di Vito Barresi
Una donna a Mezzogiorno? Anche se l’appuntamento sembra non correre il rischio di finire in un remake di antico glamour democristiano, fermo sul pezzo letterario di Truman Capote, il Presidente del Consiglio Renzi ha già fissato e confermato nel suo crono programma, data e ora, giorno e luogo del suo appuntamento per una colazione da ‘Tiffany’, si fa per dire ovviamente, in perfetto stile mediterraneo.
Non si sa se colto più da un’improvvisa memoria di dirigismo economico all’uso dell’aretino Amintore Fanfani, o più concretamente agitato da un rimeditato e abile ritorno a Misasi, (il mitico Don Riccardo, Ministro degli interventi straordinari per il Mezzogiorno che sapeva raccogliere a convegno nella sua bella villa di San Nicola Arcella il ben dell’intelletto del potere economico, bancario e politico nazionale), forse in sintonia con colui che più di altri si spese per non chiudere un’epoca di storia economica repubblicana, nonostante fosse stata pesantemente segnata dal fallimento delle politiche finalizzate al superamento del dualismo tra Nord e Sud, ecco che come una tomba pompeiana, un simulacro dell’onnipotenza scudo crociata, rimasto lungamente vuoto, dopo oltre un ventennio, il governo del potente fiorentino, torna a battere a tamburo sulla ‘cassa’ spogliata del Meridione, non si sa ancora se con nuove idee, rimodulata progettualità o vecchie impostazioni.
Intanto le questioni del meridionalismo sono profondamente mutate e per come viene costantemente aggiornato dai principali indicatori socio economici, forse Renzi farebbe bene a stare combattuto tra il lasciare il classico affisso al ‘new office’ del Dicastero del Mezzogiorno oppure, in similitudine con la spaventosa scomparsa di Atene e dintorni, denominarlo più impietosamente Ministero della Magna Grecia. E tutto questo per via del fatto che è divenuta non irrealistica la comparazione tra le due tramature della recessione in Grecia e in Magna Grecia, ritrovandosi al centro di una macro area in cui è avvenuto uno schianto strutturale, stante l’invariabilità dei fattori di debolezza strutturale inquadrati nei parametri dell’‘Obiettivo 1’.
Come in Grecia anche nel Mezzogiorno il ‘big bang’ dell’Euro ha generato il collasso delle vecchie economie di sussidiarietà e assistenzialismo. L’avvento della moneta unica ha spiantato i circuiti economici locali. Così si è continuato ad accumulare un più forte ritardo. La crescita si è fermata, riducendo la portata e l’effetto moltiplicatore delle risorse comunitarie per lo sviluppo e la coesione territoriale, impattando violentemente con un debole telaio produttivo territoriale, senza mercato, fuori da ogni logica della concorrenza. Il resto, in mancanza di cabine di regia nazionali e centralizzate, lo hanno fatto le incertezze istituzionali e normative dei vari Governi fino a quello di Monti e, ovviamente delle Regioni.
Nell’era dell’Euro i circuiti economici del Sud hanno perso identità e profilo, a tal punto da consegnarci la scena di un pianto greco: un drammatico declino strutturale, una marginalità sociale sempre più allarmante; una massiccia fuga migratoria, il dilagare del sommerso e della sottoccupazione; la disoccupazione e la sottoccupazione, la delocalizzazione produttiva e manifatturiera, l’abbandono e il degrado delle grandi infrastrutture di comunicazione e servizio, la decadenza delle città e dei poli urbani. Se Renzi intenderà davvero aprire gli occhi sul versante meridiano, non potrà scherzare su una scena molto complessa, che richiede una radicale inversione di tendenza, tanto energica da spazzare via le anguste e inefficienti mediazioni di una politica satura, ormai immobile e incapace.
Sta di fatto che di fronte a una disgregazione dalle dimensioni abnormi è evidente quel che manca e che serve con urgenza. E cioè un progetto di ‘Mezzogiorno vasto e plurale’, armonicamente ricompattato nelle sue molteplici realtà territoriali, tutte tra loro omologhe ma estremamente sfaccettate, capace di rispondere alle pressanti esigenze di un risanamento generale, che richiederebbe misure immediate e ben mirate. Non escluso una legge speciale per salvare tutto il Meridione da un ‘default’, consimile a quello della vicina Grecia.
Per quel che riguarda il nome della prossima ‘dea’ meridiana, nella mente di Matteo Renzi, dicono primeggiare quello della calabrese Stefania Covello, appartenente a un solido casato politico, capostipite il padre Franco, già senatore democristiano, da sempre fedelissimo in quel che fu il cerchio magico di don Riccardo Misasi.
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