di Vito Barresi
La pioggia cade su di noi, la notte cade su di noi, la gente non sorride più ma che colpa abbiamo noi... Mai visto un Presidente del Consiglio, sì proprio lui Matteo Renzi, già sindaco di Firenze, città simbolo delle alluvioni italiane, tanto superfluo e al contempo superbo quando dice basta ai piagnistei del Sud in un estate torrida e bruciata dal caldo implacabile, inondata in un istante dal diluvio universale che ha squarciato improvviso cielo, terra e mare nell’Alto Jonio Cosentino, laggiù in Calabria.
Così dicono in coro, sotto i colpi insistenti di un turbine di acque sporche e reflue, argillose e pluviali in cui sono annegate, le immagini ‘summer’ di un estate italiana.
Carcasse, sfasciumi penduli, arche in balia delle onde del malgoverno, i due consistenti aggregati urbani, uniti da una strada statale simile a un sentiero di campagna, una mezza ferrovia a binario unico, costellata di stazioni abbandonate e accampamenti dove vive uno sfuggente e umbratile ‘rail-people’ di profughi e clandestini immigrati, si sono trasformati in un’Acqua Park di paura e preoccupazione.
Tutto divelto, distrutto, travolto. Già bisunte e logorate le povere infrastrutture di un popolo, una regione, un mondo locale abbandonato a se stesso dalle statistiche e dai gravissimi dati economici del sottosviluppo, nemmeno i media di regime hanno dato giusto risalto al dramma stagionale di un ceppo di gente del sud che piange lacrime amare mentre ancora scroscia il maltempo su Rossano e Corigliano Calabro, colpite da folgori d’agosto, al centro, anche loro non solo le propaggini sempre estreme del pianeta, dalla minaccia climatica ormai perennemente incombente.
L’alluvione turistica che ha sfasciato i territori d’interi comuni, quei piccoli falansteri di cemento, abusivismo di costa e di necessità, storture urbanistiche ostentate come pilastri del voto di scambio, opere edilizie ammezzate e opere pubbliche dimezzate, insomma i non luoghi rimasti senza più cuore di comunità, si presentano bagnati ai bagnanti stravolti, divelti alla rinfusa in mezzo alla grande storia della Magna Grecia, a pochi passi da un area archeologica di fascino e mistero come Sibari, a pochi giorni dal ferragosto, top dei sogni vacanzieri, sommersi dalla melma argillosa e alluvionale.
Si dirà che non si può certo far colpa a chi governa della scaturigine di un tremendo temporale estivo, comunque, per quanto imprevedibile e improvviso, a suo modo pure, non un effemeride quanto una variabile metereologica, ipotizzabile nello scenario del degrado climatico contemporaneo. Ma certo non si può accettare che qualcuno voglia immediatamente nascondere agli occhi delle popolazioni danneggiate, la poderosa opera di verità che questa vera e propria macchina del fango mette in evidenza.
L’alluvione di Rossano e Corigliano Calabro altro non è che il moltiplicatore e il riproduttore dei devastanti effetti della criminale gestione del territorio e del dissesto idrogeologico da parte delle amministrazioni pubbliche che in scala, dal governo scendono fino ai comuni, passando per la provincia di Cosenza e per la Regione Calabria.
Per cui non basta ma stanca e infastidisce la solita e ipocrita richiesta della calamità naturale, soltanto per sfruttare l’evento, ottenere un pacco di finanziamenti da spendere poi a pioggia e ad personam.
Perché, se proprio si vorrà stare a quanto disposto dal nostro iperattivo primo ministro, si tratta di cambiare verso all’annosa Questione Meridionale, smantellando gli atavici presidi locali di un ben noto ceto politico, le cui precise responsabilità s’intrecciano con l’assenza dello Stato, la connivenza del malaffare con pezzi delle istituzioni, l’intreccio tra partiti e voto clientelare. Altrimenti che senso avrebbe, richiedere se non retoricamente, fischiettando allegramente come suole far il nostro ‘LoRenzi’ il Magnifico, di farla finita con i piagnistei a Mezzogiorno? A meno che non vogliamo rapidamente riflettere su come si debba concretamente collegare la chimera dell’Alta velocità con la drammatica alluvione di ferragosto.
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