CAMBIO | La voce di Pertini tra macerie e memorie di un terremoto perduto

Retweet > Perché le parole scavate e amare del Presidente della Repubblica Sandro Pertini restarono dimenticate per lungo tempo nelle teche della storia nazionale? Come mai non ebbe alcun seguito quell’intonazione morale così forte e profonda, uno tra gli story-telling costituzionali più importanti e incisivi nella storia delle democrazie occidentali, davvero degno di un cronista vero e autentico, prodigiosamente capace di parlare al cuore degli italiani, fino a suscitare sdegno civile e umana commozione? A trentacinque anni dal doloroso terremoto di Avellino, Napoli, Potenza e tanti altri luoghi martiri della furia naturale e degli errori pubblici, torna d’attualità un documento d’epoca d'impressionante vigore per il suo linguaggio coerente, il pensiero trasparente e pulito, con cui quel presidente socialista portò a conoscenza dell’opinione pubblica, realtà e verità di quei momenti, senza né retorica né menzogna di stato. In silenzio e riflessione è utile rileggere e riascoltare nell’eco lontano, la forza di un indimenticabile ammonimento: “sono tornato ieri sera dalle zone devastate dalla tremenda catastrofe sismica. Ho assistito a degli spettacoli che mai dimenticherò. Interi paesi rasi al suolo, la disperazione poi dei sopravvissuti vivrà nel mio animo. Sono arrivato in quei paesi subito dopo la notizia che mi è giunta a Roma della catastrofe, sono partito ieri sera. Ebbene, a distanza di 48 ore, non erano ancora giunti in quei paesi gli aiuti necessari. E’ vero, io sono stato avvicinato dagli abitanti delle zone terremotate che mi hanno manifestato la loro disperazione e il loro dolore, ma anche la loro rabbia. Non è vero, come ha scritto qualcuno che si sono scagliati contro di me, anzi, io sono stato circondato da affetto e comprensione umana. Ma questo non conta. Quello che ho potuto constatare è che non vi sono stati i soccorsi immediati che avrebbero dovuto esserci. Ancora dalle macerie si levavano gemiti, grida di disperazione di sepolti vivi. E i superstiti presi di rabbia mi dicevano: ‘ma noi non abbiamo gli attrezzi necessari per poter salvare questi nostri congiunti, liberarli dalle macerie’. Io ricordo anche questa scena: una bambina mi si è avvicinata disperata, mi si e’ gettata al collo e mi ha detto piangendo che aveva perduto sua madre, suo padre e i suoi fratelli. Una donna disperata e piangente che mi ha detto ‘ho perduto mio marito e i miei figli’. E i superstiti che li’ vagavano fra queste rovine, impotenti a recare aiuto a coloro che sotto le rovine ancora vi erano. Ebbene, io allora, in quel momento, mi sono chiesto come mi chiedo adesso, questo. Quindi si provveda seriamente, si veda di dare a costoro al più presto, a tutte le famiglie, una casa. Io ho assistito anche a questo spettacolo. Degli emigranti che erano arrivati dalla Germania e dalla Svizzera e con i loro risparmi si erano costruiti una casa, li ho visti piangere dinanzi alle rovine di queste loro case. A tutte le italiane e gli italiani: qui non c’entra la politica, qui c’entra la solidarietà umana, tutte le italiane e gli italiani devono mobilitarsi per andare in aiuto a questi fratelli colpiti da questa nuova sciagura. Perché, credetemi, il modo migliore di ricordare i morti è quello di pensare ai vivi”. >


Vito Barresi | Direttore di Cambio

Ci siamo visti questo fine settimana alla stazione metro di Garibaldi, a Napoli, solo per caso. Lui mezzo cieco ormai sa a memoria i passi e le scale per attraversare sicuro quel vero e proprio labirinto napoletano che è la metro vesuviana. Solo la vista perduta e i ricordi di un tempo lo rattristano assai. Portandosi appresso i suoi gagliardi settantanni come ogni giorno quando si fa sera torna a Giuliano, dove abita in una casa popolare, dall’altra parte di Napoli, in discesa dopo la salita al Vomero, ai Colli Aminei, verso Piscinola e poi fino ad Aversa Ippodromo. Ogni mattina, più o meno verso le dieci, fa la stessa vita da sempre, da trentacinque anni esatti. Ritorna a Napoli, nel centro storico, tra i vicoli che salgono a San Gregorio Armeno, adesso quasi tutto occupato da neri e arabi, in quella strada dove abitò fino a quando non venne il colpo fatale, quello avvertito alle 19:34 di domenica 23 novembre 1980. Magnitudo 6,5 sulla scala Richter, durata della scossa circa 90 secondi con un ipocentro di circa 30 km di profondità, spalmata su un castramento tracciato tra l’Irpinia e il Vulture, proprio in mezzo alle province di Avellino,Salerno e Potenza. Lesioni e crolli a Napoli interessando molti edifici fatiscenti o lesionati da tempo e vecchie abitazioni in tufo; a Poggioreale crollò un palazzo in via Stadera, probabilmente a causa di difetti di costruzione, causando 52 morti. Nel potentino, come a Balvano dove il crollo della chiesa di S. Maria Assunta causò la morte di 77 persone, di cui 66 bambini e adolescenti che stavano partecipando alla messa.

