“Era una notte buia e tempestosa.” “In una caverna sotto terra viveva uno hobbit.” “Sei Ellie Sattler, di professione paleobotanica.”Sono tre incipit. A voi scoprire chi li ha scritti (la soluzione a fine articolo). Di sicuro lo sa Andrea Malabaila, Sindaco (così si definisce) di Las Vegas Edizioni, che intervisto dopo avere letto un suo post dal titolo: ‘Miti da sfatare sulla pubblicazione’ che vi invito a leggere soprattutto se siete intenzionati a inviare un manoscritto ad una casa editrice come la sua. Lo confesso: il mio primo manoscritto è stato cassato, Las Vegas compresa. È difficile ricevere giudizi negativi o non essere presi in considerazione, fa male, ma le cose brutte a volte aiutano a crescere. Scrivere è una grande fatica. Scrivere un romanzo è una grandissima fatica: uno sforzo fisico, psichico ed emotivo. Richiede una grande concentrazione, costanza, studio, una volontà di ferro poiché non hai alcun datore di lavoro e in un mondo fatto di distrazioni è durissima. Mentre tutti credono che tu stia cazzeggiando, cerchi il tempo giusto, la musica giusta, la battuta più adatta. Lavorare in miniera è peggio, lo so. Scrivere non dà garanzia di nulla, ma chi scrive sa una cosa: quando sei immerso completamente in ciò che stai facendo e non senti suonare il campanello della porta e i tuoi familiari che ti chiamano per la cena, beh, quello è il momento più bello. La magia. Essere sopra le cose, navigare in un mondo che hai creato tu, completamente staccato dal reale. Quello è il momento che cerco ogni volta che scrivo. Non è detto che l’esito sia buono, ma così è…
Patrizia Muzzi | Cambio Quotidiano Social
Andrea, Las Vegas Edizioni ha compiuto dieci anni e avete pubblicato una quarantina di libri, quanti incipit avrete letto da quando avete iniziato?
Tantissimi! Non saprei dirti un numero preciso ma di sicuro qualche migliaio. Alcuni belli e spiazzanti, molti dimenticabili, altri decisamente banali (per dire, iniziare citando un proverbio o una frase fatta non è mai una buona idea). Nel mio romanzo “Revolver” ho anche un po’ giocato con gli stereotipi duri a morire: tantissimi manoscritti cominciano con il protagonista che si sveglia e va a farsi un caffè.
Perché hai sentito l’esigenza di lanciare nell’etere questo messaggio? Credi che i ragazzi o gli ‘aspiranti scrittori’ siano una categoria che si piange un po’ addosso?
Sento spesso dire cose approssimative o del tutto sbagliate riguardo al mondo editoriale. Quasi che gli editori fossero una casta brutta e cattiva. Poi ho ricevuto la lettera di presentazione che ho citato nel post e mi sono detto che forse era il caso di spiegare una volta per tutte che il vittimismo e il complottismo non sono i modi migliori per affrontare le difficoltà (che ci sono, certo!) per essere pubblicati, letti e apprezzati.
Quali sono gli errori che commettono più spesso i neofiti?
Quello di dire “eh, ma se pubblicano Tizio e Caio, allora possono pubblicare anche me”. Siamo d’accordo che escono tanti libri inutili, ma cominciamo a chiederci se i nostri siano davvero indispensabili.
Forse può essere di aiuto anche a chi vi invia i propri manoscritti: com’è organizzato il lavoro di una casa editrice?
Per me l’ideale sarebbe occuparmi solamente dei testi: leggerli, valutarli e editarli insieme agli autori. Purtroppo questa è solo una piccola parte del lavoro di un editore, che si deve occupare di un sacco di attività noiose e per niente creative. Però, per quanto riguarda i manoscritti, funziona così: viene letto tutto quello che ci arriva, ovviamente non dalla prima all’ultima riga (non basterebbero cento vite), quello che cattura l’attenzione viene messo da parte per un approfondimento, quello che colpisce nel segno riceve una proposta di pubblicazione.
Una delle frasi ricorrenti a proposito di letteratura è: in Italia tutti hanno un libro nel cassetto, detta con accezione negativa, mentre se si dice che in Islanda tutti scrivono allora gli islandesi sono un ‘popolo colto’. Perché quando ci riferiamo a noi stessi, siamo sempre così negativi? Dove sta la verità?
Il problema non sta nello scrivere in sé, che per quanto mi riguarda è un’attività entusiasmante e non potrei certo essere io a dire il contrario visto quanto tempo e quante energie ci ho investito in questi anni. Il problema è che in Italia si legge pochissimo. Noi facciamo una fatica incredibile per vendere le copie che vendiamo. E tantissimi manoscritti che ci arrivano denunciano una grave carenza di letture. Come dico sempre, se tutti quelli che ci mandano manoscritti comprassero almeno un paio di nostri libri, farebbe bene a loro (che saprebbero cosa ci piace e si divertirebbero pure, spero) e farebbe bene a noi, che dobbiamo faticare ogni giorno per sopravvivere.
Se avessi la bacchetta magica e potessi pubblicare chi vuoi tu, quali autori sceglieresti e perché?
Ti dirò che io sono contentissimo degli autori che abbiamo pubblicato e credo che parecchi di loro, se avessero avuto alle spalle una potenza di fuoco maggiore della nostra, sarebbero universalmente riconosciuti come Grandi Scrittori. Ma – voglio essere ottimista – magari ci vorrà solo del tempo prima di arrivarci.
Ti sei mai reso conto di avere cassato un autore che invece ha avuto fortuna grazie a un’altra casa editrice?
