Pino Daniele. Le mitiche cover story di una indimenticabile giovinezza italiana

5 gennaio 2015, 19:10 100inWeb | di Vito Barresi
Illustrazione: Pierpaolo Barresi

di Vito Barresi

Bisognerebbe metterle nella teca dei ricordi, ché ormai sono storia e memoria della canzone d’autore, chiave di volta nel panorama musicale del Novecento italiano, quelle mitiche ‘cover story’ dei suoi primi quattro album, quando ancora il disco era vinile, prima dell’avvento dell’era glaciale del metallico compact.

Correva l’anno 1977 e con ‘Terra mia’, prodotto da Claudio Poggi, etichetta Emi Italiana, l’ancora sconosciuto Pino Daniele si presentava col suo volto verace di moderno scugnizzo napoletano, un pugno di terra nelle mani da buttare in faccia alle convenzioni sociali e ai formalismi artistici di quell’epoca. C’erano già le radio libere, le emittenti democratiche di Pio Baldelli, Radio Bra Onda Rossa, Canale 96, Radio Milano Centrale di Mario Luzzatto Fegiz, Radio Alice a Bologna di Franco Berandi, Radio Macondo in Calabria. Tutte pronte a mettere in onda la nuova controcultura napoletana, un elettrico fendente di rock e blues che rompeva l’oleografia storica, i clichès consunti del classico repertorio del Golfo.

Anche se, a ben pensarci, già a quei tempi, mentre le nuove generazioni s’infiammavano d’estremismo e autonomia operaia, nei mesi in cui le Brigate Rosse rapivano e uccidevano Aldo Moro, quella canzone scritta sul divano della propria casa, a Santa Maria la Nova 32, raccontava il sogno di Pino di accarezzare il cuore e i sentimenti come aveva fatto Luigi Tenco, suonare con i grandi chitarristi, sospeso tra futuro e tradizioni. Poi nel 1979, quando produzione e immagine del giovane talento passarono nelle mani esperte di Willi David, il discografico bolognese dell’agenzia ‘051’, creatore di quel ‘Neapolitan Power’ che abilmente sfruttò a livello industriale una delle tante falde dell’immenso e inestimabile giacimento del canto popolare campano, preziosamente riscoperto e vivificato dal maestro Roberto De Simone con la Nuova Compagnia e dai Zezi di Pomigliano d’Arco, la seconda copertina diede un timbro, personale, autoriale e autobiografico al microsolco di quell’annata.

L’icona del long play ‘Pino Daniele’, altro non fu che un rimando all’Ulisse di un James Joyce mediterraneo che se da un balcone urlava ‘Je so pazzo e nun ce scassate ‘o cazzo’, dalla finestra ‘vascia’ sussurrava carezze sonore come ‘Chi tene ‘o mare’, ‘Jes stò vicino a te’, ‘Donna Cuncetta’, essenze e arcani dell’anima vera del ‘quartiere Porto’ dove era cresciuto.

Conobbi Pino Daniele nei primi anni '80. Una persona semplice, persino modesta, con quel timbro di voce chioccia, quasi sussurrata e timida, un ragazzo, nu guaglione e’ Napoli che mi sembrò aspettasse, in una magica sera d'estate, solo il momento di far scaturire il suo grande talento in quei ritagli di musica e vita che sono e saranno le sue inimitabili canzoni.

Tagliata la barba dell’imberbe, sagomato il look sfuggente di blues man, dalle corde più intime della sua chitarra, nel 1980 scoccò la pietra miliare della sua carriera, ‘Nero a metà’ una partitura modale che resterà centrale in tutta la sua opera, un vero e proprio ‘concept sound’, liberamente ripreso da un libro di Antonio Campobasso, Nero di Puglia, il colore della pelle di uno dei tanti figli della guerra, nato in terra di Puglia da un nero americano e da una pugliese, che abbandonato scoprirà da bambino la diversità e la discriminazione, fino a conoscere il carcere, un account molto simile a quella del suo grande amico James Senese. Per Pino il brano ‘cult’ divenne “Quanno chiove”, una delle più belle canzoni d’amore dello scorso secolo. Ormai forte di un brand originale e di una band di quotati solisti con alle spalle un passato di contaminazioni musicali, nel 1981 con l’album ‘Vai Mò’, imboccherà una direzione di respiro ‘world’, ritmi con ampie campiture jazz, spartiti con sinuose modanature pop, raggiungendo una compattezza stilistica, soavemente intrisa e meticciata con la lezione dei Weather Report, tanto che nel 1982, all’uscita di Bella ‘mbriana, che nella tradizione popolare partenopea, è l’anima della casa, un folletto benigno che aleggia in essa, ricorderà che Wayne Shorter gli scrisse su un foglio di musica la melodia e sotto le note ci mise una frase che non potrà mai dimenticare: ‘da queste note tutti capiranno da dove vieni ed il vento porterà le tue melodie in giro per il mondo’.

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