black Money (LEGGI) a Vibo Valentia, ora il boss Pantaleone Mancuso, detto “Scarpuni”, dovrà rispondere davanti a giudici.
La Procura della Repubblica di Salerno lo ha infatti messo sotto inchiesta chiedendone il rinvio a giudizio.
Era il 10 ottobre 2016 quando Pantaleone Mancuso dal carcere tuonava contro la Manzini: “Statti zitta ca parrasti assai, hai capito ca parrasti assai. Fammi parrari a mia”, aveva esclamato “Scarpuni” al magistrato.
Per quelle parole il sostituto procuratore campano, Vincenzo Senatore, ha chiesto al gip - che ha già fissato un’udienza per il 21 febbraio - il rinvio a giudizio dell’imputato che deve rispondere di oltraggio a magistrato nel corso dell’udienza, aggravata dalle modalità mafiose.
Da quanto emerge nel capo d’imputazione, Mancuso “nel prendere la parola offendeva il prestigio del pubblico ministero presente che era intervenuto per far rilevare al collegio che l’intervento dell’imputato non era attinente al procedimento in atto”.
Marisa Manzini ovviamente si costituirà parte civile nel procedimento. L’oggetto della discussione era Tita Buccafusca, la moglie di Pantaleone Mancuso, morta suicida nell’aprile 2011 quando ingerì mezza bottiglia di acido dopo aver reso alcune dichiarazioni e aver avvertito che la famiglia del marito avrebbe voluto farla passare per pazza.
Una donna che aveva avuto, prima della sua fine, un lungo colloquio con la Manzini. Colloquio del quale il magistrato parla diffusamente nel suo libro, “Fai silenzio ca parrasti assai”, pubblicato nei mesi scorsi.