CAMBIO | Unicredit tra il fumo di Renzi e 10 mila bancari da rottamare

Finiti i tempi del ragioniere io vado in banca come cantavano i mitici Gufi della vita milanese? Probabilmente si, a giudicare dal fatto che ben 10 mila travet e funzionari, potrebbe rimanere senza posto nè bombetta. 10mila esuberi complessivi corrispondono a circa il 6,8% dell’attuale forza lavoro complessiva della banca e sono collocati in Austria, Germania e Italia. Sul dossier esuberi Unicredit, gigante del settore bancario italiano deciderebbe entro fine 2015.

BANCARI SULLA SOGLIA DEL LICENZIAMENTO, DEFINITIVO CRACK DEL CETO MEDIO ITALIANO

Dopo la totale estinzione della razza padrona e di quella operaia, scientificamente esodata dai poteri sociali forti (imprese, sindacati, finanza e politica), dopo la scomparsa delle industrie radicate nel tessuto produttivo del Nord del Paese, la loro dissennata privatizzazione, la svendita di grandi colossi produttivi alle multinazionali straniere, dopo la desertificazione del Mezzogiorno, ridotto a retroporto mediterraneo dell’immigrazione clandestina, soltanto utile a certa Europa franco-tedesca, anche per il settore bancario sarebbe vicino il momento del crollo di un pilastro storico della piena occupazione, la voce molto seria e fondata di un gigantesco esubero che potrebbe mettere in pericolo il posto fisso di ben 10 bancari, un grande crack del ceto medio italiano, fulcro e cuore dell’apparato burocratico pubblico e parastatale.

Secondo fonte accreditata (Bloomberg), i vertici Unicredit sarebbero impegnati a elaborare un piano di esuberi compatibile ch consisterebbe in una drastica exit strategy, un consistente taglio lineare tra i 12 e i 10mila posti di lavoro, compresi i 2.700 che devono essere eliminati entro il 2018 come previsto da un precedente piano industriale.

Banche che sempre di più devono fare i conti con montagne di credito a rischio, ormai milioni di partite in sofferenza, una situazione economica sempre più problematica con effetti sulle imprese a dir poco devastanti. E in futuro saranno pochissimi quelli che andranno in filiale perché la maggior parte delle operazioni si può fare da casa al computer o addirittura al telefono, serviranno più che altro sportelli di consulenza. Le banche non hanno più bisogno di grandi vetrine, non sono Zara o Benetton, bastano i primi piani degli edifici. Il numero dei dipendenti è destinato a ridursi di numero e cambiare di qualità. Da qui si passa anche alle sperimentazioni sugli orari come le aperture al sabato avviate tra gli altri da Unicredit e Intesa San Paolo. Dietro il grande freddo, che ormai è l'unica cosa che investe gli sportelli bancari, l'atmosfera è incadescente, le accuse al calor bianco. I dipendenti protestano contro i maxi stipendi dei vertici e dei supermanager, contro un modello di banca che punta a utili a breve termine a scapito di credito a famiglie e imprese. No al modello Marchionne dicono i sindacati. E aggiungono:gli unici da rottamare sono i banchieri.

MA C’È DAVVERO IL MIRACOLO ECONOMICO RACCONTATO DAL VANGELO SECONDO MATTEO?

Più complessivamente Si è vero che in Italia aumenterebbero pure secondo le correnti fonti filogovernative i posti di lavoro (220 mila dipendenti in più, +1,3% dei quali però solo 113 mila 'permanenti' in crescita dello 0,8% e 107 mila hanno contratti a termine, incremento del + 4,6%).

Certo avrà di che esultare il giovane Renzi che la disoccupazione non sale più (ma non dovrebbe semmai scendere?) affermando non più su tweetter ma su facebook che "Il Jobs act ha restituito credibilità a livello internazionale, ma soprattutto ha creato opportunità e posti di lavoro stabili. E' la volta buona, l'Italia riparte. Molto da fare, ancora. Ma non dimentichiamo dove eravamo". Ma poi i dati restano comunque da collasso: Il tasso di disoccupazione giovanile a settembre è al 40,5%, in calo di 0,2 punti percentuali da agosto. In un mese ci sono 14 mila ragazzi tra i 15 e i 24 anni in meno che cercano un'occupazione. A fronte di questo miglioramento, c'è però anche un calo degli occupati di 11 mila giovani dovuto all'aumento degli inattivi. Dopo la crescita dei tre mesi precedenti, a settembre 2015 gli occupati si riducono dello 0,2% rispetto al mese precedente. Rispetto a settembre 2014, invece, sono invece in aumento dello 0,9% con 192 mila persone in più che hanno un lavoro.

Dopo la crescita osservata dall'inizio dell'anno al mese di agosto, a settembre l'Istat stima una diminuzione dei dipendenti di 26 mila unità, e a calare sono soprattutto gli assunti a tempo indeterminato, 21 mila in meno.

(v.b.)