Paris Macht mette Francesco in copertina. Il Papa della Speranza sulle strade del mondo globale.

ReTweet > Papa Francesco è solo e viene verso di me sorridendo. Gli presento Marc Brincourt, caporedattore fotografico ed Eric Vandeville, con la macchina fotografica digitale tra le mani. Affabile, il Santo Padre pronuncia qualche parola in francese e ci invita a seguirlo in una piccola sala che dà su un cortile interno. Ho un fiume di domande. Questo Papa è carismatico, il suo timbro di voce mite, rassicurante, e il suo modo di parlare italiano con dei giri di frase spagnoli rendono rari questi momenti, tanto spontanei quanto singolari. Venerdì 9 ottobre resterà una data impressa nella mia memoria. Santo Padre, come sta? Bene. Ma, come lei sa, i viaggi sono comunque molto faticosi e in questo momento, con il Sinodo dei vescovi, mi resta pochissimo tempo per il resto... <


di Vito Barresi | Direttore di Cambio | Quotidiano social online

Il ‘Chi dite che io sia?’ di Papa Francesco anche per i francesi adesso è più chiaro. Il tu per tu con il Santo Padre per Olivier Royant, direttore di Paris Match, resterà un momento indimenticabile nella sua carriera giornalistica.

Tanto da dedicargli una di quelle storiche e memorabili copertine, icone ed effige del mondo attuale proverbialmente sfornate dal più importante settimanale illustrato francese. Una copertina speciale, si potrebbe dire, tanto che la visita e l’accoglienza che Francesco ha voluto riservare alla troupe redazionale della testata parigina è stata vissuta come uno di quei "momenti reali" che questa rivista ama quando gli attori della grande storia apre ad essa la loro porta.

Insomma quella che in Vaticano, in maniera rigorosamente protocollare per i Vescovi, si chiama una ‘visita ad Petri limina’, viene raccontata nel suo editoriale da Olivier Royant come un vero e proprio evento storico, mai prima d’ora accaduto a un giornale parigino, dopo che Papa Francesco ha dato loro appuntamento in Vaticano, proprio la mattina in cui a Roma girava la voce che poteva essere scelto Premio Nobel per la pace. Un’alta onorificenza che pure avrebbe potuto ritardare l’intervista. Invece è successo che, semplice e tranquillo come al solito, ha ricevuto il team senza scorta né preamboli diplomatici. Proprio durante il Sinodo sulla famiglia, dove conservatori e progressisti, dibattevano su questioni di divorziati risposati e sul tema delle coppie omosessuali, il Papa si è lasciato intervistare, dialogando e confrontandosi su temi controversi e non semplificabili. Alla fine i francesi, giornalisti di spicco che operano in un Paese tragicamente colpito dalla violenza irrazionale che si è scaricata sui colleghi del Charlie Hebdo, hanno ricavato l’impressione che se Benedetto XVI aveva il linguaggio del teologo, Giovanni Paolo II ebbe a costruire l’immagine di un Papa superstar negli stadi, Jorge Mario Bergoglio divenuto Francesco di Roma continua a presentarsi come sempre è stato, cioè un ‘sacerdote di strada’.

Come Giovanni Paolo II, Francesco di Roma ha deciso di non essere un semplice spettatore ma un protagonista, un attore spirituale del suo tempo, Papa Francesco, con abilità politica e l'autorità dei missionari gesuiti ha saputo prendere sottobraccio la Storia, manifestandosi nel suo pontificato e nella simbologia come un papa adeguato alle sfide poste dall’epoca della globalizzazione.

In pochi mesi, la sua umiltà e semplicità lo hanno reso un essere immensamente popolare che parla a tutto il mondo, ben oltre i cattolici. Tanto che ovunque adesso si dice di aver trovato il leader mondiale che si aspettavano.

All’inviata Caroline Pigozzi, che ha chiesto se “il formidabile entusiasmo di cui lei è oggetto potrà contribuire a risolvere la crisi mondiale?”, il Papa ha risposto testualmente che “in questi delicati campi l’azione del Papa e della Santa Sede prescinde dal grado di simpatia che in questo o in quel momento suscitano le persone. Cerchiamo di favorire con il dialogo la soluzione dei conflitti e la costruzione della pace. Cerchiamo instancabilmente vie pacifiche e negoziali per risolvere le crisi e i conflitti. La Santa Sede sulla scena internazionale non ha interessi da difendere, ma agisce attraverso tutti i suoi possibili canali per favorire l’incontro, il dialogo, processi di pace, il rispetto dei diritti umani. A Santa Teresa di Lisieux chiedo spesso di prendere nelle sue mani un problema che ho di fronte, una questione che non so come andrà a finire, un viaggio che devo affrontare. E le chiedo, se accetta di custodirlo e di farsene carico, di inviarmi come segno una rosa. Molte volte mi capita poi di riceverne una…."

Francesco ha poi parlato della sua attuale missione affermando essenzialmente di non fare progetti né di occuparsi di strategie di politica internazionale, perché “sono cosciente che la voce della Chiesa in tante occasioni e situazioni è una vox clamantis in deserto, voce di uno che grida nel deserto. Credo però che proprio la fedeltà al Vangelo ci chieda di essere costruttori di ponti e non di muri. Non bisogna esagerare sul ruolo del Papa e della Santa Sede. Quello che è accaduto tra Stati Uniti e Cuba ne è un esempio: abbiamo soltanto cercato di favorire la volontà di dialogo presente nei responsabili dei due Paesi. E soprattutto abbiamo pregato”.

Stile di vita, apertura ai problemi degli altri, comprensione del mondo, questa la nuova regola del gesuita e ‘francescano’, un’impostazione concettuale che nel suo lavoro quotidiano, vuole unire e non slegare la libertà dei moderni con l’attualità della fede:

“il discernimento caro a sant’Ignazio, la quotidiana ricerca per meglio conoscere il Signore e seguirlo sempre più da vicino. Cercare di fare ogni cosa della vita quotidiana, anche le più piccole, con il cuore aperto a Dio e agli altri. Cercare di avere lo stesso sguardo di Gesù sulla realtà e di mettere in pratica i suoi insegnamenti giorno dopo giorno e nei rapporti con le persone”.

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