di Vito Barresi
Altro che Expo 2015. Expo sì ma anche e soprattutto Expovertà 2015. Non solo una battuta che sorge spontanea ma un punto implacabile dello 'score' ufficiale dell'Istituto di statistica, le classifiche della povertà italiana, stabilmente suddivisa in poveri strutturali (malati, vecchi inabili, vedove con figli a carico, poveri vergognosi, ossia persone di condizione civile rimaste prive di risorse) e poveri congiunturali che ricavano appena da vivere dal proprio lavoro.
Una contraddizione sbattuta in faccia all'evento 'billionaire' che sembra solo all'apparenza avulso da una società che fatica a brillare di luce propria, che riguarda ormai tantissime famiglie italiane, alle prese con quella nuova povertà che è prima di tutto alimentare, non per fame nera quanto per una pessima qualità del cibo che si mangia.
Povertà ai tempi dell'Expo? Risposta purtroppo affermativa che sta a dire più o meno quando il fumo non è arrosto, il piatto piange per oltre 6 milioni di poveri. Circa il 10% della popolazione, sono tali quanti “non riescono ad acquistare beni e servizi per una vita dignitosa”, a cui si uniscono quelli che vivono in condizioni di povertà relativa, per un totale pari al 16,6%. Quasi 10 milioni e 48 mila italiani. Saranno pure tanti i biglietti venduti per la giornata inaugurale, vero e proprio arco di trionfo della celebrità universale di stampo renziano, sarà pure complicato far spuntare qualche critica sul tocco ad effetto di un 'magic moment' ben confezionato in casa Renzi, dal suo formidabile e solerte dicastero della gloria, che lui in persona pare abbia affidato a uno spin doktor fiorentino di sua stretta fiducia.
Ma oltre i sussurri da sottobosco e le grida manzoniane all'insegna del sold out, a pochi giorni da un Primo Maggio messo fuori dal canone vetero-sindacalista della tradizione del movimento operaio, trasformato in giorno della gloriosa rivoluzione di Matteo il giovane, certo non può bastare solo un siamo finalmente liberi e felici per aver superato in auditel persino il concertone megatrash di Piazza San Giovanni.
Perché, sebbene eccellenti nell'arte prestigiatoria del ritocco foto mediale in stile social, renziani e cantoniani pronti ad alzare il sipario dell'Expo, difficilmente potranno nascondere, come polvere sotto il tappeto, l'insostenibile pesantezza statistica, l'enorme vastità del controcampo che sta di fronte alla città verticale milanese pronta a nutrire in un sol boccone l'intero pianeta sottostante. Vale a dire la gigantesca contraddizione sociale ed economica, lo sfondo di miseria e arretratezza, dualismo geografico e declino produttivo, emigrazione interna e immigrazione esterna, sottosviluppo regionale e avvenirismo tecnologico, ricchezza concentrata in poche mani e povertà diffusa tra ampie fasce di popolazione, corruzione politica e giudiziaria, crimine e malaffare, giustizia fai da te e malasanità, sinteticamente fotografato in più scatti, come il retrogusto amaro di una piccola ma sofferente Italia alla ricerca quotidiana di un piatto caldo e di un tozzo di pane, magari anche senza companatico.
In fila alle mense della Caritas, dietro gli sportelli del Banco Alimentare la scena di Expovertà 2015 non è una fiction e neanche un reality ma un numero primo di uomini, donne e bambini, giovani disoccupati, esodati e cassintegrati che sta oltrepassando la soglia minima della sussistenza e della povertà alimentare. Un fenomeno di ampio disagio sociale che cresce nonostante il blasone ostentato nei G20 dove il Paese si colloca tra i più industrializzati al mondo.
Nella sola Milano, volontariato e terzo settore distribuiscono quotidianamente 6.100 pasti - per un totale di 2 milioni e 250mila all’anno - dalle diverse mense per i poveri: Fratelli di San Francesco, Cardinal Ferrari, Centro Francescano Maria della Passione, Centro S. Antonio, Carmelitani, Casa della Carità, Opera Pane di Sant'Antonio e infine Opera San Francesco, che da sola copre circa il 46% dell’offerta quotidiana della città Expo con una media giornaliera di oltre 2.800 pasti, tra pranzi e cene. Milano, dicono i soldati di questo esercito che combatte la fame e l'esclusione è il simbolo del consumismo, il miraggio della felicità, del successo e della ricchezza. Ma basta girare l'angolo per capire che sotto il tavolo dei potenti, dei nuovi capitalisti, banchieri, manager e politici, insomma l'alto patriziato affluente globale e nazionale, cresce e avanza il popolo dei senza pane. Un proletariato caduto nell'abisso della miseria, al centro di un controspazio, sfuggente e invisibile, l'Expovertà 2015, eloquente segno muto della grande bruttezza italiana.
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