È bene esplicitarlo fin dalle prime parole: la bufera pseudo-pandemica che ha investito il mondo non è altro che un “cavallo di Troia” che ha spianato la strada al progetto globale del “great reset”, la grande cancellazione.
di Natale G. Calabretta
Indipendentemente, infatti, dalla genesi della narrazione della Covid-19, il fatto di aver costituito una emergenza sanitaria infinita si è rivelata l’“opportunità” e l’“occasione” - questi i termini usati dai poteri dominanti e dalla tecnocrazia del World Economic Forum di Davos e del Fondo Monetario Internazionale - per poter ottenere e sostenere la legittimazione morale del “great reset” che è una dottrina che si inserisce all’interno dell’Agenda Globale 2030 dell’Onu: è la rigenerazione di un nuovo capitalismo votato alla distruzione di quanto esistito finora, alla negazione dell’ordine mondiale così come lo abbiamo conosciuto talmente incardinato sul principio di libertà degli individui da essere una minaccia per il potere globalista.
Tra gli aspetti più inquietanti descritti e predisposti nella dottrina del “great reset” sono l’introduzione programmata di trasformazioni antropologiche e di cancellazioni culturali e la totale assenza di una prospettiva di crescita o di maggior benessere economico.
È presente, invece, la visione sempre più concreta di una società completamente regolata su un piano digitale dall’“intelligenza artificiale” (AI) comandata da algoritmi sempre più autocoscienti ed evolutivi che agiranno sul piano materico attraverso macchine in grado di imparare da errori e di immagazzinare informazioni esperienziali (big data) mettendo in rete le nuove informazioni (“internet delle cose”) a cui i vari devices (anche case, le automobili e i vestiti) potranno attingere per evolversi.
In tale scenario l’uomo verrà relegato alla figura di competitor, costretto a ritagliarsi uno spazio di identità civile ed economica all’interno del mondo da lui stesso creato: una competizione che coinvolge anche la sfera della tutela dei diritti e della privacy dei lavoratori che vedranno come oggetto del contendere e del difendere le loro esigenze “umane” contro quelle pressoché inesistenti e fortemente competitive di macchine ad autocontrollo e sistemi evoluti di automazione replicante.
“Il disegno globale,
un continuum di lunghi
periodi di terrore”
Per perseguire questo progetto di mondo “futuro-prossimo”, la dottrina del “great reset” sfrutta come una “occasione” la paura indotta ad arte nelle masse dalla narrazione pandemica di questi ultimi anni, grazie alla quale accelera ulteriormente il suo disegno globale inserito in un continuum di lunghi periodi di terrore mondiale già presenti negli anni passati con la paura del terrorismo all’indomani dell’11 settembre 2001, prima, e, successivamente, con crisi finanziaria legata alla bolla dei titoli subprime del 2008.
L’applicazione opportunista di tale meccanismo si ispira alle teorie neoliberiste del così detto “capitalismo dei disastri” e della “shock economy”, già teorizzata de Milton Friedman e definite da Naomi Klein vere e proprie tecniche di “tortura sociale”, per le quali è essenziale indurre nella popolazione un persistente sentimento di paura rinnovato e consolidato a livello inconscio dal susseguirsi di eventi catastrofici indotti o tempestivamente strumentalizzati.
È attraverso la paura che il potere innesca il processo manipolazione sociale utile per portare avanti politiche sociali ed economiche che sarebbero altrimenti impopolari in uno stato ordinario delle cose, ma che la percezione dello shock, la minaccia di altre catastrofi future e la paura persistente, legittima e rende funzionali alla nuova normalità.
La crisi pandemica da Sars-Cov-2 o la sua predisposizione artefatta, si rivela una ghiotta occasione per la cancellazione non solo di un sistema economico capitalista che ha mostrato da decenni tutti i suoi limiti, ma anche per uno sconvolgimento sociale e antropologico che porta alla creazione di un nuovo mondo abitato da una nuova umanità.
A spiegarlo in questi termini inequivocabili nel dossier “La quarta rivoluzione industriale”, pubblicato in italiano con la prefazione di John Elkann, è lo stesso Klaus Schwab, padre della teoria del “great reset” e fondatore del World Economic Forum per il quale il “great reset” punta a creare nuovi paradigmi economici transnazionali e conseguentemente nuovi paradigmi esistenziali per tutti gli uomini della terra partendo, appunto, dalla una “globalizzazione razziale e di genere”, prima che produttiva e finanziaria, che elimini gli attriti e differenze invise ai processi produttivi al costo però, una progressiva marginalizzazione fino alla totale cancellazione delle culture etniche e nazionali e delle identità individuali.
“L’uomo nuovo di Schwab
senza patria
e la sharing economy”
L’uomo nuovo di Schwab non ha patria e non si riconosce in una cultura identitaria, parla una neo-lingua derivata dall’inglese con molti meno vocaboli, funzionale alla formulazione di concetti poco complessi, e il suo bagaglio culturale annovera solo ed esclusivamente conoscenze derivate da una dottrina dogmatica pseudotecnico-scientifica imposta universalmente perché non “umana” e utile alla produzione.
L’uomo nuovo figlio del “great reset” è perfettamente inserito in un mondo che non ha contribuito in alcun modo a creare con il suo lavoro e la sua intelligenza: ne è escluso, è alieno e alienato.
Secondo Schwab e secondo quanto “progettato” nei dossier del World Economic Forum e delle massime entità economiche e finanziarie private del pianeta, l’umanità ridotta ad un quinto di quella attuale dovrà vivere e lavorare in un mondo disegnato dalle potenze economiche ed industriali, non più dalle politiche degli stati (Stakeholder Capitalism), e caratterizzato da una sempre più spinta (se non totale) automazione della produzione in cui l’uomo non ha più nessun ruolo.
