di Vito Barresi
Genetliaco politico del Presidente Renzi, tutto il suo governo in un anno di tweet. C'era una volta, cioè, quando a contare i giorni erano gli scatti, i flash, le foto presse della celebrità. Invece adesso basta un cinguettio dal nido al vertice dell'albero più alto del potere italiano. Certo non un foglio completamente in bianco ma un rotolo elettronico scritto in lingua e grammatica, ortografia e fonetica con modi e luoghi, mezzi ed espressioni ai tempi dei socialweb. Che si presenta allo scrutinio del più vasto consiglio di classe nazionale, pronto al giudizio per il prossimo anno, scandagliando programma, idealità, battaglie, risultati e realiazzazioni annunciate e commentate, esaltate e promosse in forma di parole quotidiane, puntualmente diffuse su Twitter dal giovane premier, ex sindaco di Firenze, dall'intrepido passato di boy scout e tecnico della rottamazione.
Se siete alla ricerca di frasi memorabili lasciate stare. Non provate nemmeno a srotolare il quasi niente di roboante. Non ci sono dichiarazioni di guerra, messaggi criptati, elucubrazioni filosofiche, celebberrime battute. Semmai costrutti semanticamente brevilinei, non tanto per altezza fanfaniana, quanto per numero di sillabe, del tipo'i comici milionari dicono che 80 euro sono una presa in giro. Se provassero a vivere con 1200 euro al mese non lo direbbero’; ‘Oggi Padoan mi ha portato a vedere i primi cedolini degli 80 euro. Una promessa mantenuta’; ‘Expo: chi ha sbagliato paghi. Ma ci sono in ballo migliaia di posti di lavoro. Si fermano i ladri, non si fermano i lavori’; ‘Dicono a Bruxelles di non essere burocrati? liberino dal patto le risorse per innovazione, banda larga e tecnologia’; ‘Ieri dicevano che eravamo ragazzini, oggi che siamo poteri forti. Facciamo paura, perché hanno capito che questa è la volta buona’; ‘L'Italia merita il nostro entusiasmo’; ‘Gli spostamenti aerei, dormire in caserma, avere la scorta, abitare a Chigi non sono scelte ma frutto di protocolli di sicurezza’; ‘Che la forza sia con noi'.
Il nuovo corso italiano raccontato con i tweet dell'era Renzi inizia con l'inno all'essenzialità, provarci per salvare una buona volta questo 'Paese semplice e coraggioso con tutta l'energia e il coraggio che abbiamo', anche sè è 'compito tosto e difficile. Ma siamo l'Italia, ce la faremo, con un impegno a rimanere noi stessi, liberi e semplici.' Un'esortazione a toni bassi a cui s'allega una punta di veleno, il 'dispiaciuto tanto per chi ha votato 5 Stelle. Meritate di più, amici. Ma vi prometto che cambieremo l'Italia, anche per voi.' Poi subito al lavoro con Del Rio sui dossier, segnalando il proprio impegno con un amichevole 'ci sono, ci sono. Ho twittato un pò meno in questi giorni, ma ci sono. Ora al lavoro’.
Metodo, metodo, metodo. Non annunci spot, ma visione alta e concretezza da sindaci, con cui aprirà, senza ancora averlo chiuso, l'affare internazionale più spinoso e complesso: 'Ho appena parlato al telefono con Massimiliano Latorre e Salvatore Girone. Faremo semplicemente di tutto'. Poi i temi sociali più scottanti 'la disoccupazione è al 12,9%. Cifra allucinante, la più alta da 35 anni. Ecco perché il primo provvedimento sarà il JobsAct'.
Insomma con Matteo Renzi sembra realizzarsi l'avvento di un nuovo ordine del discorso politico. Un cambiamento che introduce nella comunicazione sociale, istituzionale e pubblica, l'uso del diario pubblico, partecipato e trasparente, di atti, pensieri e parole del potere esecutivo. Si dirà ... uno dei tanti ologrammi fonetici, la cui presa reale è simile alla velocità di una goccia di pioggia che solca il vetro di una finestra di Palazzo Chigi fotograta dallo stesso presidente, comunque in continuità con l'assiduo utilizzo, spesso spregiudicato, dei mezzi di comunicazione di massa fin dai tempi delle Foto Alinari, della radio del Duce, del cinema di Andreotti, della televisione di Berlusconi.
Tuttavia il lexicon renziano, così com'è redatto quotidie, oltre a farci godere alla Roland Barthes il piacere del testo è anche un quadro realistico e concreto di una sempre più ravvicinata dialettica politica, ormai ripulita da ogni alone ideologico, sbiancata da ogni residuo d'accenti carismatici. Per restare in municipio si potrebbe definire un dolce stil novo pratico, da lavoro, in contrasto con il volgar eloquio del turpe Beppe Grillo.
Un dialogo certo più amicale, diretto, che però non riesce a riscaldare i cuori, anzi specchia la gelida distanza tra l'Italia reale e il suo Sovrano senza mandato popolare, in un Paese tormentato dal crollo di ogni certezza economica, afflitto da una recessione piuttosto psichica che ciclica. Insomma un mosaico di frasi e petizioni che aiuta a capire in un solo momento cosa vuol dire un anno di tweet nell'epoca in cui la politica sta a zero, i dibattiti in televisione crollano come un palco di comizio davanti a una piazza vuota di elettori. Tanto che sarà lo stesso Renzi a evidenziare che il feedback non funziona più, tweettando spedito un 'Trame, segreti, finti scoop, balle spaziali e retropensieri: basta una sera alla Tv e finalmente capisci la crisi dei talk show in Italia'.
E se la ruota della demagogia di stato non porta acqua a nessun mulino di partito, setacciate e asciugate, attraversate e comparate, queste centinaia di pagine di un anno di tweet rischiano di apparire già invecchiate, quasi materiale per un archeologia del linguaggio. Implacabilmente superate, ingiallite, nel solo volgere di un anno di storia. Non proprio come per Gaber ma capita anche a Renzi una 'giornata impegnativa’, quelle in cui 'non riesco a fare un #matteorisponde. Ma faccio cinque tweet al volo sulle cinque news più discusse in settimana. Scendo in ufficio. Stamani ho già twittato troppo:-). A tutti #buongiorno.' Giusto il tempo per il soffio di una candelina. Ancora senza dentini, tra pappe e pannolini, latte in polvere ed omogeneizzati.
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