Viaggio lungo la costa del sud che è rimasta senza treni dopo un semplice acquazzone. 11 novembre il giorno di San Martino, sulla costa jonica che dovrebbe essere l’avanposto della frontiera europea verso l’Asia e l’Africa è serenamente estate. In questo immenso retroporto dell’Italia, visto che non ci sono strade né ferrate né gommate, tra Reggio Calabria e Taranto ci si può fermare a pochi metri dalla casa natale di Rino Gaetano e ascoltare il refrain di una bella ballata che giunge da una targa nascosta sotto l’insegna di una pulita pizzeria: ...“e quando tramonta il sol una canzone d’amor da Baja a Salvador oh Maria canterò oh oh ahi Maria por ti cantarè. C’era una donna a Baja s’ubriacava di noia e sakè sotto una vecchia sequoia ballava il samba e cantava per me…”
Una passeggiata nella serie B della realtà italiana dove le ferrovie che passano sono un optional nel paesaggio splendido, la vita economica è simile a quella di una colonia dove a cinquecento metri dalla battigia le trivelle fanno il loro gioco estrattivo senza mai dare un numero al lotto per la sacca provinciale più svantaggiata d’Italia.
Se la mattina cammini sul mare vedi ragazzi che giocano a pallone, chilometri di spiaggia con la sabbia rossa, un campo da calcio immenso, uno scenario di esotica tranquillità. Sembra davvero Bahia proprio con il toccò descritto da un blogger che annotava in Brasile: “Bahia è qui, ti sta aspettando – ha scritto nella sua guida Jorge Amado –. È assieme una festa e un funerale». Ecco il punto: tutto è una festa e un funerale. Che devi saper vivere con la leggerezza di una bossanova, alla brasiliana. «Joao amava Teresa che amava Raimundo che amava Maria che amava Joaquin che amava Lili che non amava nessuno» illuminano i versi del poeta Carlos Drummond de Andrade.
Piove solo quando arrivano le rare crociere degli inglesi e dei tedeschi che se la portano appresso la nuvola del nord come un vero e proprio icloud meteorologico, un bagaglio imprescindibile messo tra i vestiti del loro progresso economico. Qui invece c’è un miraggio turistico sprecato. E lo dicono pure che a Castiglion della Pescaia si fa più turismo internazionale in una stagione che non la Calabria in dieci anni. Bisognerebbe ripeterlo adesso, anche se sembra politicamente poco corretto, agli sceicchi e ai russi dopo la fuga di turisti da Sharm per la strage dell'aereo in Sinai. Nella località turistica egiziana si registra circa l'80% di cancellazioni delle prenotazioni mentre quasi la metà - almeno il 40% - dei turisti presenti ha lasciato i resort, mentre qui in Italiac’è posto libero per tutti a partire dall’autunno e praticamente per tutto l’inverno.
Aspettando il prossimo turno ci pensa la squadra del Crotone Football Club a non sprecare l’occasione e a guadagnare energia solare. Si gioca a piedi nudi, si corre con le scarpette da tennis. La spiaggia con la terra rossa è proprio la stessa, uguale la geolocalizzazione del report, su cui il mitico Antonio Girelli, a quel tempo direttore del Corriere dello Sport, nel ’68 e dintorni scrisse un pezzo d’epoca, un reportage d’annata sul calcio minore del sud, quello dei ragazzini poveri che giocavano scalzi in riva al mare sognando la formazione tipo con in porta Picasso, in difesa Carlos Alberto, Roberto Dias, Everaldo, Jurandir, al centrocampo Paulo César Lima Caju, Gerson, Roberto Rivellino e all’attacco Edù, Pelé,Tostao.
Adesso il calcio è tutta un’altra storia. Anche se tra i ragazzi italiani che vanno a raccattare la palla tra le placide onde del mare di Hera ci sono pure gli atleti africani. E con loro un promettente allenatore che viene dai Balcani. Proprio come quello che allenava il locale settebello di pallanuoto, leggendaria Rari Nantes, la cui piscina Coni caduta in rovina, un ammasso di cemento che è quel che resta degli intramontabili e olimpionici anni '60, adesso serve al team del Crotone per appoggiare al muro gli zaini dei calciatori e le reti stracolme di palloni e paletti.
Vito Barresi