di Vito Barresi
Il sospetto è da brivido. Eppure sembra affiorare nei nessi e nelle conseguenze di un'ormai ossessiva ricorrenza di abusi, violenze e aggressioni sessuali ai danni di minori. Bambine, neonati indifesi, travolti fino all'acme dell'omicidio abietto, un 'rituale' che caratterizza sempre di più la cronaca nera nazionale, rischiando di fare del nostro Paese un caso unico e persino specifico della criminologia internazionale del mondo globalizzato.
Non solo l'impressione, la ripulsa morale suscitata dalle scene del crimine bensì la più analitica ricostruzione di uno shoccante e sconcertante susseguirsi di un rito socio-criminale, che contempla l'orrore del sacrificio dei bambini. Una corrente criminogena che sta venendo in superficie in forma più connotata e virulenta, posta accanto a quella più medializzata del femminicidio, che potrebbe stagliarsi come la minacciosa rappresentazione di un vero e proprio fenomeno di 'minoricidio', in qualche modo risalente storicamente dalla memoria delle subculture delinquenziali italiane.
A far scattare la spia di un possibile e macabro 'rito del minoricidio' sarebbero prima di tutto i cospicui riscontri scientifici e bio-antropologici raccolti sia nell'indagine sull'uccisione della piccola Fortuna Loffredo, trovata agonizzante sul selciato dell’isolato 3 del Parco Verde di Caivano, in provincia di Napoli, il 24 giugno del 2014, dopo un episodio analogo avvenuto un anno prima, quando da un balcone della stessa palazzina era caduto un altro bambino, Antonio Giglio, entrambi abusati sessualmente, sia l'omicidio del piccolo Loris Stival, a Santa Croce Camerina, provincia di Ragusa, il bambino vestito, con i pantaloni slacciati e senza slip ritrovato cadavere in un canale.
In Italia nella cornice dei quattro classici grandi crimini, l'omicidio, l'aggressione, lo stupro e la rapina a mano armata, spicca sempre di più il ripetersi del 'minoricidio' quale fatto che si stenta a prevenire e reprimere adeguatamente. Ciò che si conosce di siffatta tipologia che sta devastando la sicurezza infantile e minorile in ogni parte d'Italia, è purtroppo ancora una pallida approssimazione. Una traduzione molto parziale e imprecisa dello sfondo e dell'humus sociale, ambientale e psicologico, in cui si manifesta con delitti efferati comunque significanti di patologie più ampie e minacciose che minano nel profondo il quieto vivere e la coscienza civile di interi ambiti e territori. Chi uccide i minori non è certo semplicemente lo scemo del villaggio. Anzi è sempre molto improbabile che un uomo moralmente integro commetta tale brutalità. Semmai si è di fronte all'inquietante profilo di soggetti degenerati che non rispettano alcun legame primario.
In ogni periferia dell'Italia estrema si è allargata una subcultura violenta e frustrata pronta a ricorrere alla più brutale violenza contro l'infanzia sol perché presuppone di essersi affrancata da ogni controllo comunitario, talvolta persino autolegittimandosi tramite rappresentazioni mediali aberranti. Come dice la Parola, chi turba il minore cade nell'abisso. Guai a chi scandalizza. E' meglio che si ponga una pietra al collo e si sprofondi nel mare. Nella realtà di una società italiana fortemente in crisi adesso è davvero emergenza. Per questo occorre ripensare con lungimiranza tutte le tutele. Cominciando da subito a non lasciare più soli i nostri bambini.
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