Retweet > La vita politica romana è sprofondata progressivamente nel disordine totale. Al contempo la società e la mentalità dei romani si è evoluta verso un altro modo di accostarsi agli affari pubblici. La città è diventata contemporaneamente sia grande che piccola, immensa e domestica, locale e globale, terreno di scontro e potenziale teatro di guerra, bersaglio di minacce terroristiche, non più casella diplomatica in guarentigia internazionale, del tutto uguale ad altre ‘città mondo’ sconquassate da attentati e scontri. Roma città aperta e chiusa come Gerusalemme, Madrid, Londra, Mosca, New York. La sua crisi politica corre implacabile verso una ben determinata foce. Nella sua più torrenziale e inedita identità, ogni giorno il sentire comune si trasforma in una poderosa corrente profonda dell’onesta e della verità che adesso chiede soltanto di esprimersi, di vincere, di scacciare i mercanti dal tempio. Un desiderio che sale montante come un uragano: buttare via, senza pietà né misericordia, nell’alveo del Tevere, le poltrone sdrucide, bisunte e nauseabonde del potere corrotto, arrogante e ignorante. Per questo si aspetta, tra il Giubileo e il Giudizio elettorale, di dare in mano ai cittadini e non al Prefetto il prossimo destino della Città Eterna. >
Vito Barresi | Direttore di Cambio
Non avrebbe dovuto saperlo proprio lui, il chirurgo in parte svizzero e siciliano, un poco americano, il compagno Ignazio Marino che a Roma è di costume antico er vizio der cortello come si narra aprendo i registri degli Ospedali di S.Spirito e della Consolazione? Ci sono poi le probanti e copiose documentazioni storiche e tra questi gli antichi scartafacci dei verbali dei Commissariati di Pubblica Sicurezza, sempre grondanti di referti e rapporti su liti, disfide, battibecchi, risse finite irrimediabilmente in ferimenti, ammazzamenti, delitti orrendi ed efferati, persino stragi di vergini e innocenti, che sempre avvenivano nella Roma bella e violenta tra vicoli e borgate, osterie e angoli malfamati, in spaventevole successione, quasi sempre nei focosi e trucidi, sabbatici fine settimana capitolini.
Referti medici corredati di ben circostanziate laparotomie, budella fuoriuscite dallo squarcio di una coltellata, operazioni chirurgiche effettuate da abili medici, adusi a ricucire le spaventevoli ferite da coltello, pugnale e punteruolo. A memoria il popolino non scorderà i nomi dei 26 accoliti che, come in una pagina a fumetti (er Torello, er Facocchio, er Barbieretto, er Pizzuto, er Pittoretto, Jabbanda, er Burinello, er Tarmato, Cajo de Ponte, er Gramicetta, er Musetta, er Capo Rabbino, er Cercina, er Capoccione, er Zeppa, er Pajetta, er Ciripicchiola, Stivalone, er Framicitto, Nino er Boja, Ettorone dell’Ammazzatora, di Testaccio), in aula magna con una gragnuola di coltellate hanno atteso 'er Fiorentino' nel finale, che con fatidica battuta petrolina ha detto all’ammazzato, “te metto le buddella’n mano”.
La morte di Cesare non risolse niente. Figuriamoci questa allegorica di Marino. Al contrario, le contraddizioni insormontabili che hanno lacerato la capitale d’Italia e in essa contrapposto tutti gli uomini di questa ibrida stagione renzista voluta da Giorgio Napoletano, si ripresenteranno con tutta la loro violenza al seguito di questo vero e proprio tirannicidio localista. Più che mai la crisi di Roma si svelerà presto sprovvista di un alternativa nazionale, democratica e popolare per dirla con le vecchie insegne delle legioni politiche tradizionali. Dopo la ruvida imposizione di tale atto d’imperio la pacificazione è tutt’altro che scontata e vicina.
L’ambizioso Renzi inseguendo la gloria con tale atto di forza comunque avrà bisogno di mezzi materiali e di clientele in grado di consolidare in modo duraturo la sua preminenza a Roma. La rivalità determinata dal suo gioco al rialzo su questa posta in gioco ha già portato alla rottura definitiva del consenso all’interno dell’ èlite laica e di sinistra che ha in mano il potere a Roma. Su questo versante i più accorti e prudenti già lavorano a una coalizione per la conquista del potere che per forza di cose dovrà attingere ancora una volta alla manipolazione, l’intimidazione e la pressione di una vasta clientela.
Roma Futura tra il Caimano e il Coccodrillo? Tutti sono andati a ripescare la poesia di Trilussa che recita così: "Signori! Ir coccodrillo è un animale, come loro vedranno dar groppone, ch'ha là pelle durissima, la quale gli arisiste a la palla der cannone. Questo che ci presento ner gabbione è un anfibbio vivente ar naturale: cià l'istessa ferocia d'un leone, e nasce ne la parte tropicale. Ei vive drento e fuora ir fiume Gange; è molto voracissimo e c'è il detto che prima mangia il vuomo e poi lo piange. Lagrimando si dà pe' le campagne... - Entrate ne la gabbia, ah quel'ometto, così ce fate vede come piagne..."