Esistono migranti e migranti ed a far discutere sono quasi esclusivamente quelli su di una barca. E mentre il dibattito pubblico è incentrato sul contrasto e sul blocco dei flussi migratori, raramente ci si occupa concretamente della condizione di chi è già qui.
di Francesco Placco
“Stazione di Crotone, ci sono più clandestini che passeggeri. Secondo voi è normale?”. È il contenuto di un vecchio post (QUI) di Matteo Salvini, all’epoca ancora leader della Lega Nord, pubblicato subito dopo la sua visita a Crotone, dove venne accolto dai fischi (LEGGI) e rispose con un bel dito medio (QUI).
Il 2 luglio del 2015 infatti il leader del Carroccio fece una doppia visita dalle nostre parti, prima al Cara di Sant’Anna e dopo alla stazione ferroviaria cittadina, dove si era sviluppato una vera e propria baraccopoli.
Sono passati quattro anni dalla visita, dove Salvini non risparmiò le sue solite stoccate alla classe dirigente “incapace di gestire ed integrare i migranti”.
Eppure, dopo ben quattro anni, la “baraccopoli della stazione” (soprannominata anche “Hotel Stazione”), è ancora lì. L’attenzione dell’attuale vicepremier dev’essere stata dirottata interamente verso altre questioni, nonostante il continuo martellamento sui temi legati all’immigrazione ed ai migranti.
Il silenzio avanza
e la baraccopoli s’allarga
con tanto
di discarica "fai-da-te"
E a volerla dire tutta, anche la nostra attenzione è stata dirottata altrove: anche in città si discute più di Ong che non della baraccopoli, che nel frattempo è aumentata di dimensioni e si è dotata di una sorta di “discarica fai-da-te” dove i rifiuti vengono regolarmente ammassati e brucati. Il tutto, nelle immediate vicinanze del centro cittadino, nel bel mezzo della stazione.
Sono quasi un centinaio infatti le persone che vivono nella baraccopoli, che conta una ventina di tende - realizzate con teli di plastica, cartoni e rifiuti vari - con più posti letto al proprio interno.
L’accampamento, che si trova al di sotto del cavalcavia nord e si estende per quasi la metà della sua lunghezza, non è dotato né di corrente elettrica né di acqua corrente.
Inizialmente utilizzato come punto di stallo per i migranti in attesa del rilascio o del rinnovo dei propri documenti, oggi si tratta di un vero e proprio quartiere dormitorio.
Ci vivono persone di ogni età e di ogni luogo, ed ognuno di loro dispone del solo spazio del proprio letto, dove tiene ammassate anche le proprie cose.
Chi non resiste alla puzza ed ai topi trova un alloggio di fortuna altrove, come quel gruppetto che oramai vive stabilmente nei pressi di Piazzale Nettuno (LEGGI).
La macchina della miseria:
chi pascola le capre,
chi cucina
e chi “guarda i cocomeri”
Non c’è molta voglia di parlare, all’interno della baraccopoli. C’è chi si riposa, chi cucina, chi pulisce i propri indumenti. Non più migranti in attesa di documenti, ma lavoratori impiegati nei campi, nelle stalle, nei locali cittadini.
Alcuni di loro dicono di lavorare per un negozio di detersivi, altri in un ristorante. Uno porta un gregge di capre a pascolare nell’area industriale, un altro dice: “guardo cocomeri”. Svariate mansioni per pochi euro, che contribuiscono a questa macchina della misera.
A dargli conforto gli operatori sociali. Associazioni, no-profit, società benefiche, che distribuiscono pasti, vestiario ed incessante aiuto, per quanto possibile.
Aiuto che tuttavia non può sostituirsi alla mancanza cronica di interventi, tanto da parte dello Stato tanto da parte degli enti locali. E nonostante il Comune di Crotone si stia muovendo per destinare l’ex diurno cittadino a dormitorio per i senzatetto, appare ancora lontana una soluzione a lungo termine.
Sono passati quattro anni da quando Salvini fotografava gli immigrati nella stazione di Crotone, e chiedeva retoricamente se “fosse normale”.
Ma finita l’incetta di consenso elettorale, quegli immigrati sono ancora lì, dimenticati tanto da Salvini quando dalla segreteria locale della Lega, troppo impegnata nella stampa di volantini (LEGGI) e nella corsa alle Europee (LEGGI), così come da tutti gli altri.
Con buona pace del buonsenso e della dignità che si voleva portare dopo anni di malgoverno.