di Vito Barresi
Lend me your ears, prestatemi attenzione, perché non è irrilevante sapere cosa vale di più per la pace, se le armi che Matteo Renzi ha dato ai Curdi per combattere inutilmente l'avanzata islamica dei jihadisti oppure la diplomazia della carità attuata da mons. Nunzio Galantino che va in Iraq, a Bagdad, proprio nelle stesse ore in cui Dabiq, l'organo mediale dell'Isis diffonde un inquietante collage postmoderno, con i ritagli della bandiera nera del neo Califfato che garrisce al vento sull’Obelisco di piazza San Pietro, il tutto graficamente stilizzato e impaginato con il titolo cubitale “The failed crusade”, La crociata fallita?
Il segretario generale della Conferenza Episcopale Italiana ha spiegato a Radio Vaticana che il suo viaggio per portare ai vescovi e ai fedeli di quelle Chiese martoriate, solidarietà e aiuto umanitario, incontrando i rappresentanti di migliaia di profughi cristiani e yazidi, direttamente, in alcune strutture in cui sono rifugiati, non è uno spot e neanche un viaggio di mera rappresentanza quanto una scelta, un rinnovato slancio collocato dentro un cammino di prossimità, intrapreso dalla Chiesa italiana per connotare con la propria vicinanza, la consapevolezza del dramma patito da centinaia di migliaia di cristiani.
Un richiamo e un appello alla premurosa e trepida mobilitazione della platea dei fedeli italiani, chiamati a vegliare in preghiera e a devolvere al prossimo un non insignificante 'mezzo obolo' concreto, quel piccolo gesto che non è solo una gelida riconferma a se stessi del proprio convincimento etico per mettersi a posto la coscienza, quanto la moneta viva e senza interessi, un contributo economico più emotivamente partecipato, offerto per alleviare ogni prima emergenza, impostare nuovi progetti di aiuto e di sollievo.
Con quella che viene considerata un'autentica novità, di fatto il segretario generale della Conferenza Episcopale allarga gli orizzonti della Chiesa Italiana, rompendo le anguste strategie di un passato governo episcopale, piuttosto incagliato in un più gretto italo-centrismo clericale, mettendosi alla testa di una missione che non è “una trovata pubblicitaria, come quelle che, di tanto in tanto, campeggiano su prodotti ormai poco appetibili o su locali in evidente stato di sofferenza.
Galantino scatta il suo instagram, ponendo figurativamente al centro della propria reflex, una situazione straordinariamente evocativa come è quella geopolitica in cui si trova l'Iraq, una realtà al centro di un tumulto di violenze, guerre, scontri clanici, tensioni etniche e antropologiche, quasi ormai un inferno senza speranze, forse un'intera civiltà, un mosaico di antichi popoli irrimediabilmente rigettati nell'entropia del dolore e della sofferenza contemporanea.
In un Iraq fuori da ogni controllo, ormai ridotto a una parvenza di stato unitario, pericolosamente sfuggito di mano alle forze alleate anglo-americane e non solo, dopo l'esemplare esecuzione del mafioso di Bagdad e dell'intera corte di Saddam, dopo l'avvento dello stato islamico dell'Isis, con la sua agghiacciante rappresentazione mediale della vita e della morte, Galantino avverte che la violenza che uccide, gli attacchi e l’insicurezza che costringono migliaia di persone all’emarginazione e all’esilio non possono trovare indifferenti i cattolici italiani ma neanche l'Europa che sulla persecuzione dei cristiani in Iraq, in Siria e Nigeria, sembra stia facendo orecchie da mercante.
Dunque, una scelta protesa a segnare discontinuità nella politica della Chiesa Italiana sollecitata a ridefinire il concetto di missione, transitando da una visione geografica ad una visione teologica che porta dove sta l’uomo bisognoso di salvezza e che invoca un senso nuovo per la propria vita ed esige la testimonianza resa attraverso la carità e vissuta in un orizzonte di gratuità. Tutto nel mentre quasi diecimila miliziani jihadisti con la divisa dell'Is starebbero già accerchiando Bagdad, in attesa di dare l'assalto finale alla capitale di quel che resta dell'Iraq. Un insieme indiziario di episodi e minacce che indurrebbero non solo il Vaticano ma anche l'Italia ad alzare i cosiddetti gradi DEFCON (DEFense readiness CONdition, ossia la condizione di prontezza difensiva), quelli che nei manuali militari altrimenti descrivono un realistico e minaccioso stato di allarme per rischio incombente e molto elevato.
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