di Vito Barresi
Se ne dicon di parole... non puoi manco immaginare... tante che ne puoi buttare... sommamente quando si tratta di parlare dei beni culturali nella povera, derelitta e mafiogena Calabria. Ma poi se gli stemmi dell'archeologia italiana, se i Bronzi di Riace finiscono nel boudoir, a fare da statue invece che immortali un poco immorali per le pruderie sessuali dei giovani fanciulli, che cosa avrebbe dovuto dire e soprattutto fare il ministro senza veli Dario Franceschini, davanti a simile accadimento che pure non sommuove né scuote, come un terremoto vorrebbe, la tranquilla quiete ferrarese del compaesano di Sgarbi?
Nulla ha fatto e niente ha detto l'attuale Ministro dei Beni Culturali su quanto avvenuto nelle sale del Museo Piacentini di Reggio Calabria, quello che neanche pochi mesi fa era stato presentato agli italiani come un labirinto inviolabile a tutela della bellezza di due sfortunati e incompresi Guerrieri. Milioni di euro spesi per la sicurezza, destinati alla costruzione di una sorta di fortino post moderno, come un filo spinato acuminato che sovrasta una caserma, una barriera architettonica mentale insuperabile e inviolabile, il limite altamente sicurizzato, anche con l'ausilio di costosissime e sofisticate tecnologie di controllo, messe davanti a ogni visitatore, bene o male intenzionato, che fa mostra di sé nell'impedimento decennale alla fruizione di un patrimonio dell'umanità, sorprendentemente e facilmente vulnerato da un fotografo francese in vena boccaccesca, che ha allestito il suo set privato in luogo pubblico d'eccellenza, il suo atelier, infischiandosene di porte allarmate pronte a frastornare e disintegrare il silenzio millenario di resti misteriosi e reperti affascinanti, teste di divinità trasbordare nelle altre americhe e mai più tornate, volti severi di filosofi costretti alle lacrime degli dei, Bronzi abbacinanti ridotti come manichini in una porno vetrina, annichiliti ed obliati dopo anni di restauro.
Il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, Dario Franceschini, si dimetta. Abbia cioè il pudore culturale e politico di assumersi l'eclatante responsabilità dello sbando in cui versa uno dei musei più importanti del mondo per la rilevanza dei preziosi tesori che dovrebbe custodire. Come magari, immaginiamo, avrebbe fatto il suo omologo collega francese, Aurélie Filippetti, incontrato recentemente a Roma, se qualcuno avesse osato solo offendere con lo sguardo la Gioconda. Passati dal 'pizzo' pagato a quella che Sgarbi ha chiamato la 'ndrina dei Bronzi, che li tiene sotto sequestro da quasi mezzo secolo, ai pizzi in tulle di Gerard Bruneau, che senso ha dopo questa sgangherata esibizione davanti alla platea internazionale, impedire ai due capolavori di esordire come vedettes all'Expo 2025?
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