CAMBIO | Gigi Meduri. L’ultima estate di un politico all’ombra di Minniti, Magorno e Oliverio

Retweet > «Oliverio - spiegava Meduri, esponente dell’assemblea nazionale dem - non ha più necessità di tenere in piedi un’interlocuzione costante con il Pd calabrese. È con Roma che il governatore deve preoccuparsi di mantenere buoni rapporti. Col Nazareno e Palazzo Chigi, per intenderci. E quando parlo del governo mi riferisco a Marco Minniti, il cui impegno, gliene voglio dare atto, ha permesso di superare questa lunga fase di impasse politica e di recuperare il rapporto con il Nuovo centrodestra di Gentile. 
Lo zampino del sottosegretario - conclude Meduri - è stato decisivo per chiudere in maniera positiva la vertenza degli lsu-lpu». <


di Vito Barresi | Direttore di Cambio Quotidiano Social Online

Non si sa se poi tutto quel che si dice sarà appurato dalla Giustizia ma per adesso per la voce del mondo Gigi Meduri è l’ultimo emblema del politico corrotto. E mentre lui patisce in una cella il ballo in maschera dell’ipocrisia e del fuggi fuggi generale, il vade retro Meduri, senza ritegno né rimorso, si svolge all’impazzata dietro le quinte delle sette di Partito, nelle camere oscure del PD calabrese, specie quello di Reggio Calabria, un’operazione ‘pulisci traccia’ che neanche i Ris di Parma riuscirebbero a fermare.

Tutta una rapida corsa allo sbianchetto, l’eradicazione immediata di fotografie inquietanti apparse sul web con quei ministri di giornata, Presidenti della Repubblica passati e presenti, presidenti e presidentesse svariate di commissioni antimafia, segretari di partito, grandi uomini di stato, giornalisti e intellettuali, parlamentari, assessori e consiglieri regionali, presidente di Regione tra cui spicca la figura di Maruzzu Oliverio, giovani rampanti e manager di enti di aziende pubblico-private, pari pari tutti gli amici che gli inquirenti hanno trovato nelle agendine telefoniche del ristretto.

Un uomo che adesso ci si affretta a dire mai nessuno ha conosciuto, frequentato, stretto la mano, intervistato. La corsa alla cancellazione di ogni documento compromettente è tanto più indecorosa per la pavida paura della ricaduta negativa sulla propria immagine elettorale, da far pensare alla similitudine con le metodiche ndranghetiste dell’omertà ('cittu tu e cittu iu').

Tuttavia l’alta onorificenza di stato di questa saga dell’ipocrisia in cui si fa a gare per buttare la chiave della cella, in cui è relegato l'ex amico che smacchiava il giuguaro, nel mare profondo della vergogna e dell’ingratitudine, toccherebbe di diritto, a quella che altri chiamerebbero più alla romanesca faccia di culo, ai sommi sacerdoti romani del Partito Democratico (i nomi li troverete nel sito adatto) sotto il comando di Matteo Renzi, insomma i probiviri nazionali, che avrebbero genialmente arginato con un comunicatino di poche righe dettato al sinedrio d’apparato, pomposamente definito Commissione nazionale di garanzia, posto a vigilare sulla corretta applicazione dello Statuto, del Codice etico, che recita testualmente: ‘la Commissione nazionale di garanzia del Partito democratico, a seguito dei provvedimenti disposti dalla magistratura nei confronti di Luigi Meduri e applicando le norme previste dal proprio Regolamento, ha deciso di sospenderlo dall'albo degli iscritti e degli elettori e dagli organismi di cui fa parte con provvedimento immediatamente esecutivo'.

Che belle parole! Secche, autorevoli, stentoree, dettate per difendere l’onore di un Partito tanto aggredito dalla corruzione quanto aperto, friendly, disponibile. Che permetteva e Meduri di rappresentarlo politicamente almeno (dato questo confermato dalle puntuali coperture giornalistiche del Corriere della Calabria che qui stralciamo a mò di indice, dal database del ‘promettente’ collega Antonio Ricchio) fino al 17 agosto 2015, allorquando intervistato ad hoc ‘nel buen retiro di Scilla, nel mentre consumava gli ultimi scampoli di estate, Gigi Meduri (ex sottosegretario del governo Prodi ed esponente bindiano dell’assemblea nazionale dei dem) riusciva a staccare l’attenzione dalle questioni politiche calabresi più impellenti. Lettura dei quotidiani, contatti telefonici e qualche incontro informale per tenere botta e preparare al meglio un autunno denso per il Pd calabrese” avendo modo di dettare niente di meno che “la sua ricetta per la ripartenza dei dem: «Oliverio troppo esposto senza un vero partito alle spalle. Non si può sempre approfittare della generosità di Minniti. Necessari i doppi incarichi di Magorno e dei tre segretari provinciali?’

Il leale quanto ignaro cronista, che altro non poteva sapere se non dell’albo d’oro dell’eminente uomo politico regionale e di stato, con soave candore lo interrogava pacifico:

“E allora perché all’improvviso si è posizionato a capo dei barricaderi del Pd calabrese? «Perché ho preso consapevolezza del disagio che si vive in Calabria e della mancanza di dialogo all’interno del Pd. In condizioni normali i partiti mediano e discutono. Da noi non si fa né l’una, né l’altra cosa».

Lei si è messo a fare il controcanto proprio adesso che, dopo il varo della nuova giunta, sembra essere tornato il sereno tra i renziani e il governatore Oliverio… «Ecco, è qui che volevo arrivare. Lasciando così le cose, Oliverio rischia di essere esposto a contraccolpi seri. Non si può approfittare sempre della generosità di Minniti».

Agognando di gustare con lui prossimamente un sorbetto dall’ameno panorama di Scilla si abbia almeno misericordia per un personaggio ‘serissimo’ che nella sua ultima estate politica aveva a cuore le sorti del proprio PD, pronto a elogiare l’operato di un altro grande statista l’on. Marco Minniti, l’uomo in testa ai Servizi Segreti del Paese, figura di massimo spicco nella guerra contro Isis, di cui diceva con affettusoa amicizia e stima “apprezza il lavoro di ricucitura finora portato avanti dal nostro sottosegretario. Vorrei, però, ricordare che il suo compito è un altro e arriverà il momento in cui purtroppo non riuscirà a seguire con uguale dedizione le vicende calabresi. Non penso ad un commissariamento che sarebbe l’ultima ratio, ma sulla scia della scelta del governo Renzi per Marino alla nomina di un tutor per il segretario regionale o formalizzando il ruolo di Minniti o utilizzando l’unica calabrese componente della segreteria nazionale, Stefania Covello, o indicando un dirigente nazionale”.