L’Europa di Renzi che non riesce a salvare la Calabria

8 agosto 2014, 10:22 100inWeb | di Vito Barresi

di Vito Barresi

Qual'è l'Europa di Renzi, Presidente semestrale del Consiglio Ue, che dovrebbe far decollare il Mezzogiorno, salvare la Calabria?

Crisi, disoccupazione, immigrazione sono state le 'desolation word' innestate nel discorso di Renzi, all'inaugurazione del semestre, tra pensieri enfatici, del tipo 'non ci interessa giudicare il passato, ci interessa costruire il futuro', visioni più coloniali come 'l’Europa deve tornare a essere una frontiera' e pochi spunti concreti su un'ancora incerta missione progettuale.

Tutto questo con davanti il confine reale della frontiera, il luogo del 'grande fallimento', la regione in cui è stata sconfitta l'Europa e i suoi tecnocrati, quella Calabria retrovia mediterranea di un Sud Italia che sta costantemente sull'uscio, fuori della porta dello sviluppo e della ripresa nel mentre l'agenda Europa 2020, punta dritta al rilancio dell'economia dell'UE nel prossimo decennio.

Quel che c'è di sicuro è quanto dicono negli uffici statistici europei, cioè che in un mondo che cambia velocemente l'unica area geografica europea che ancora di attarda nell'economia della lentezza è purtroppo quasi, solo ed esclusivamente, il meridione, e in esso, la tartaruga che batte Achille, specialmente la Calabria.

Purtroppo, dopo venti anni di becero leghismo, passata la sbornia del federalismo italiano, l'unica Europa che i calabresi ricordano è essenzialmente quella che spronò il Mezzogiorno al risveglio dal proprio retaggio agrario e feudale, quella storia cominciata a Camigliatello Silano durante un comizio di Alcide De Gasperi che esortava i contadini dell'altipiano con un suo glaciale ‘imparate una lingua e andate all’estero’. Si era all'inizio dell'era Cee, del Mercato Comune, insomma altri tempi che costarono treni e vagoni di immigrati, la solitudine di un sud che ha pagato di suo per il dualistico boom economico italiano.

Poi venne l'epoca dei sistemi di sviluppo regionali, a cui più di una componente economica e sociale del Mezzogiorno guardò con speranza, sollecitando politiche comunitarie di coesione ed equilibrio, un intervento programmato e strutturale nelle aree sottosviluppate, un modello di una modernizzazione che a conti fatti è clamorosamente fallito, perché incapace di disincagliare dall'arretratezza i circuiti produttivi locali.

Chi di dovere nelle varie istituzioni, dovrebbe far osservare a Renzi, che i portafogli dei meridionali e quelli dei meridionali che sono statisticamente i più poveri, non si sono gonfiati più di tanto con i finanziamenti dei fondi strutturali europei. Se non, invece, le borse dei soliti noti. Cioè gli abili banchieri che hanno manovrato, largheggiando, le poste di bilancio e le agevolazioni creditizie, i ‘baroni rampanti’ dell’agricoltura e le organizzazioni di categoria che con la Pac (ma quando sentiremo Renzi scagliarsi contro lo sperpero di contributi agricoli pari a 44 miliardi di euro annuali, in gran parte destinati a regnanti, nobili di campagna, grandi proprietari terrieri, latifondisti e multinazionali?) rappresentano la più potente e attiva ‘lobbies’ di eurocrati, per non scordare, infine, i sindacati che hanno cogestito lo stratosferico investimento della formazione professionale.

Ora ci si chiede, ma Renzi in pochi mesi sarà davvero in grado di invertire la tendenza alla stagnazione, colmare quel buco nero che si chiama Calabria in cui l'Europa getta in discarica, spesso incontrollata, una fetta delle risorse comunitarie?

Probabilmente, è vero, il Sud ha subito di più le misure di austerità per rimanere in Eurolandia, scontando silenziosamente la recessione con una caduta degli investimenti stranieri, la riduzione drastica dei livelli occupazionali, l'emigrazione massiccia e lo spopolamento di intere province, nel mentre avanza l'aggressione dei flussi migratori che non si arrestano.

In tale scenario una regione come la Calabria dovrebbe svegliarsi e rimettersi subito a correre. Altrimenti perché mai continuare a mantenere questo splendido museo del vuoto che è diventato il territorio calabrese, come un lusso che in Italia e in Europa nessuno vuole e può più permettersi?

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