di Vito Barresi
In questo mondo di ladri chi ha in mano le chiavi del Quirinale dopo la devastante inchiesta su Mafia Capitale? Una domanda implacabile che rode nella testa di registi e strateghi del potere romano, facendo aumentare le fibrillazioni vascolari dell’aristocrazia politica italiana, quel notabilato immarcescibile e intramontabile delle avite istituzioni patriottiche e con esso l’intero cast di personaggi e interpreti, gueststar e comparse, l'intero circo mediatico in carrozza, quanti non lasceranno certo passare invano le solenni festività di fine d’anno.
Un esercito di spietati e cinici professionisti della guerra politica, richiamati alle armi per affrontare la madre di tutte le battaglie che si aprirà ufficialmente nel fatidico giorno in cui scade la ferma presidenziale, un dominio quirinalizio ‘anomalo’ nella storia repubblicana, durato quasi un decennale. E sebbene qualche acuto osservatore laconicamente soggiunge sottovoce che quelle chiavi pontificali non le custodisce più ‘nessuno, perché da molto tempo usano il piede di porco…’ per aprire il portone del Colle, anche negli ambienti ben informati dello spionaggio nazionale, pare si viva con una certa trepidazione l’attesa delle prossime discovery di un’indagine multistrato, che rischia di alzare fino al parossismo la tensione istituzionale, minacciando possibili ricadute ancor più dirompenti su uno già squilibrato scacchiere dei poteri dello Stato.
La cruna da cui passerà la crisi del Paese, colpito a fondo dall’affare della corruzione, sta proprio in appostata nei pressi di quella casella dove è situata la postazione principe, la vedetta da cui patrocinare lo skyline della grande bellezza con vista dalla sommità costituzionale del sistema.
Dunque un'inchiesta giudiziaria con un profilo simile al denudamento del re, che squarcia i sontuosi veli di cipolla, guarda caso in un frangente temporale specifico, giocando a tutto campo non solo nello spazio ma anche lungo la cronografia e il tempo, fin troppo vicino, quasi sotto porta all'elezione del prossimo presidente, che è anche vertice gerarchico della magistratura.
Se qualcuno ha voglia di rovistare tra gli scaffali della propria libreria per allineare tutti quei pessimi tascabili ingialliti che venivano stampati con i dollari e i rubli della guerra fredda culturale negli anni Settanta, insomma quelle vecchie edizioni con curatele che mai più rileggeremmo neanche a un euro e che pure mai butteremo in un cassonetto differenziato per la carta, faccia pure attenzione a qualche titolo che spunta come un fiore in bocca all’attualità.
Tipo ‘Non è ver che sia la mafia’, tradotto in Italia nei Classici della fantascienza Urania, The Syndic, un romanzo di Cyril Kornbluth pubblicato negli Stati Uniti nel 1953 e di cui resta memorabile l'apostrofo del New Herald Tribune che lo trattò al pari di “un libro immorale, sovversivo, stimolante, divertentissimo” in cui si racconta “un’America felice, libera, pacifica, dove i cittadini sono contenti della società e la società dei cittadini. Non ci sono burocrati, e tutto funziona benissimo. Non ci sono tasse costrizioni, poliziotti, spese militari, apparati ed enti parassitari.” Solo un dettaglio adombrava la serafica utopia, allorquando al potere c'era un gruppo che si chiamava Mafia.
Tuttavia, per meglio pronosticare gli scenari imminenti, assecondando i gradi di separazione che legano Mafia Capitale e le previsionabili mosse di una politique d'abord, se proprio si vuole restare sul pezzo, ecco servito un secondo titolo, ‘Le chiavi del Quirinale da De Nicola a Saragat. La strategia del potere in Italia', Feltrinelli 1971. Uno studio serio sui presidenti della Repubblica Italiana scritto dal giornalista comunista Giovanni di Capua che spiegava come e perché cambiavano i presidenti nell'epoca in cui proprio un monarchico succedeva al Re, nei tempi in cui vigeva l'ordine dinastico doroteo. Dunque non dimentichiamo di stare attenti e vigilanti sui tumultuosi passaggi istituzionali, i vellutati collegamenti, le trame segrete e sotterranee, i ponteggi che si concretizzeranno lungo tutto il corso delle vacanze di Natale. E che non si tratti di un semplice gratta e vinci lo si capisce dai rituali che si agitano attorno al tavolo su cui si gioca il Colle. Dietro la facciata del Casinò Renziano questa volta si muovono debuttanti che intendono partecipare alla pari. Tanti, tantissimi politici e politiche di mezz'età, quei nuovi tipi dell'alta res publica che dismesse le parrucche, rottamati i palchetti dei grandi padri del passato, sono già pronti a scrivere i trionfi della propria carriera con l'inchiostro invisibile dei persuasori occulti.
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