di Vito Barresi
Soltanto un facile esercizio di revisionismo storico, una storia controfattuale fatta con i se? Ma poi, che cosa sarebbe accaduto realmente se Paolo Borsellino, il 19 maggio del 1992, dopo essere stato candidato da 34 deputati del Movimento Sociale Italiano-MSI, fosse stato eletto Presidente della Repubblica al posto di Oscar Luigi Scalfaro?
Che cosa sarebbe accaduto in Italia, una volta avviata la sua ferma al Quirinale, si sarebbe portato a compimento l’orrenda strage di Capaci e l’eliminazione concreta e simbolica di un uomo come Giovanni Falcone? Quanto è plausibile supporre che senza il primo attentato non ci sarebbe stato neanche il secondo? E inoltre, perché l'antimafia degli allora ex PCI, nel frattempo tramutatosi in PDS, votò a Camere congiunte, contro il giudice palermitano, non tanto e decorativamente candidato prestigioso a Capo dello Stato, quanto soggetto qualificante di una lotta istituzionale e totale contro i torbidi e le violenze, gli intrighi tra mafia e politiche, la strategia stragista e omicidiaria di Cosa Nostra?
Può darsi che da tutto questo intonso libro delle interrogazioni, si raccolga, infine, all’ultima pagina, meno di un pugno di farina lanciata al vento. Tuttavia resta, comunque, in proiezione sullo schermo della grande storia, la slide sfocata di uno scenario ipotetico, le domande in fila su quali sono state realmente le conseguenze, oggi a dir poco politicamente delegittimanti e raggelanti, di quel mancato voto al giudice palermitano che ottenne l’esiguo risultato nell’XI scrutinio di sole e solitarie 47 preferenze.
Può darsi ma sta di fatto che attorno al martirio di Borsellino sia nata postuma una retorica dell’antimafia di regime e di Stato che ha alzato una fitta cortina fumogena, una nebbia strumentale, finalizzata a non ricostruire l’insieme del quadro, i nessi e i paraggi, della più plateale sottovalutazione (per altri, un gravissimo errore) politica della tanto acclamata, diversa, giusta, infallibile e insospettabile antimafia comunista.
Immaginiamo all’inverso, una specie di artigianale moviola al contrario, solo per qualche ‘frame’ se la candidatura del MSI fosse stata coerentemente appoggiata dall’antimafia di stampo comunista e Paolo Borsellino eletto a maggioranza dal Parlamento. Il giudice dell’Agenda Rossa avrebbe sconfitto il fato, il destino, il progetto criminale, di fatto cancellando sul calendario la terribile data del 19 luglio, giorno infausto in via D’Amelio? Se Borsellino fosse diventato Presidente come sarebbe andata la storia d’Italia? Quel ceto politico scelse, invece, altre strade. La bocciatura di Borsellino era, forse, un segnale politico ben preciso, una logica conseguenza di scalate al potere che i due blocchi quello degli ex comunisti e dei neo berlusconiani stavano entrambi mettendo in atto? Perché non si analizzarono la provenienza e il senso di quella proposta missina che in se poteva contenere anche altri ‘messaggi’, addirittura un vero e proprio allerta, un pre allarme sul rischio incombente sulla vita di un magistrato e sulla stessa sicurezza nazionale?
Ancora oggi non esiste una storia di verità sulla cosidetta “antimafia dei comunisti”, Cioè sul fatto che una minoranza politica targata PCI riuscì a conquistare ed egemonizzare un organo decisivo e importante dello Stato apparato e del sistema democratico rappresentativo, come fu la Commissione parlamentare antimafia, spesso utilizzandola senza scrupoli nella lotta per la conquista del potere. Si tratterebbe di una visione inedita e nuova di una ‘guerra’ ai poteri politico-mafiosi mantenuta in vita da parte di uno specifico e ben selezionato gruppo della dirigenza del Partito Comunista (all’inizio senza neanche l’appoggio della Direzione e del segretario Berlinguer?) che andò successivamente alleandosi con pezzi dello Stato segreto e di certa borghesia nordista. Nel Pantheon dei martiri e degli eroi di questa antimafia comunista non c'erano né Giovanni Falcone né Paolo Borsellino. Il primo perché giudicato un traditore, un nemico oggettivo che si era ‘venduto’ alle lusinghe dei socialisti di Craxi e Martelli, il secondo perché ideologicamente e politicamente lontano dalla sinistra comunista. Forse per questo inquieta il silenzio, apparentemente indecifrabile, di Crocetta. Oltre la storia fatta con i se, potrebbe improvvisamente, scoccare l'ora della verità. Mettendo in vista qualche scheletro vagante nell'armadio storico della gloriosa e mitologica macchina da guerra dell'antimafia comunista.
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