Quel Cantone di Zurigo dove comanda Al Capone del pallone

5 giugno 2015, 08:45 100inWeb | di Vito Barresi

di Vito Barresi

Blattering, ovvero tutto quello che si deve sapere sul balbettio universale della big mafia del calcio globale. Cosa Nostra? Esiste anche a Zurigo. Vita spericolata, mazzette e tangenti, partite truccate e campionati taroccati, corruzione e imbrogli, prima e dopo il fischio di inizio di mille partite. Forse si dirà così negli story telling dei prossimamente, i trailer e le locandine che già si annunciano per l’imminente stagione verità sugli schermi cinematografici. L’unica cosa che stupisce, leggendo a stralci i lunghi resoconti di un’ormai sterminata letteratura investigativa di stampo holliwoodiano, è come mai in tutta questa storia del calcio marcio non abbiano ancora provveduto a cambiare i titoli di testa e quelli di coda di giornali e telegiornali, riviste e patinati week, di quei mezzibusti e giornalisti prezzolati che parlavano sempre al superlativo del satrapo mondiale, una mezza tacca su cui ora sono lesti a sovrapporre il filmer della sua faccia sporca con la maschera cattiva di un gangster epocale, finito nei reward della polizia federale, il nemico pubblico per antonomasia dell’Fbi, chiamandolo semplicemente Sepp Blatter, Al Capone del Pallone. Suscita invece almeno un pizzico di meraviglia l’incomprensibile indifferenza, il distacco provincialista delle grandi star della mafiologia italiana, insomma quei tipi sotto porta che fanno successo editoriale e scalano le classifiche di vendita, rimasti senza committenza di scrivere, non si dica un best seller, ma almeno qualche pagina da calare nel menabò dei più tipici organi del regime giornalistico sportivo italiano e non solo.

Sul caso Blatter e i suoi addentellati italiani (ce ne saranno mai? Vuoi per i manager Fifa in quota tricolore, vuoi per i dossier sui diritti televisivi nostrani, skifezze mediali che vanno ad ore abbonamenti, per non dire altri appigli arbitrali, composte di terne e orologi) i più noti big delle fascette sembrano aver rinunciato all’accattivante e civettuola striscia promozionale, sbattendosene sulla tre quarti di bunker e caveau, mazzette e tangenti, potere e politica.

Eppure si tratta di storie di una violenza inaudita che come in un film descrivono dettagliatamente quanto accadeva nell'ufficio di Blatter in Svizzera, ai piani altissimi dei vertici Fifa, nella sottostante puritana e calvinista Zurigo, un intero palazzo trasformato in un inferno di peccatori e venduti che con scabro linguaggio e stile industriale arraffavano a manetta denaro contante e conti off shore, imperturbabili e strafottenti, muble-muble fatti forti da un gigantesco potere finanziario, monetario, mafioso e corruttivo, mediatico e politico.

Andrew Jennings ha fatto della denuncia del sistema Blatter un vessillo della lotta contro la malavita calcistica. I suoi report dettagliati e insistenti, ormai quasi mitici, sono stati spesso l’unico grido di protesta contro la perversa e malvagia demolizione dell’antico e nobile sport del calcio da parte della cosca Blatter.

A questo giornalista investigativo inglese, unico a essere stato messo al bando dalle sontuose conferenze stampa di Al Capone del Pallone, sempre moderate dall’italiano addetto stampa Walter De Gregorio, si deve la ‘fifa’ del capo del gioco più popolare, collegato al gigantesco affare delle scommesse planetarie e non stop, infastidito da un cronista che voleva sbattergli sul muso i documenti imbarazzanti e riservati dei suoi innumerevoli imbrogli.

Frutto di anni d’inchiesta e di attenzione quasi ossessiva su soprusi, mazzetterie e loschi intrighi internazionali il libro verità ‘Fallo!’, titolo del dossier pubblicato da Harper Collins, ha un sottotitolo in copertina che annuncia esplicitamente di voler svelare i segreti inconfessabili della Fifa, disegnandone il tracciato delle tangenti, il viluppo dei brogli, i ticket salati versati nell’area del cerchio magico blatteriano, il ripugnante susseguirsi di scandali che contraddistinguono la lunga presidenza del vecchio Al Capone del Pallone.

Un uomo non di grande acume che forte del silenzio, delle complicità e delle menzogne comprate a buon mercato nell’ambiente giornalistico televisivo e sportivo, utilizzando i fondi della Federazione, voleva far sequestrare da un tribunale svizzero, impedendone la diffusione, un libro, che nel 2014 trova la sua continua nel nuovo istant chiamato ‘Omertà’.

Un sequel editoriale che narra come Havelange lasciò a Blatter una rete di transazioni sommerse e in nero, addestrandolo fin dal 1970 a una vera e propria gestione manageriale del crimine organizzato, quella che secondo i federali americani, avrebbe assunto con lui la dimensione e la scala universale, in base a un piano segreto di trasformare la Fifa nella più gigantesca sindacation mondiale del gioco calcio.

Per non dire oltre di quando Al Pallone consegnò la Coppa del Mondo definitivamente in mano alle Tv, bypassando i diritti di marketing a una serie di società che hanno erogato illecitamente milioni di dollari in tangenti ai dirigenti della coppa Rimet. Come pure di quella prima campagna presidenziale di Al Pallone, ripassata alla moviola, quando girando il mondo con una borsa di denaro contante, una volta al potere ha usato i soldi del football per pagare le sue spese elettorali, persino rivendendo migliaia di biglietti per le partite più importanti al mercato clandestino, dandoli in mano ai bagarini di lusso al servizio dei ricchi e dei potenti della terra.

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