Gli occhi quasi ciechi di Ciro si riempiono di lacrime. Pochi comprendono oggi, pochi compresero allora la tragedia di quel cataclisma. La radio e i telegiornali raccontarono confusamente l’accaduto nei termini di una scossa di terremoto in Campania. Non ra ancora il tempo delle notizie in diretta e per allestire una troupe ci volevano tempi tecnici necessari per raggiungere il cratere, i luoghi del disastro anche a causa del fatto che l´interruzione delle telecomunicazioni fu totale, persino tale da impedire di lanciare l´allarme.

Solo quando fu notte inoltrata si cominciò a intuire realmente l’immane dimensione della catastrofe. Quando il primo elicottero sorvolò le zone terremotate piloti, esperti, cineoperatori, giornalistici, cronisti radiofonici restarono inorriditi di fronte alla potenza destruenda di una magnitudo che aveva raso al suolo tutto quello che stava in verticale come dopo un bombardamento atomico: interi paesi, decine e decine di comuni rimasero irremediabilmente danneggiati. Fu un minuto interminabile di terrore quello vissuto da migliaia di uomini, donne e bambini, mentre gemevano tante vittime innocenti.

Il 25 novembre, appresa la vastità e gravità del sisma, i cronisti del Mattino dettavano ai loro dimafonisti che i morti erano migliaia, 100.000 i senzatetto», per poi far titolo il 26 novembre «Cresce in maniera catastrofica il numero dei morti (sono 10.000?) e dei rimasti senza tetto (250.000?) - FATE PRESTO per salvare chi è ancora vivo, per aiutare chi non ha più nulla».

Dopo la scossa il ritardo dei soccorsi fece il resto. Furono enormi le difficoltà di accesso per i mezzi militari e civili nelle zone interne. Non esisteva un piano nazionale di soccorso e d’intervento per grandi calamità. N on c’era neanche nella fantasia quella che oggi conosciamo come primo baluardo contro gli effetti del terremoto e cioè la Protezione Civile, in grado d’intervenire tempestivamente e di valutare di coordinare risorse e mezzi in maniera tempestiva e ottimale.

Il primo a rendersi conto di quest’ enorme carenza fu il presidente della Repubblica Sandro Pertini. Il 25 novembre, contro il parere del presidente del Consiglio Arnaldo Forlani e altri ministri e consiglieri, Pertini si recò in elicottero sui luoghi della tragedia. In un discorso in tv rivolto agli italiani, denunciò con forza il ritardo e le inadempienze dei soccorsi, che arrivarono solo dopo cinque giorni.

Domani è un altro giorno. Questo 23 novembre 2015, come ogni anno, va alla chiesa di Sant’Agostino alla Zecca, proprio dentro il centro storico partenopeo, nel quartiere Forcella. Dopo il terremoto del 1456, venne ristrutturata secondo le regole del Rinascimento. La chiesa fu chiusa dopo il terremoto del 1980 e ancora adesso è in condizioni di abbandono. Ci sono andato insieme al mio amico che faceva borse finte per tirare a campare. E abbiamo accesso un cero per ricordare la lunga notte di un terremoto ormai perduto tra gli ultimi presepi storici di San Gregorio.


The voice of Sandro Pertini between rubble and memories of an earthquake forgotten - Because words carved and love of President Sandro Pertini remained forgotten for a long time in the showcases of national history? Why had no follow quell'intonazione moral so strong and deep, story-telling one of the most important constitutional and incisive in the history of Western democracies, really worthy of a true reporter and authentic, miraculously able to speak to the hearts of Italians, to arouse indignation civil and human emotion? Thirty-five years from painful earthquake of Avellino, Napoli, power and many other places of the martyrs natural fury and errors public, back topical document vintage awesome force for his consistent language, thought transparent and clean, with Pertini which brought to public knowledge, reality and truth of those times, with neither rhetoric nor lie was. In silence and reflection is useful to listen to reread the echo far, the strength of an unforgettable admonition: "I came back last night from the areas devastated by the terrible earthquake disaster. I attended the shows that I will never forget. Entire villages razed to the ground, then the desperation of the survivors will live in my heart. I arrived in those countries soon after the news reached me in Rome of the catastrophe, I started last night. Well, after 48 hours, they had not yet arrived in those countries the necessary aid. It 's true, I have been approached by residents of the earthquake zone that I have expressed their despair and their pain, but also their anger. It is not true, as someone wrote that you are hurled against me, indeed, I have been surrounded by love and human understanding. But that does not matter. What I have seen is that there were no immediate relief that there should have been. Even from the rubble rose groans, cries of despair buried alive. And the rest were of anger I said, 'but we do not have the necessary tools to be able to save these our relatives, free them from the rubble'. I also remember this scene: a little girl came up to me desperate, I was' thrown around his neck and told me crying that he had lost his mother, his father and his brothers. A woman weeping in despair and I said 'I lost my husband and my children'. And the survivors that they 'wandered among the ruins, powerless to bring help to those who were still under the ruins. Well, I then, at that moment, I wondered as I wonder now, this. Then steps be taken seriously, we see to give them as soon as possible, to all the families, a house. I have also seen this show. Of immigrants who had arrived from Germany and Switzerland and with their savings they had built a house, I saw them crying before the ruins of their homes these. In all Italian and Italians: here is not about politics, this has to do with human solidarity, all Italian and Italians must mobilize to go help these brothers affected by this new calamity. Because, believe me, the best way to remember the dead is to think of the living." _vitobarresi@