di Vito Barresi
Non si uccidono così anche i cavalli? Come in un film di Sydney Pollock, quello che ci ha mostrato l'affresco di una California alle prese con la grande depressione economica degli Anni Trenta, disoccupazione, povertà, miseria e licenziamenti, a suo tempo tratto dalla novella 'Ai cavalli si spara' di Horace McCoy, lontano dalle sognanti luci di Hollywood, eccoci periodicamente rigettati dentro i bagliori abbaglianti della costa jonica. Proprio là dove scorre in riva al mare il binario triste e solitario della Rete Ferroviaria Italiana, la Società dell’Infrastruttura del Gruppo Ferrovie dello Stato, quella che dovrebbe rispondere alle Direttive comunitarie recepite dal Governo italiano sulla separazione fra il gestore della rete e il produttore dei servizi di trasporto, fermi davanti a un passaggio a livello, a poche miglia dai luoghi dove spesso accade il 'massacro' dei puledri innocenti, lo 'sterminio' dei cavalli selvaggi, la morte senza scampo di animali ignari, ultimi sotto i cingoli di un Regionale 3730, partito alle 14.05 da Catanzaro Lido destinazione Sibari, che ha travolto due equini trovati bradi sulla sede ferroviaria. Aperta campagna, come in far west, quel meridione ormai senza più meridiani, dove un urto ha schiantato sul colpo due cavalli, danneggiato il locomotore, frastornato ferrovieri e viaggiatori, rimasti lì a guardare l'intervento delle squadre intervenute a rimuovere il corpo senza vita di due splendidi esemplari equestri.
Più avanti suonano i campanelli e i carillon delle stazioni di arrivo e di partenza per avvertire i signori viaggiatori del ritardo imprevisto. La specifica delle voci metalliche emesse dagli altoparlanti non fornisce ulteriori spiegazione, neanche avverte che non è una mandrakata, ma la cronaca quotidiana di quel che avviene di frequente sulla lunghissima strada ferrata che collega Taranto con Reggio Calabria. La direttrice sui cui transitano personale viaggiante e passeggeri di ben tre regioni, la Puglia, la Basilicata e la Calabria, la dorsale che connette l'area jonica con la linea adriatica, è soprattutto questo, una continua sequenza di incidenti, interruzioni e ritardi, spesso dovuti ad animali travolti e trucidati sotto le ruote delle locomotive, creature di ogni specie, senza che nessuna (si sottolinea nessuna) associazione animalista e ambientalista italiana profferisca una sola parola sulla strage di interi greggi di pecore e capre, mandrie di cavalli e bovini, che irrompono su un tracciato tutto da verificare per standard europei di custodia e sicurezza. La preoccupante, quanto crudele statistica che snocciola i numeri di questa ecatombe animale è puntellata di episodi ricorrenti. Pochi mesi fa, il macchinista del treno per Catanzaro, a 5 chilometri da Cirò Marina in località Volvito, è stato costretto ad azionare il freno di emergenza per scansare alcuni cavalli improvvisamente apparsi sui binari. Un impatto impressionante contro due cavalli massacrati, e il terzo, dopo l'urto, ritrovato morto in un fossato sotto la massicciata. Neanche qualche settimana prima, il 15 giugno, una mucca si era spinta a pascolare sui binari, rischiando di far deragliare una littorina. Orrore avrebbe detto l'indimenticabile Enzo Tortora al suo lussureggiante pappagallo Portobello. Va da se che dalle parti della Calabria jonica, non è solo Trenitalia a non vedere ostacoli e pericoli ma anche le associazioni animaliste fanno gran prova di disinteresse. Pronti ad abbracciare più convenienti battage pubblicitari, magari sfruttando la celebrità indotta della Litizzetto, sembrano distratti sulla strage di cavalli lungo le rotaie dell'estremo Sud.
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