Se parli di un testo che abbiamo rifiutato, non è successo o forse non ce ne siamo accorti. Se parli di un autore che ci ha spedito qualcosa, e poi ha avuto successo con altro, beh, è accaduto almeno un paio di volte. Ma anche qui rimango dell’idea di prima: se li avessimo pubblicati noi invece di una grande casa editrice, avrebbero avuto meno risonanza.
Cosa vi caratterizza rispetto alle altre case editrici?
Rispetto ai grandi editori, che possiamo osare e sperimentare di più. Abbiamo pubblicato titoli su cui forse nessuno avrebbe scommesso e altri che sapevamo già che avremmo faticato ancora di più a vendere. Siamo un po’ masochisti e spesso seguiamo più l’istinto (ciò che ci piace) della ragione (ciò che vende).
Qual è secondo te il confine tra aspirante scrittore e scrittore vero e proprio?
Si potrebbe semplificare dicendo che l’aspirante scrittore è quello che non ha ancora pubblicato. Ma oggi, di riffa o di raffa, si può arrivare alla pubblicazione in mille modi. Ad esempio, come considerare il self-publishing? O la pubblicazione solo in ebook?
In questi dieci anni credo che tu ti sia fatto un’idea anche a livello antropologico su chi siano gli italiani. Di che cosa si parla nei romanzi che ti inviano, quali sono i temi più toccati, come si sono evoluti nel tempo? Le vostre scelte seguono ‘questo sentimento popolare’ per citare Battiato o siete voi editori a dettare le regole?
I temi sono vari, ma spesso convergono su alcuni filoni ricorrenti: l’ombelichismo diaristico, il maledettismo alla Bukowski, il romanzo coi nomi stranieri ambientato in un’America di cartone, il romanzo di genere, il trattato filosoficheggiante del tipo “adesso vi spiego la vita”… Noi, nel nostro piccolo, non dettiamo proprio niente. Aspettiamo solo storie che siano buone storie e che ci stupiscano. Abbiamo pubblicato romanzi che, prima di leggerli, non avrei mai pensato potessero piacermi.
Cosa pensi dei concorsi dove gli scrittori si giudicano tra loro?
Che sono ottimi, fintantoché i concorrenti sono leali (e non sempre lo sono) e competenti (idem come sopra).
Quello che tu affermi per la selezione dei manoscritti all’interno delle case editrici, ritieni sia valido anche per i vari premi conferiti? Penso allo Strega per citarne uno…
In verità scrivo che non sono all’interno delle altre case editrici e non so come funzioni altrove, ma che posso assicurare che da noi le cose vanno in maniera diversa. Poi sono abbastanza certo che non siamo gli unici eletti perché in questi anni ho pubblicato sei romanzi e una lunga serie di racconti e non certo perché fossi figlio di qualche Agnelli o giocassi in Serie A. Ho ricevuto dei sì, ma anche dei no, e questo fa parte del gioco. Quanto ai premi, non mi esprimo perché non ho esperienze dirette, ma l’impressione – almeno su quelli più prestigiosi – non è delle migliori.
Daniel Pennac ha affermato di recente che in Francia vivono di scrittura, se non ricordo male, una decina di fortunati. E così anche per l’Italia? Scrivere e basta ha senso solo per pochissimi?
Forse da noi sono anche meno. Anche perché i francesi sono più sciovinisti e noi più esterofili, e inoltre i tassi di lettura in Italia sono tra i più bassi in Europa. Anche quelli che “fanno gli scrittori” spesso campano con le comparsate in tv o con i corsi di scrittura. Se ci si vuole arricchire, meglio dedicarsi ad altro!
Avete autori che sono tradotti per l’estero?
Un nostro autore, Marco Candida, è stato inserito nel “Best European Fiction 2011”, antologia che raccoglie i migliori narratori europei, con un brano tratto da “Il diario dei sogni” pubblicato da noi. L’antologia è in lingua inglese ed è stata distribuita e venduta in Usa, Canada e Gran Bretagna.
Cosa cerca il mercato estero da un autore italiano: i vari cliché mafia-pizza-mandolino o sono più elastici di quello che si pensa?
In effetti, a quanto ci dicono gli agenti, all’estero cercano ancora questa immagine da cartolina. Vogliono storie ambientate in Italia e che siano molto italiane anche come tematiche. Saviano, la Ferrante, Camilleri sono perfetti. Ma è lo stesso anche per la musica: all’estero vogliono Il Volo, se uno fa rock non risulta interessante (ed è sempre stato così: abbiamo esportato Toto Cutugno ma non Lucio Battisti!).
Qualche anno fa James Franco postò sul profilo Facebook una foto mentre leggeva L’amica geniale. In quel momento ho compreso che Ferrante era diventato un caso internazionale. Emma Watson si è fatta riprendere mentre nasconde libri nella metro di Londra e ha creato un blog per accanite lettrici. Esistono nuove figure che ruotano attorno al mondo dell’editoria: book-influencer, personal bookshopper, gli anobiiani, etc. Tu cosa ne pensi?
Sono aperto a tutto ciò che può portare attenzione e curiosità intorno ai libri. Anche Baricco che legge “Furore” in tv (l’hanno criticato in molti e penso che scriverò presto un post sullo snobismo di molti fra quelli che dicono di amare i libri).
Un libro che hai letto, e che non hai pubblicato tu, che ti è piaciuto e consigli.
“Le particelle elementari” di Houllebecq, secondo me uno dei più grandi autori viventi. Un libro che mischia altissimo e bassissimo e ti lancia pugnalate a ogni pagina.
SITO DELLA CASA EDITRICE: http://www.lasvegasedizioni.com/
SOLUZIONE:
Snoopy, J. R. R. Tolkien, Fulvio Gatti