di Vito Barresi
Evidentemente per Papa Bergoglio, Vladimir Putin che dopo il passaggio ad Expo 2015, rende omaggio all’ormai consolidata leadership morale di Francesco di Roma a livello mondiale, non deve essere proprio come Bane, il cavaliere oscuro, antagonista di Batman, il supercattivo dell’ultimo capitolo della saga di Gotham City. Almeno per come, con l’arte sospesa ed evanescente del nuovo immaginario cinematografico holliwoodiano, sembra invece suggerire certa propaganda obamiana, anche di recente ascoltata in religioso silenzio dai vari capi del G7 in Bavaria, che quasi narra con tratti a fumetti di un Orso Russo in abiti e sembianze dell’arcinemico dell’uomo pipistrello.
E sarà pure, soltanto, una mera coincidenza ma poi certe cose si tengono tra loro e guarda caso Bane, un po’ ci somiglia davvero a Putin per via di quella sua muscolatura incredibilmente possente, entrambi dotati di grande intelligenza, esperti di strategia e tattica militare, maestri di svariate tecniche di combattimento, quanto abilissimi nel maneggiare le armi.
Tuttavia, poiché realisticamente qui non si tratta affatto del sosia di Bane, l’apertura delle porte vaticane per accogliere, incontrare, ascoltare e confrontarsi con quello che forse troppo sbrigativamente viene dipinto come un fastidioso co-starring della nuova scena internazionale, sarà al contrario, certamente un bene, comunque al netto del gelo unipolare del discutibilissimo tridente anti Cremlino, recentemente affastellato da Obama in Europa, con quella curiosa opera buffa dell’irrigidimento stentoreo, composta su misura per il trio italiano Renzi-Mogherini-Gentiloni.
Anche per questo l’incontro tra il Pontefice e il presidente russo sembra essere in qualche modo l’immediata risposta, sul piano dei rapporti diplomatici collocati lungo la linea di una ripresa del dialogo tra Est e Ovest, una ‘ost politik’ non più meramente ideologica come nel passato, da contrapporre alla logica di chiusura e antagonismo di un troppo evidente filo atlantismo del G7. Come pure il curioso sequel di altri faccia a faccia tra il papa sudamericano, notoriamente privo di simpatie per il capitalismo yankee di stampo protestante, con le più eminenti personalità ex comuniste del mondo contemporaneo, quali Raul Castro e Vladimir Putin.
Va da se che molte cose nel frattempo sono cambiate e nonostante i report quasi mai lusinghieri sullo stato della libertà e della democrazia a Mosca, tra cronaca, dubbi e vecchi pregiudizi, non solo dalle parti di Porta Pia, sembra abbia suscitato una breccia di apprezzamenti e positivi commenti, la recente intervista al neo direttore del Corriere della Sera Luciano Fontana in cui Putin, a proposito delle accuse mosse da Barack Obama, ha solennemente affermato ‘io non sono un aggressore’. Tuttavia lungo la Moscova, dove ormai il navigatore mette in pista le auto lungo i viali desovietizzati intitolati a Sacharov e a Solgenitsin, in cui il web e le tv indipendenti fanno ormai parte di un vissuto quotidiano profondamente cambiato, nelle antiche stanze dove si mostra l’arredo infrastrutturale di un’avveniristica infosfera, oltre a non comprendere l’illogico legame tra il motto di Expo 2015 ‘Nutrire il Pianeta, Energia per la vita’ con le sanzioni occidentali che comportano un drastico ridimensionamento degli scambi economici e commerciali, quel che pesa di più è lo smacco subito dall’amicizia tra il popolo russo e quello italiano.
Insomma, la ferita inferta a una memoria consolidata e appassionante di reciproche relazioni di simpatia e affetto, all’onore e alla lealtà mostrata dai moscoviti pure ai tempi della Guerra Fredda, nei confronti della bella Italia.
Tanto amata e apprezzata specie per le qualità alimentari che piacciano oltremodo alle avanzanti classi agiate della new economy russa e alle più suscettibili sensibilità culturali dell’intellighenzia cosmopolita della capitale, costrette a rinunziare a certi piaceri della tavola, all’insegna dei tanto appetitosi e ricercati gusti alimentari del made in Italy e tra questi per il buon re dei formaggi, il cacio imperialista per eccellenza, sua maestà lo zar Parmigiano Reggiano. Analogamente, mentre anche in Italia si colgono copiosi i segnali di una risorgente nostalgia della Grande Madre Russia, i cui dorati e iconografici sentimenti si riflettono tra gli altari e le quinte nella bella e centralissima Chiesa Ortodossa di San Basilio in Bologna, un’ammirevole chiesina in stile barocco che appartiene alla Giurisdizione Canonica del Patriarcato di Mosca, amorevolmente curata dal giovane padre Serafim Roberto Valeriana, avanza pure la nostalghia alla Tarkovskij di un mai sopito cuore emiliano-romagnolo che non ha mai cessato di battere e pulsare per il mito della bandiera rossa, le note dell’Internazionale, il poderoso progresso del comunismo sovietico. A tal punto che se ne avvertiranno ancora gli echi proprio dopo la visita di Putin, allorquando il movimento politico Socialismo Patriottico e il Comitato Italia-Russia si ritroveranno il 13 Giugno, in Piazza XX Settembre, a pochi passi dalla Garisenda per manifestare contro le sanzioni che, dicono gli organizzatori, addirittura potrebbero impedire all’Italia di ripartire.
Sì perché anche così i bolognesi che ammirano la premiata ditta del vecchio Peppone, che partito comunista italiano era tornato con la valigia sovietica stracolma di rubli e vodka, ci terranno a ribadire la loro contrarietà al rinnovo delle sanzioni contro la Federazione Russa, sulle quali il Parlamento europeo è convocato a votare proprio a fine di giugno.
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