di Vito Barresi
Ora che ci siamo scuriositi sull'evento mondano dell'anno, che le trombe della celebrità hanno reso più eclatante di un matrimonio gay e della festa di San Vitaliano, nel post ricevimento di nozze, celebrato nel nido nuziale delle Aquile giallorosse, altare di Mammì, tempio di Palanca, area sacra al culto di Silipo e Soluri, sotto gli auspici augurali e figli maschi, al grido di un 'w gli sposi' rivolto in coro da stadio ai due schietti ed affabili coniugi, ecco il momento di raccogliere dal manto verde del Ceravolo che fu il Militare di Catanzaro, almeno qualche disperso confetto andato a perdere al bordo del rettangolo, per rimeditare negli spogliatoi della cronaca sul dolce della glassa e sul retrogusto amarognolo della mandorla.
Il matrimonio ultras, una performance munita di installazione che in qualche modo si lascia parametrare al campo da golf in cui Elisa Isoardi degustava l'erbetta con l'aceto balsamico di Modena, non è stato celebrato nella capitale meridionale del regno del kitsch ma in una città, Catanzaro che non è un luogo qualunque e neanche il suo blasonato stadio, sebbene attualmente in decaduta nobiltà calcistica, può essere paragonato a un non luogo qualsiasi.
Catanzaro, in quanto capoluogo di regione, è la città leader della Calabria, o come avrebbe detto con sapida e fulminante ironia un ex magistrato che ha amato il giuoco calcio, avendo il catanzarese l’ambizione di cimentarsi nell’architettura complessa del periodo, usa il siccome che introduce una subordinata, con l’orgoglio delle subordinate e certe volte azzecca perfino i congiuntivi. Qui risiedono, vivono, agiscono, tramano, cospirano i principali e più influenti gruppi dirigenti regionali, l'élite del potere calabrese, i ceti medi della burocrazia statale e regionale, le classi dominanti, come si diceva un volta, che sono riuscite a rendere subalterne prima le due e poi le quattro restanti province dell'intera Calabria.
Ecco, dunque, che dopo il calcio champagne di Gianni Agnelli, la spettacolarizzazione del calcio moderno a cui gli ultras di ogni tifoseria giurano odio eterno, i raduni religiosi dei Testimoni di Geova, aprire i tornelli all'amore e alle sue scene matrimoniali, rappresenta un fatto sociale che in uno strampalato computer potrebbe essere certamente indicizzato come momento di straordinaria valenza 'culturale', lo spaccato sociale e morale della più importante realtà politico istituzionale della Calabria. Per questo, al di là della rilevanza amministrativa del tipo concessione a un privato dei 122 metri più privatizzati d'Italia (ovviamente, in consonanza di stile si è fiondata la più kitsch tra le televisioni sedicenti globali a riprendere il ricevimento), l'episodio va visto e rivisto più volte alla moviola per capire l'atmosfera relazionale, cogliere il clima che si respira nei nuovi ceti emergenti nel capoluogo regionale, disegnare il grafico e la mappa delle nuove alleanze, consolidare il blocco di voti alla base della prossima scalata, che in queste settimane si stanno determinando e formalizzando per affrontare quella che da sempre, per i catanzaresi, è la madre di tutte le battaglie cioè l'ormai imminente campagna elettorale per il Consiglio regionale e la carica di Presidente della Regione Calabria.
Là, in quello stadio aperto ai meeting matrimoniali, con marcature a uomo e donna, si è giocato una sottilissima partita. Giri di ballo, brindisi faccio, baci affettuosi e languide promesse, tutto sotto lo sguardo di una invisibile terna arbitrale. Che non ammette più sgambetti amaranto, né fuorigioco rossoblu, pronta com'è a tirar fuori il suo implacabile cartellino giallo-rosso.
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