La vittoria di Anna la Regina e di Giorgio il suo Re. Storia di un capolavoro di Renzi che non è farina del suo sacco.

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Renzi il Magnifico mena vanto di un capolavoro che non porta la sua firma, giacchè partorito dalla 'mente spigolosa' di Minerva e di Giove tonante, dall'affettuoso e sincero sodalizio politico che lega nella storia e nella biografia personale, quasi un racconto da romanzo di formazione, la bella Anna, la sessantenne dalla voce forte e l'onusto e vetusto Presidente, vero Augusto dopo tanti finti Caesar, della vicenda familistica e istituzionale romana. Anna e Giorgio, due profili, identico destino, proprio come i nomi di una dinastia regnante...


di Vito Barresi | direttore CAMBIO, quotidiano social online

Erano le 11 del mattino del 23 ottobre 2013 quando nella stanza del Presidente al Quirinale, si sentì forte la raccomandazione di Giorgio Napolitano ai ministri e ai capigruppo della maggioranza al Senato per “spingerli alla riforma della legge elettorale“: Convocati d’urgenza davanti al Re degli ex comunisti, scosso e preoccupato per l’impennata antisistema del voto grillino che tanto gli ricordava quello del Msi di Michelini e di Almirante, davanti a lui siedevano i ministri Dario Franceschini e Gaetano Quagliariello, insieme ai capigruppo Luigi Zanda del Pd, Renato Schifani del Pdl e Gianluca Susta di Scelta Civica e la presidente della commissione Affari Costituzionali, Anna Finocchiaro, la sua ‘amica amatissima’ che come Penelope al contrario ha saputo tessere la tela che ha lega indissolubilmente Renzi all’allora Capo dello Stato. Vestale della filosofia politica di Giorgio Napoletano, l’alto membro del comitato centrale del Pci, l’unico tra i discepoli della scuola togliattiana della doppiezza istituzionale che è riuscito a portarne a termine la lezione lungo il tragitto che va dalla prima Costituzione all’attuale, proprio la senatrice Finocchiaro, da presidente della 1ª Commissione e da relatrice, aveva raccolto ‘nel modo più comprensivo e in termini di inequivoca puntualità, i temi e le posizioni che hanno avuto modo di esprimersi in Commissione nel corso di molte settimane in luglio ed agosto”.

Addirittura Dagospia flash! disse un giorno: “ieri sera, che si dicevano parlando fitto fitto Giorgio Napolitano e Anna Finocchiaro attovagliati a via del Teatro Valle? ah saperlo…

Insensibile alla critiche, mosso da un furore riformista che apre le porte alle pagine di storia, Napolitano se ne infischiò letteralmente della oppozioni, assumendo un atteggiamento altero e distaccato come mai avrebbe fatto neanche il tanto contestato e avversato Francesco Cossiga o l’odiatissimo Bettino Craxi. Ma questa volta personaggi di quella tempra non c’era più e tutto si giocava tra la funzionale, primitiva e gratuita opposizione di un Grillo, ancora frastornato dall’esito del voto, e un fragile, malleabile, pronto ad essere istruito alla meglio, giovanissimo Matteo Renzi.

In quel memorabile incontro con gli esponenti della maggioranza, Napolitano nel ribadire la necessità di intervenire nel merito della legge elettorale il prima possibile, disse che “non era ammissibile che il Parlamento naufraghi ancora nelle contrapposizioni e nell’inconcludenza”. La riforma della legge elettorale doveva essere fatta perché era in gioco “la dignità del Parlamento”.

Un forte, significativo, compito affidato alla nuova divinità della politica post comunista, una dea dentro una donna, Anna Finocchiaro, con l’occhio lungimirante di futuri sviluppi nella carriera di questa vera e propria reincarnazione di una figura di speciale tempra politica, il cui fascino ancora rifulge fuori e dentro le aule parlamentare, la mitica personalità di Nilde Jotti.

Tanto che Napolitano scrisse di suo pugno che proprio ‘Anna la Siciliana’, era stata capace di porre “la netta riaffermazione da parte della scelta già compiuta in ambedue i rami del Parlamento e da cui non è pensabile si torni indietro. La scelta è quella della natura del nuovo Senato con cui si intende porre termine alla stortura storica del bicameralismo paritario, dando vita a un Senato che rappresenti le istituzioni territoriali. Questa è la scelta di sostanza (al di là di aspetti procedurali da definire) che ha come suo conseguente e ineludibile corollario la esclusione di una elezione di futuri senatori a suffragio diretto e con metodo proporzionale”.

Anna e Giorgio, come nomi regali, padri e figlie di una dinastia ideologica, una famiglia politica che ha superato ogni complesso di inferiorità, ogni residuale fattore di esclusione. Su questa sua ennesima vittoria, venuta al culmine di una lunga durata di successi politici, quasi speculare ai decenni di frustrante sopportazione del ruolo del perdente in casa comunista, ci vivrà fino al suo ultimo respiro. E si comincia anche ad allargare il cerchio fin qui troppo concentrico sull’egocentrismo di un sempre più Renzi il Magnifico.