editoriale di Vito Barresi | Direttore di Cambio
Poche parole rivolte ai nostri lettori per invitarli a guardare questo servizio apparso sul sito di AFP, l’Agenzia France-Presse, pubblicato il 15 novembre 2015, con il titolo, Parigi - Bataclan: i volti delle vittime. Nel corso delle ore, i volti delle vittime cominciano ad apparire sui social network. Su Facebook, gli avvisi di ricerca sono stati sostituiti con necrologi, due giorni dopo gli attacchi che hanno ucciso 132 vittime a Parigi.
Quentin, Veronica, Manu, Prescillia ... Mathias e Marie, una giovane coppia felice e giocosa, Metz che era venuto lo scorso settembre a costruire la propria vita a Parigi, tutti sono morti in una sala da concerto come Aurelie. Le era stato offerto un soggiorno nella capitale dopo sei mesi di lavoro in un ristorante a Saint-Tropez. Maxime era entrato nel mondo del cinema. Pierre, 40 anni, proprietario di un ristorante nella regione parigina, era amante della libertà. Sulla sua pagina Facebook, aveva manifestato la sua gioia di vedere il concerto al Bataclan. Alban stava vivendo il promettente inizio della sua carriere di artista visivo…. Alla luce del loro martirio siamo tutti convocati a comprendere e a spiegarci quale più forte significato possa avere questo ‘olocausto’.
Se cioè esso nel suo ingenuo martirio rappresenti una sorta di consacrazione laica vissuta concretamente come segno di progettualità, di vita , di pace e di libertà per tutta l’umanità contemporanea. In questo senso il martirio parigino diventa il racconto e l’esempio, il segno forte e connotato di una vera testimonianza di verità contro l’odio, il terrore e il male oscuro che ha imprigionato la mente e il cuore di tanti altri giovani islamici che si sono volontariamente trasformati in falce della morte. Attraverso il volto di queste vittime, le sofferenze e le lacrime delle loro famiglie, dei loro amici, fratelli e sorelle, si può rendere più trasparente il volto della giustizia e della fratellanza opacizzato dai più volgari e sordidi interessi degli Stati, dei politicanti, degli ambiziosi cercatori di fama, gloria e potere.
La semplicità e l’umiltà dei loro abiti e delle loro comunicative espressioni diventa il simbolo di tante vite consacrate per cancellare le enormi ingiustizie e le radicate diseguaglianze dell’attuale assetto sociale, politico ed economico del mondo intero. Nessuno può lasciarsi paralizzare dalla complessità e dalle difficoltà che pone tale orrenda sfida terroristica. La fraternità è il valore di riferimento scritto proprio nella Costituzione francese a chiare lettere. La fraternità che comporta la pratica del dialogo e del confronto, fa parte delle aspirazioni umane più profonde, è un baluardo della civiltà contro ogni dispotismo. Tuttavia sappiamo che non è facile vivere in fraternità, perché quanto avvenuto suscita un’enorme resistenza nella vita quotidiana.
Constatare queste resistenze e conoscerle fino in fondo non deve farci dimenticare che esse esistono soprattutto dentro noi stessi. Se questa resistenza alla fraternità, e contemporaneamente all’universalità, non può più essere superata nella vita concreta di una società, come si potrà affrontarla su una scala globale, per cambiare il mondo e sconfiggere il demone del terrorismo?