di Vito Barresi
Fa più rumore un rave party nel Parco Nazionale della Sila o un ente di gestione (da molti additato, in un diffuso mormorio, come un parcheggio politico, munito di Presidente, Vice Presidente, Consiglio direttivo, Giunta esecutiva, Direttore generale, Collegio dei Revisori dei Conti, Giunta Esecutiva, Comunità del Parco, tutti muniti di emolumenti, indennità e gettoni di presenza) dispendiosamente incline a consumare risorse e finanziamenti pubblici?
È questa la domanda sorgiva che sgorga naturale come l'acqua corrente, ovunque tra valli e centri silani dopo la scoperta di molti siti utilizzati durante questa estate per lo svolgimento delle feste notturne, i cosiddetti rave party, sabba tecno elettronici conditi con allucinogeni, convocati attraverso canali sotterranei e segreti che calamitano folle ondivaghe di migliaia e migliaia di giovani e ragazze.
In tempo di crisi e deflazione, in cui l'unica cosa proibitiva è il costo delle discoteche e dei concerti, con il taglio della spesa pubblica che si abbattuto come la scure del taglialegna sulle spese superflue di sagre e manifestazioni popolari, la magica e incantata location della Sila, forte dei suoi immensi spazi per raduni, tutti liberi e disponibili a costo zero, è diventata il luogo d'eccellenza di festival improvvisati e non autorizzati, in posti facilmente raggiungibili dalle principali vie di collegamento stradale, lungo l'asta viaria della Statale 107 Silana-Crotonese, il passante tra le due coste jonica e tirrenica.
Proprio qui, in agro di Monteuliveto, località che contadini e villeggianti conoscono secondo il toponimo ‘I Frischini’, si sarebbero tenuti, tra l'amena frescura, ammantati dalla boscaglia, ben tre convention di rave party, ottimamente organizzati, invisibili alla popolazione indigena che non avrebbe avvertito neanche il flatus vocis, alcun disturbo sonoro o quant'altro fastidioso effetto, quasi in armonica sintonia col detto antico ‘zitto tu che sto zitto anch'io’.
Gli ormai frequenti appuntamenti calabresi, nel manto fitto di una Montagna Sacra che rimanda alle scene cinematografiche di Alejandro Jodorowsky, confermano che il Parco Nazionale della Sila è diventato l'ultimo paradiso italiano dei Rave Party.
Un punto geografico di collegamento per gli storici gruppi di questi live night ma anche di tanta gente nuova, i neofiti che si avvicinano a questi meeting della chimica informale, quasi a compattarsi come una vera e propria setta che aderisce ai riti di una ben congegnata religione post newage, che unisce ‘nel devasto del sabato, ragazze di buona famiglia in fuga dai salottini, studenti aspiranti intellettuali irretiti dalle good vibration dell’MDMA, gente normale, normalissima, di colpo rintronata dall’implacabile martello dei 180 bpm’.
Secondo il critico musicale Alessandro Criscitiello 'i rave party, nell'accezione più moderna del termine, hanno totalmente perso le peculiarità delle origini. Il rave che affonda le radici più profonde e selvagge nella Factory di Manchester, tra un concerto degli 'Happy Mondays' e degli 'A Certain Radio', ha lasciato il posto a una decadenza ingente, squallida, dove anche l'intrattenimento cede all'inconsistenza collettiva. Ormai Timoty Lear è lontano, lontani i suoi viaggi con Bruce Conner, svanita anche l'esperienza lisergica, ormai depauperata dei suoi più elementari aspetti estetico/filosofici'.
Ma da qui a dire che sarebbe tutta colpa dei Rave Party se il Parco Nazionale della Sila rischia di ridursi in una landa di zone zombizzate, nel mentre imperversano disboscamenti e sfruttamenti intensivi delle foreste, la distanza è davvero apocalittica.
Più che gli impulsi sonori, da più parti si raccolgono copiose e autorevoli critiche, quasi come funghi in autunno, sulla gestione non sempre inappuntabile e politicamente 'sostenibile' di un Ente Silano che sarebbe il più delle volte assente davanti a boschi e foreste, cuore verde della Calabria, ormai ridotti in una preoccupante situazione di micro e macro illegalità, assediati da un’incontrollata espansione dell'abusivismo edilizio, sfregiati da frequenti tagli indiscriminati di alberi anche secolari, sotto scacco di una caotica motorizzazione di massa che sfoggia fuoristrada e quad, artefici di indisturbati rally su colli, macchie e declivi, deturpata da detriti e rifiuti di ogni genere, flotte di copertoni esausti, allegramente inurbata da accampamenti nomadici, in dispregio di ogni regola di civiltà.
Quel che viene alla luce, a parte le solite bellezze da depliant turistico, è un quadro allarmante di uno dei più importanti ambiti ecologici del Mediterraneo che già dal 2011, era stato attenzionato, e tempestivamente segnalato sia al Presidente Sonia Ferrari che al Direttore Michele Laudari dall'Autorità nazionale anticorruzione e per la valutazione e la trasparenza (ANAC), secondo cui “l’analisi dei documenti dell’Ente Parco Nazionale della Sila aveva messo in evidenza che l’albero della performance non forniva una chiara rappresentazione dell’integrazione tra obiettivi strategici ed obiettivi operativi, mentre in tema di trasparenza, si segnalava la mancata individuazione di una mappatura delle aree e delle attività maggiormente esposte al rischio di corruzione e/o cattiva gestione”.
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