CAMBIO | A Gerusalemme tutto è cambiato da quando i russi sono arrivati a Damasco

Retweet > “Ho lavorato per quasi vent'anni nel KGB nel servizio di intelligence straniera e mi è persino sembrato che con il crollo della barriera ideologica in forma del monopolio del partito comunista, tutto sarebbe cambiato in maniera cardinale. Invece no, il cambiamento non fu drastico. Pare che anche cose tanto semplici non avvengano nell'immediato, poi ci sono anche gli interessi geopolitici che non sono legati a nessuna ideologia. Era indispensabile far capire ai nostri partner che un paese come la Russia ha e non può non avere i suoi interessi geopolitici”. > Vladimir Putin


di Vito Barresi | Direttore di CAMBIO quotidiano social

Inutile nascondersi dietro il velo strappato di un vecchio suk mediorientale. Da quando i russi sono arrivati a Damasco, a Tel Aviv come a Gerusalemme, tutto è improvvisamente cambiato. A tal punto che anche Netanyahu, appena compreso che l’ultima Intifada in corso usciva dal suo classico schema localista per espandersi su coordinate marcatamente diverse rispetto al passato, ha dovuto subito fare i conti con le sue stesse ricognizioni storiche, pigiando sul revisionismo di stato e la memoria reale, almeno per tentare di gridare un ‘attenti al lupo’ per non dire apertamente ‘attenti all’Orso’, reagendo così all’incubo di un prossimo futuro, con frasi sconcertanti, solennemente pronunciate davanti al Congresso dei Sionisti mondiali.

Se v’è una misura nelle cose, se vi sono determinati confini, al di là e al di quà dei quali non può esservi il giusto, occorrerebbe prendere atto che nel corso di questo lungo secolo a venire per Israele ci sarà sempre meno occidente, meno America e molta, molta più Asia, così come si prefigura dominata dai titanici dispotismi moderni, ereditati dal post comunismo sovietico, cinese, coreano, vietnamita, a cui anche i nuovi persiani e i nuovi ottomani sembrano costantemente pensare.

Da qui il cambio delle ordinate e delle ascisse, mettendo in vista nuove simmetrie, che in campo internazionale Vladimir Putin ha fatto in sole, immediate e quasi sempre unilaterali, poche mosse. Per Putin “non si tratta di corsa agli armamenti ma di un programma statale di riarmo stilato alcuni anni fa in condizioni internazionali pacifiche. La politica estera della Russia ama la pace, senza alcuna esagerazione. Se si osserva la carta del mondo e si presta attenzione al territorio rappresentato dalla Russia, diventa ovvio concludere che a noi non servono altri territori e neppure le ricchezze altrui. La Russia è un Paese autonomo”.

Tutto all’insegna della riscoperta dell’immensa forza di persuasione-dissuasione insita nella scienza degli scacchi, paradigma della mente russa, l’emblema culturale degli strateghi che affollano i salotti politico-diplomatici moscoviti. Ripescando l’icona minima e gradita di un altro Vladimir, Ulianov Lenin che con Gorki giocava a scacchi sul bel panorama mediterraneo dell’isola di Capri, le mosse sono state molteplici, foriere di passaggi in ogni luogo che conta, ben studiate. Senza dare più per scontato che nei pressi dell’Europa toccasse solo alla Nato il ‘prigilegium regium’ di adire agli interventi militari, come disastrosamente avvenne in Serbia con il bombardamento di Belgrado, Putin metteva sotto scacco la Germania della Cancelliere Merkel, aprendo un focolaio di guerra proprio alle porte di Berlino, il bagliore non lontano da Kiev, in terre dove vivono non solo minoranze russofone ma anche tedescofone, pari allo spessore di una guerra civile in Ucraina.

Poi ammonendo il neoatlantista Matteo Renzi che Tripoli ‘bel suol d’amore è sul mar che ci lega coll'Africa d'or, la stella d'Italia che addita un tesor' ma anche l’orribile vicinanza di Roma con il terribile mostro terroristico dell’Isis. E inoltre la stretta collaboratrice del bamboccione post comunista, la partner Lady Pesc Mogherini avvisata che sui Balcani non si può più contare, dopo la breccia ungherese e bulgara dell’immigrazione clandestina, un evento che ha fatto riapparire l’orrore simbolico del filo spinato e dei muri di separazione sul pacifico e democratico territorio dell’Unione Europea.

Infine, con un colpo magistrale tale da far crollare ogni residua illusione di centralità intercontinentale di Israele, sollecitata al risveglio della realpolitik dall’arrivo in Siria dei cargo militari russi, che attraversano i cieli di Grecia e Bulgaria, e dopo la chiusura di Sofia, la rotta del Mar Caspio, volando in Iraq e Iran.

Finisce così immediatamente la supremazia alquanto autoreferenziale di una micropotenza che per decenni ha agito liberamente, a cielo aperto, sia con la propria forza aerea sia con i mezzi a terra, imponendo la propria legge, anche in dispregio del diritto internazionale in tutto il Medio Oriente e contermini.


CAMBIOFONTI

Photo Agenzia Tass - Videodocumento / BBC News


In Jerusalem, everything has changed since the Russians arrived in Damascus - "I have been working for almost twenty years in the KGB's foreign intelligence service and I even thought that with the collapse of the ideological barrier in the form of the monopoly of the Communist Party, everything would change in a cardinal. But no, the change was not drastic. It seems that even such simple things do not happen immediately, then there are also geopolitical interests that are not tied to any ideology. It was essential to make it clear to our partners that a country like Russia has not and can not have its geopolitical interests." Vladimir Putin