Il “great reset”, insomma, è un progetto ben documentato che non si nasconde all’opinione pubblica, anzi viene divulgato dagli stessi autori e dai media mainstream perché venga colto in tutta la sua portata eversiva, affinché tutti si rassegnino all’inevitabile nel più breve tempo possibile e con il minor attrito sociale, attraverso tecniche di controllo delle masse e di condizionamento mentale tipiche della propaganda militare.
“Non avrai nulla e sarai felice”, è questo il famoso slogan propagandistico coniato da Ida Auken durante il Forum di Davos del 2016 dove si sintetizza il terrificante progetto del World Economic Forum volto all’annullamento della proprietà privata e all’adozione sempre più diffusa della sharing economy già tra gli obiettivi dell’Agenda Mondiale 2030 per lo sviluppo sostenibile tutt’altro che green.
E ancora: la stessa Kristalina Georgieva, capo del Fondo Monetario Internazionale, che nella sua pubblicazione “Dal grande lockdown alla grande trasformazione”, esalta la militaresca applicazione del “coprifuoco”, della limitazione delle libertà e del controllo degli spostamenti fino ad un vero e proprio “lockdown” delle attività economiche e della vita sociale come strumento propedeutico alla creazione della crisi che inneschi la “grande trasformazione”. Tutto molto familiare.
“Le azioni politiche eteroguidate
e la rifeudalizzazione della società”
Si tratta, in realtà, di azioni politiche (eteroguidate) tendenti ad una prospettiva di inquietante riconfigurazione antropologica, economica, ambientale ed esistenziale a medio termine di importanza epocale, nel senso che il suo successo cambierà l’umanità e il suo stare nel mondo come mai accaduto nella storia.
È in queste idee, in queste “parole d’ordine” che si conferma quindi come lo scenario proposto dal “great reset” vuole portare alla costituzione di un “nuovo ordine”: lo si può intendere come una gigantesca azione coordinata su più piani - politico, economico, sociale, sanitario, tecnologico, ambientale - improntato sulle sempre più crescenti limitazioni della libertà individuale destinata a rafforzare l’impero del neocapitalismo e avviare un’era nuova per l’umanità.
In sostanza, l’obbiettivo del “great reset” è quello di una rifeudalizzazione della società.
È un mondo panottico e repressivo, “transumano” (visione post-darwiniana di umanità aumentata), “postumano” (superamento della dicotomia uomo-macchina e alla fusione della macchina nell’uomo e all’annullamento dell’uomo biologico nella macchina), quello immaginato dai potentati economici sovranazionali della terra in cui per la prima volta nella sua storia dovrà essere l’uomo ad adattarsi alle esigenze tecnologiche della produzione e non già la tecnologia e la produzione ad adattarsi alle esigenze e al progresso dell’uomo.
È un mondo distopico che odia l’uomo e sfida il divino, quello disegnato nei consessi dei potentati economici e finanziari del mondo (potentati non politici) che ha bisogno per realizzarsi per mezzo di una ininterrotta serie di “scosse telluriche globali” che attraverso la paura demoliscano pian piano l’idea politica di libertà nata all’indomani della Seconda Guerra Mondiale, arrivando a teorizzare e pianificare lo smantellamento della democrazia partecipativa come descritta ne “La crisi della democrazia”, pubblicazione della Trilateral Commission con la prefazione di Gianni Agnelli.
L’idea di fondo è quella di uccidere la “incontrollabile democrazia” partecipativa dei cittadini mantenendone in vita il vuoto simulacro attraverso il depotenziamento delle nazioni, del proprio potere e della propria sovranità e tramite la corrosione dello stato sociale, ridurre i popoli in passivi consumatori depensanti.
Questo progetto è perfettamente in linea con le strategie del “capitanismo delle catastrofi” che stiamo vivendo e con i tempi lunghi di una pianificazione basata sul “temporeggiamento”, l’“attesa” e sul nascondimento di concezioni devastanti per umanità camuffate in idee di progresso.
Una strategia di demolizione della scomoda e ingestibile “umanità evoluta” che, nei momenti di crisi trova le sue opportunità per imprimere improvvise accelerazioni.
Ecco, quindi, come sia possibile riconoscere nella sceneggiatura pandemica del 2020 una ennesima “strategia dello shock” volta al cambiamento dell’idea stessa di civiltà nata sulle basi dell’indiscutibile necessità di libertà e diversità delle genti di tutto il pianeta.
È chiaro, in fine, con il pretesto di questa pandemia da Sars-Cov-2 (si veda la definizione di “pandemia” delle Linee Guida Internazionali dell’OMS prima del marzo 2020), complice la propaganda mediatica del nuovo “regime” e il silenzio codardo degli intellettuali, si sia espugnata la cittadella intoccabile dei diritti umani e si sia fatto un passo avanti verso la realizzazione del mondo sognato dall’élite mondialista: dividere la società in “caste” e distinguere il potere economico e chi lo detiene dalla massa indistinta di individui sempre più poveri, soli, senza legami, senza diritti e senza radici, viventi di “nuda vita”.
Facili quindi da sfruttare e controllare per un governo globale corrotto dagli interessi di pochi sempre più postumano che, di crisi mondiale in crisi mondiale, si sta costruendo sotto i nostri occhi pieni di strumentale ed indotta paura.
***
Le opinioni espresse in questa pagina non impegnano in alcun modo la nostra testata rispecchiando esclusivamente il pensiero dell’autore a cui viene rimandata ogni responsabilità per quanto in essa contenuto. La testata resta comunque disponibile a pubblicare integrazioni, risposte e rettifiche a quanto riportato e a firma di chiunque sia direttamente o indirettamente coinvolto o interessato.