di Vito Barresi
Battere la Germania non è mai una cosa facile. Metodici, scrupolosi, perfezionisti come sono nel calcio fu possibile all’Italia e in politica questa volta a Tsipras. Che va in finale, praticamente ai rigori, dopo aver lottato da sola contro dodici in campo (senza arbitro né segnalinee), cambiando ai supplementari la punta, il suo goleador, sfinito ma vincente, Varoufakis.
Mossa intelligente di Mister Syriza che manda sotto porta un giocatore fresco, Euclid Tsakalotos, non più un attaccante ma un mediano di spinta, che dovrebbe portare palla e dare respiro alla Grecia, comunque interessata a portare a casa almeno un pareggio. Certo non quello di bilancio ma un risultato che frenerebbe lo spirito di rivincita franco-tedesco, sparigliando l’alleanza e aspettando il prevedibile (come da copione?), disallineamento dell’italiano Matteo Renzi.
Atene è un’autentica novità, che richiama a gran voce e non come sirena, Europa a varcare il saldo mare da lontano fino a Creta. Non un inganno bensì uno squarcio sulla cartina immobile dell’Unione Europea. Un no che dovrebbe aiutare tutti a crescere, ad aprire una prospettiva diversa nell’agorà di Bruxelles, a partire dalla spinta offerta dalla Polis più antica della storia.
Con una sorprendente memoria il mondo riscopre l’accumulazione dei saperi, rimette la palla al centro, shakera il suo inconscio profondo, che resta ancora un pilastro della mente, l'archetipo dell'umanità e dei principi costitutivi di ogni democrazia.
Prima dei soldi, prima del debito, per regola pregiuridica, per diritto naturale, viene la giustizia, la libertà, l’equità. Rapporti e strutture che tornano in primo piano nel dibattito politico istituzionale per ridare un presente e un futuro ad un’Unione Europea, profondamente cambiata dal tumultuoso processo di globalizzazione di quest’ultimo quindicennio.
Rimettere la palla al centro significa rivisitarne lo sviluppo, ristrutturare non solo il debito ma ribaltare completamente le analisi degli euroburocrati che hanno ingabbiato le differenziazioni tra centro e periferia all’interno di un sistema chiuso, dinastico, autoreferenziale, com’è quello della moneta unica bancaria.
Dal luogo della democrazia antica non già dai non luoghi delle banche centrali e dei governi viene all'Europa un indirizzo del futuro proteso a ridisegnare la mappa della politica, attraverso il carico complessivo di nuovi bisogni emergenti che sono lo sviluppo, la pace, l’immigrazione, l’equità e la giustizia in un mondo spaventosamente frammentato e solo apparentemente unipolarizzato dagli interessi di dominio e dalla impressionante insicurezza degli Stati Uniti.
Tutto questo nel mentre i soliti noti dei media e dei giornali al servizio delle oligarchie finanziarie, degli oligopoli militari e delle lobby capitalistiche, adesso la buttano sul fumus geopolitico.
Quando invece tutti i cittadini dell'Unione Europea (non solo i sedicenti membri), ora sanno che il cambiamento è politico, profondamente politico. E cioè che il debito pubblico, quello privato, delle famiglie e delle imprese, non è più un tabù né tanto meno un principio inattaccabile.
Dopo Atene è possibile mettere in campo una politica e un insieme di forze sociali, economiche e intellettuali in grado di reagire e rispondere alle ideologie totalitarie di certi economisti di corte e di regime. Allentando il nodo scorsoio della dipendenza e della schiavitù fiscale, rispondendo in modo nuovo e opposto ai ‘creativi’ della finanza pubblica e privata, la cui derivazione ha fatto consolidare veri e propri comitati d’affari in politica, annidati nei parlamenti, e nei governi europei.
Sulla scorta di questi fatti, la New Europa che deve rinascere dovrebbe avere ben diverse e plurali identità. A partire dal salutare ridimensionamento di un ceto politico che ha riportato la guerra alle porte di Berlino, vedi Ucraina, ha lasciato le coste nord africane del Mediterraneo nelle mani dell’Isis, emarginato i Balcani dopo il nefasto bombardamento di Belgrado da parte della Nato, ridato fiato a rigurgiti xenofobi e razzisti in ogni parte del continente.
La Merkel sbattendo contro il suo muro ha fatto fare ai tedeschi una figuraccia globale. Holland resta al centro di un oscuro intrigo, dentro una guerra familistica senza quartiere in cui vengono usate le armi terroristiche, sacrificando francesi innocenti, vittime ignare della loro stessa libertà, per spaventare e tenere in ostaggio i propri avversari di potere. Matteo Renzi è un piccolo cane da guardia, opportunista e carrierista, pronto a scodinzolare a un nuovo padrone.
Parafrasando il trailer di “300”, il film che rispecchia in 3D mitologie affascinanti, ora l’Unione dovrebbe interrogarsi sulle radici antiche per trovare nuovi e più convincenti simboli di coesione.
E al grido di ‘Europei qual è il vostro destino’, portare in un prato Europa, la figlia di Fenice, che insieme alle ninfe coglieva fiori, per far invaghire del suo stile, senza ingannarle, le nuove generazioni, che aspettano di credere al proprio futuro.
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