di Vito Barresi
Tra i vicoli della 'street food' partenopea appena dici Gabannelli è un grido unisono quello dei pizzaioli stanchi di accuse e criminalizzazioni, '...e non rompeteci la pizza!'. Già, perché dopo l'accurata e spietata inchiesta televisiva di Report sul più noto simbolo gastronomico italiano a livello mondiale, a Napoli tutti sembrano temere non solo un fatale errore di gusto ma anche un vero e proprio peccato di gola da parte di quanti intendono picconare il sapore 'lovemark' più clonato e popolare, impastato, condito, arricchito con mille varietà e sfumature, sfornato instancabilmente, giorno e notte, in milioni di pizzerie dislocate, senza rete, negli angoli più impensati e impervi, strambi e remoti della mappa terrestre.
Altro che il canto popolare della Nuova Compagnia 'In galera li panettieri mò ca s'erano arreccuti...” In prigione, secondo Milena, dovrebbero andarci quei pizzaioli scorretti che usano olio, farina e cottura non a norma sanitaria. Riprese e sequenze implacabili hanno rapidamente mostrato le fasi di lavorazione, fino al passaggio in un forno a legna che ha accolto nella propria bocca incandescente una pizza uscita con un cordolo bruciacchiato, letteralmente stampata sul fondo.
Aspettando una contro-inchiesta sulle qualità organolettiche della carne suina e sulla condizione di vita animale nelle lande padane dell'Emilia Romagna, dopo le pesanti accuse di contaminazione e cancerogenicità, alle falde del Vesuvio è scoccata l'ora del serrate le fila, un'alzata di scudi e teglie per difendere piatto e tavola della pizza quadrata, rotonda, a metro o fritta, comunque formato si voglia, dal febbraio 2010 riconosciuta Specialità tradizionale garantita della Comunità Europea, anche se soltanto poche sono le pizzerie legittimate ad esporre il rassicurante e conseguente marchio.
E allora via alla crociata 'United Pizza of Napoli'. Oltre alla storica Associazione Verace Pizza Napoletana a farsi carico della difesa e tutela del prodotto tipico Pizza 100% ecco scendere in lizza il guru della pubblicità irriverente, il filosofo dell'impatto schianto, l'ideatore di famose e storiche campagne molto labeling, altrimenti dette shockversiting, Oliviero Toscani, che serve al grande pubblico 80 facce di pizzaioli, impaginate nel volume 'Tu vuò fa’ il Napoletano', una serie d'immagini realtà del cibo di Bellavista, straordinari scatti di un quasi 'romanzo' contemporaneo sulla veracità campana, che racconta e comunica amore senza confini per l'oggetto pizza.
Vita di un genio della pizza napoletana fin da quando Napoli era una cartolina, divenuto niente poco di meno che persino Cavaliere. Così accade ad Alfredo Forgione, detto Fresco, primo e unico pizzajuolo nominato Cavaliere della Repubblica da Giorgio Napolitano, che ha raccolto le sue memorie artigiane nel libro 'C’è Alfredo? Storia del Re della Pizza (che divenne Cavaliere)', galantemente omaggiato ad amici e clienti storici, tra cui l'ex sindaco De Magistris e lo showman Renzo Arbore. I suoi sono meriti professionali indiscussi, ogni giorno ancora degustabili non solo dal jet set del Golfo ma da chiunque voglia assaggiare le sue famose Margherite. Si fa presto a dire in tv, a disvelare il marcio che stato dietro il forno, destrutturare un mito antropologico, affondare la napoletanità complice e sommersa. In fondo la pizza resta sempre quella che è fin dalle sue origini, l'oro di Napoli, il sontuoso retrogusto di miseria e nobiltà. Mai un lusso, sempre un piatto di portata, fresco e moderno, fast e slow insieme, che fa venire l'acquolina a grandi e piccini. E poi alla fine soddisfatti ci fa abbozzare sulle labbra la sorridente, ironica e felice strofa di Aurelio Fierro ... Ma tu vulive 'a pizza, 'a pizza, 'a pizza... cu 'a pummarola 'ncoppa, cu 'a pummarola 'ncoppa, Ma tu vulive 'a pizza, 'a pizza, 'a pizza,cu 'a pummarola 'ncoppa... 'a pizza e niente cchiù!...
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