di Vito Barresi
Con la tecnica di un retroreport, scandagliando a ritroso nella storia che è sempre maestra di vita, segno dei tempi, quest'anno, il 29 ottobre 2015, chi conosce la strada della memoria ritornerà a Melissa, in Calabria, con il senso della nostalgia per quell’uomo in meno, il comunista che voleva la luna, Pietro Ingrao. Melissa, un piccolo comune, distretto vitivinicolo doc, posto su un’ansa collinare del mare Jonio, non è solo un vino di rosso rubino ma riverbero di antiche e nuove bandiere di lotta che un tempo sventolavano l'anelito a conquistare la terra, anche a costo del sangue innocente, come fu l'eccidio del 1949, come ancora oggi accade, in altre geografie del mondo, diversi sud, che rivendicano una nuova agricoltura.
Sulle tracce di quel che è rimasto di un esempio forse volutamente rimosso, quest'anno il ricordo delle lotte contadine, sarà più intenso e valido per riflettere e capire se davvero, era questo il titolo di un film di Carlo Lizzani, “Nel Mezzogiorno qualcosa è cambiato”.
Molto verosimilmente il regista si mosse proprio a partire dall’invito di Ingrao a scoprire il valore e il dolore del Mezzogiorno, dimenticato dalla Repubblica e prima ancora offeso dal fascismo, con il suo patto di ferro tra agrari del sud e padroni del nord.
Sulla spinta di una evidenza lancinante dell’arretratezza, un primo piano del sottosviluppo prima dell’innesco della grande catena migratoria verso le fabbriche del nord e dell’Europa, una condizione dannata che si era trasformata in monumentale miseria economica e insopportabile dolore morale, Ingrao raccontò che “come direttore dell’Unità scrissi una lettera pubblica a Cesare Zavattini, figura alta della letteratura e del cinema. Proposi che un gruppo di giornalisti e di intellettuali di tutte le parti si recasse in Calabria a interrogare persone e luoghi, e a ragionare sullo stato del Mezzogiorno. Zavattini rispose gentilmente. Non poté venire. Ma la carovana di giornalisti di varie tendenze partì per quel giro, in giorni di un autunno splendido e visioni di sofferenza umana, cupa e orgogliosa. Le bandiere che invadevano il latifondo, i volti scavati di chi le innalzava li ritrovammo poi nelle pitture di Guttuso e di Treccani. Ci fu un moto di pensiero. Tornammo a sfogliare pagine di Dorso e di Gramsci.”
Come poi fecero il critico letterario di maggior spessore del Novecento italiano Giacomo Debenedetti, lo stesso Pier Paolo Pasolini, con il suo Vangelo girato tra Crotone e Matera, il cinema, il giornalismo, persino la patinata americana Life, la letteratura, fornirono un contributo importante, per realizzare tante inchieste sulle condizioni delle popolazioni meridionali.
Quel che ci resta, al di là dell’epoca delle grandi delusioni intervenute con il fallimento delle politiche governative verso il Sud, è la lezione di un Ingrao che seppe cogliere nell’evento di Melissa, venuto dopo la conquista della libertà e della democrazia, la Repubblica e il voto del 18 aprile, il segnale di una spinta forte che rimise, purtroppo per breve intervallo, all’attenzione nazionale la drammaticità strutturale, sociale e umana della Questione Meridionale, con le tante fotografie in bianco e nero di una realtà di città e campagne del sud - Palermo, Napoli, la Sicilia, la Lucania, la Calabria e la Campania - colte nelle sue forme peculiari di abbandono, sottosviluppo, arretratezza secolare.
Braccianti e contadini poveri, la rottura del latifondo, l'attesa messianica di una riforma agraria, già inscritta in quella giovane Costituzione dell'Italia, appena nata dalla Resistenza. Poi gli anni Cinquanta, gli aiuti americani, la grande fuga del mondo rurale, le promesse e il fallimento degli Enti di Riforma Agraria.
Calabria 2015, 66 anni dopo, ritorno a Melissa. Tra volti, voci e storie andate in frantumi. Tutte straordinariamente custodite nella bellezza dei quadri e degli affreschi di uno dei più grandi pittori realisti e fantastici del Novecento italiano, Ernesto Treccani. Colori, dipinti paesaggi, ritratti, che ripropongono il Sud, nella su luce mediterranea e meridiana, al centro di un immenso giacimento di pensiero e valori, un luogo universale di arte, politica, vita e cultura.
A quella Calabria, dove tornò più volte per essere eletto e rieletto in Parlamento, aveva guardato con intelligenza e solidarietà Pietro Ingrao. Che almeno il suo ‘requiescant’ serva ad ammonire quanti hanno disatteso le speranze di milioni di meridionali, quanti hanno sbagliato con le loro miopie e i loro inutili egoismi politici ed economici.
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