di Vito Barresi
Lo hanno ricordato in una delle capitali del vino meridionale, la sua Cirò Marina, rinomata per la pregiata viticoltura doc, forse un po’ meno per aver dato i natali a Giuseppe Tommaso Saverio Domenico Gangale, apostolo delle minoranze linguistiche, quando infuriava il tempo tremendo dei sospetti e delle persecuzioni negli anni Trenta del secolo scorso. Lui temerario, coraggioso e profeta, silenzioso e ramingo pellegrino in un Europa lacerata e divelta dal furore cieco e violento di un triplo totalitarismo di stampo fascista, nazista e sovietico, alla ricerca di verità e giustizia in un vecchio continente soggiogato e schiavo di quel dominio borghese che dietro la facciata perbenista, nascondeva l'orrore delle guerra, l'aggressività razzista dei nazionalismi e degli imperialisti, tutti unti dalle teologie di gerarchie ecclesiastiche prone alle dittature, chiese cattoliche e protestanti, salvo le fulgide eccezioni che sopportarono il martirio da Dietrich Bonhoeffer, a Edith Stein e Simone Weil.
A rinfocolare il revival con una apposita mostra iconografica inaugurata dalla dirigente scolastica dell'istituto eponimo Serafina Rita Anania e dal Sindaco del centro jonico Siciliani, arricchito da un fumetto partorito dalla collaborazione creativa di Alfonso Calabretta e Francesco Tesi, in cui si sceneggia la vita e l'opera del concittadino illustre, sono stati i docenti Carlo Rizzo, Francesco Scalise, Gianfranco Strancia, l'architetto Mario Patanise e la dirigente Emanuele Giannuzzi, ma soprattutto gli studenti e le studentesse della scuola, interessati a conoscere di più e approfondire la vita e l'opera dell'insigne glottologo. Ma chi era costui da suscitare ancora tanta attenzione a trentasei anni dalla sua scomparsa e a riaccendere interesse e motivazioni tra le nuove generazioni? Battezzato cattolico ma di fede e convinzione protestante, a cui spesso rivolgono devoto pensiero gli evangelici italiani ed europei, laico e massone iscritto alla Loggia Tommaso Campanella di Catanzaro, antifascista della prima ora che sottoscrisse il famoso manifesto di solidarietà a Benedetto Croce come ricorda lo storico Alberto Cavaglion, la sua fu una vita diversa, non omologata come si direbbe pasolinianamente. Fu quella di un italiano che non percorse le rotte della prima emigrazione verso le Americhe ma che attraversò, in assoluta solitudine, come un esule, un'Europa drammaticamente compressa tra i due magneti della prima e della seconda guerra mondiale. Intellettuale ai margini, minimalista antesignano, molto fanè anche negli abiti e nel look, avversario di ogni facile moda, lasciò un quoziente di vissuto che forse si può racchiudere e comprendere in due parole chiave della sua esperienza, la Doxa, ossia l'opinione, il nome della casa editrice da lui fondata e Coscienza, la coscienza, testata antifascista e protestante da lui diretta. Secondo Luciano Violante, dopo la partenza dall'Italia per la Svizzera, egli conservò intatta la sua tensione ideale. La sua passione per le lingue minori è passione per la straordinaria pluralità e diversità di popoli, di tradizioni e di culture d'Europa che vede non come riserve da isolare e proteggere, ma come realtà vive da conoscere e rispettare e da mettere in comunicazione.
Huldrych Blanke, teologo zurighese e pastore protestante a Basilea e nel Grigioni retoromancio, mi raccontò che la prima volta che sentì il nome misterioso e attraente di Gangale fu negli anni Sessanta all'osteria Muttler a Tschlin in Engadina bassa, la sua prima parrocchia. Al tavolo dell'osteria, con un bicchiere di Valtellina in mano, lo scrittore ladino Cla Biert, disse di dovere tutto a Giuseppe che fu il suo maestro e lo rimaneva, la sua guida e lo restava. In lui aveva svegliato il dono di scrivere in lingua grigionese e lo aveva aiutato a svilupparlo. Giovanissimo, ancora studente al Ginnasio di San Demetrio Corone, fu lì per la prima volta che sentì parlare della minoranza Retoromancia, quando durante l'ora di latino il suo professore che tutti chiamavano Barbazappa, questi afferrò la bacchetta e saltò sulla cattedra per indicare una macchia bruna sulla carta geografica, un luogo dove vivevano uno stuolo di superstiti che parlava ancora un lationo guazzabbuglio. Il lavoro dell'esule Gangale nel Cantone dei Grigioni, dagli anni '43 in poi, fu contrassegnato da uno zelo urgente per la salvezza di quella lingua superstite, cercando con l'aiuto zelante di pochi amici ma anche scontrandosi con una resistenza ostile, fino al punto di venire espulso dalla Lega Romancia che aveva contribuito a far rinascere, di recuperare l'antico idioma originale sutsilvano in una lingua scritta, abbozzata da lui, sperando, spesso con una speranza quasi disperata, nell'effetto prodigioso del granello di senape, fondando ‘las scolinas retorumantschas', le scuole materne retoromance, convinto com'era che il bambino dovesse ricevere la propria lingua madre proprio dal primario e affettuoso insegnamento della madre.
Ma nel Cantone dei Grigioni, quello per intenderci in cui ricade oltre che la capitale Coira anche una località di nome Davos, nota in tutto il mondo per il Forum Economico Mondiale, in Engadina dove si parlava il ladino, nella valle del Reno anteriore dove si parlava il rumantsch sursilvan, cioè soprasilvano, nella valle del Reno posteriore, nel Grigioni centrale dove una minoranza nella minoranza – forse ancora 1000 appartenenti in tutto - parlava il rumantsch sut silvan, cioè sottosilvano, l'idioma retoromancio arcaico preferito da Giuseppe Gangale e da lui eletto come nucleo del suo lavoro di recupero e salvataggio, pochi per non dire ormai nessuno ricorda il nome di quest'uomo, l'italiano portato fin lassù dal vento dell'Apocalisse, il calabrese bizantino e apollineo che fu alla sorgente del quarto pilastro linguistico di una potentissima e strategica nazione, la Svizzera moderna e contemporanea.
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