di Vito Barresi
Notte tropicale e cronaca di una tempesta annunciata sul Canale di Sicilia. Foto, streaming, dirette webcam, news in tempo reale, nowcasting con satelliti, situazione, fulminazioni e radar, insomma tutti i mezzi puntati dritti nell'occhio mediale del ciclone per scrutare le dinamiche, 'prevideare' i più inattesi rivolgimenti, descrivere e narrare fasi, passaggi, sequenze improvvise, raccogliere in 'tape' i suoni-tuoni e i flash dei fulmini elettrici, la sintesi di un fenomeno climatico che impressiona e fa paura nel profondo dell'antropologia umana, a ogni latitudine geografica, a qualsiasi livello della memoria collettiva e storica.
Tifoni, uragani, tempeste dai tempi di Omero a quelli di Shakespeare, da Leopardi a Joseph Conrad contrappuntano il canto delle sirene, l'urlo sommerso di Nettuno, la voce impetuosa di Eolo, nomi semisconosciuti al nuovo pubblico dei social che nelle leggende del mondo antico rappresentavano le marinate violente, il battere del vento, lo schianto delle burrasche e delle cateratte celesti. Figuriamoci l'insieme quando c'è nel mirino un’isola sola e in mezzo al mare, un piccolo vascello di madre terra attraccato al sottosuolo dei suoi vulcani, arca sotto attacco, sormontata e dilavata da onde impetuose e assassine. Il cataclisma meterologico che ha sconvolto di ansia e paura lo scenario mitologico della più grande isola del Mediterraneo, è stato simile a una furia notturna, un incubo sullo sfondo plumbeo del cielo, la forza bruta che devasta e poi si placa lasciando vuoto e ramingo il paesaggio odissiaco, palcoscenico sontuoso di un naufragio senza spettatori, una Sicilia su cui da millenni si scagliano innumeri tempeste.
Sotto l'incalzare incontenibile della meteorologia, neanche il buio potrà nascondere al mondo, all'Italia che spesso non vede e non sente, il volto di una Sicilia attuale, parte estrema di un Regno cancellato, faro di civiltà, avamposto di un Sud abbandonato dallo Stato e dalle statistiche, terra simbolica di una desertificazione di sogni e gioventù emigrata, ritratto realistico dell'apocalisse sociale e politica, in pieno svolgimento nell'intero Mezzogiorno insulare e continentale.
Simile al capitano MacWhirr del piroscafo Nan-Shan, che di tempeste ne aveva incontrate tante, anche il governatore della Regione siciliana, Rosario Crocetta, dopo il passaggio dell'innominato ciclone tropicale su Malta, l'attraversamento volante del Canale di Sicilia e dello Stretto di Messina, ha parlato della minaccia incombente, alludendo a suo dire a una forza incommensurabile, la collera smodata che passa e si esaurisce senza mai placarsi, la furia di almeno due dei quattro elementi basici e ancestrali, l'acqua e l'aria, uniti contro l'isola.
Il presidente dopo aver sentito al telefono il vertice della Protezione Civile nazionale, l'unico numero verde governativo rimasto a disposizione del Meridione, ha avvisato l'intera popolazione che stava per arrivare 'un grande ciclone sulla costa siciliana, con un impatto anche terribile'. Parole suggestive dette nel campo letterario tragico e verista della scrittura verghiana, la saga dei vinti e dei Malavoglia, tanto che la 'situazione è molto preoccupante, capirete bene, tale da informare di questa cosa tutti i Prefetti. Spero che i sindaci prendano tutti i provvedimenti necessari anche per allertare la popolazione, avvisando di non andare per mare e di attivare tutte quelle misure di protezione e di difesa che si possono assicurare in questi casi. E’ chiaro che questi sono fatti improvvisi.'
Un sentimento di cuore e drammaturgico, non pirandelliano, che allude in assolo alla 'corda pazza' di Sciscia e al fatalismo del libro sacro dell'identità siciliana orientale, dove si tratteggia il compimento magico di una sorte che sempre avviene 'dopo la mezzanotte, quando, il vento s’era messo a fare il diavolo, come se sul tetto ci fossero tutti i gatti del paese, e a scuotere le imposte. Il mare si udiva muggire intorno ai fariglioni che pareva ci fossero riuniti i buoi della fiera di Sant’Alfio, e il giorno era apparso nero peggio dell’anima di Giuda.' Poi sono accorse le prime luci dell'alba e i vari meteo tra loro concorrenti sui canali televisivi oltre Sicilia hanno tirato le somme di un evento rarissimo. Sollievo ma anche tristezza che colpisce ascoltando la rassegna di tanti report veloci, il susseguirsi radiofonico e televisivo di consuntivi inutili e svogliati, la versione ufficiale e negata della scomparsa del Sud Italia. Anche quando il ciclone senza nome che ha colpito la Sicilia non lascia spazio all'immaginazione. Obbligando con urgenza, ogni livello di responsabilità, a fare i conti con un immenso vuoto strategico e geopolitico che pesa come un macigno sull'avvenire dell'intero Paese.
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