La passeggiata militare in Libia dell’ex pacifista Matteo Renzi

15 marzo 2015, 18:07 100inWeb | di Vito Barresi

di Vito Barresi

La guerra di Piero o quella di Matteo? In attesa di ciò che si preannuncia come lo strano revival di quel che fu la storica guerra coloniale italiana ai tempi di Giolitti (correva l'anno 1911, l'inizio dell'avventura coloniale contro l'Impero ottomano, liricizzata dal discorso del Pascoli su La grande Proletaria si è mossa, conclusasi con una tragica e ultra decennale 'passeggiata militare', che solo nei primi mesi costò all'Italia più di un miliardo di antichissime lire, 4.000 morti, di cui 2.000 per malattie e 5.000 feriti), archiviata la giusta causa del pacifismo arcobaleno che cantava le canzoni di De André, adesso è il tempo per l'attuale sinistra al potere, dell'elmetto alla Matteo, la missione armata propugnata da un Renzi assorto e volitivo in magico momento machiavelliano, tutto concentrato sul 'take-off' della prossima neo-guerra punica del Mediterraneo postmoderno.

Nelle stanze di Palazzo Chigi, dopo oltre un secolo, ormai da mesi, settimane e giorni sembra essere tornato uno spirito gagliardo e militare mentre sulle carte e sulle mappe spira già il vento primaverile del deserto.

Per il novello Principe italiano ormai è maturo il momento di scendere in grande stile nell'agone internazionale della vera politica, che da sempre è l'arte della guerra, assumendosi la responsabilità di protagonista, guest star regionale della sovranità americana sul Mediterraneo, prendendo in campo la posizione di ala sinistra occidentale, simmetricamente all'ala destra israeliana, nella copertura d'influenza e di dominio atlantico dell'intero Nord Africa.

Per Renzi la priorità della comunità internazionale è 'intervenire in Libia prima che le milizie dell’Isis occupino in modo sistematico non solo piccoli e sporadici luoghi ma una parte del Paese'. Tanto che al Forum economico di Sharm El Sheikh ha perorato l'opportunità di un 'intervento significativo a partire dagli sforzi diplomatici dell’Onu'.

In cima alle attenzioni del primo ministro c'è un solo modello unico, il dossier che cambierà le regole del gioco, introducendo una discontinuità epocale nella storia d'Italia.

Una frattura che metterà in soffitta la virtuosa prudenza del passato, che aveva resa ambigua e inaffidabile la politica estera dei vari governi cattocomunisti, e che potrebbe addirittura prendere l'altisonante nome di 'dottrina Renzi'.

L’Italia ha compiuto un giro di consultazioni con la Russia, la Francia e gli inglesi, 'un approfondimento con gli Usa, che sono il key player in questa partita. Tutto questo, affinché la crisi in Libia sia una priorità. Non può essere l’ultimo dossier'.

In vista dell' ipotetica e minacciosa contingenza delle bandiere nere dell'Isis, che punterebbero dritte su qualche pennone d'Oltretevere, il premier fiorentino si accinge a demolire il totem e il tabù dell'Articolo 11, un baluardo della Costituzione del 1948 (L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali), rimodulando il concetto di pace e di sovranità nazionale, per adattarlo definitivamente alla politica della nuova guerra.

Per gli eredi della sinistra comunista, ammainati gli striscioni arancioni, dimenticato il magistero del più famoso sindaco di Firenze, Giorgio La Pira, il tradimento del pacifismo non sarà che l'ennesimo di una lunga serie e neanche questa volta uno choc ideologico. Più lealisti del re essi hanno già pronta la copertura propagandistica e demagogica per legittimare la missione in Libia con il riferimento ai diritti umani, alla tutela dell'identità italiana minacciata dall'Isis, fino alla grande paura per l'invasione migratoria di milioni di profughi. Tutti fattori che giustificano un intervento di guerra detto altrimenti poliziesco e umanitario.

Sospinto dagli immensi e ingordi interessi petroliferi e metaniferi dell'Eni, che dopo aver foraggiato con mazzette e tangenti gli ambienti più loschi delle periferie del pianeta, è stata costretta a sloggiare dalla Libia, senza per questo dire a chi è stata data la gestione dei pozzi, delle centrali e delle piattaforma che al momento risulterebbero in normale attività, prossimamente su questi schermi, il de bello libico di Matteo Renzi, porta l'Italia all'incredibile guerra con un paese confinante.

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