CAMBIO | Vendesi Stazione Leopolda. All’asta il tempio sacro al rottamatore Matteo Renzi

Retweet > Addio mia Bella Addio, la Leopolda se ne va… e se non venissi anch’io sarebbe una viltà… Si potrebbe ritoccare in qualche modo con il sound dell’attualità politica il celebre testo di Addio mia bella addio. Remake che cambia verso plausibilmente con i tempi non fosse altro perché lo storico canto risorgimentale venne scritto nel marzo 1848, presso il Caffè Castelmur (di cui più non vi è traccia) di via Calzaioli a Firenze. Note e strofe che divennero ben presto celebri proprio tra i volontari che andarono alla guerra per la nuova Patria, stornellando le musiche di una vecchia cantilena toscana. Certamente in una Stazione granducale spoglia dei fasti giovanili del primo raduno del 2010, ora più recessivamente decorata con un arido cartello immobiliare che aspetta compratori, tutto tiene per com’è nella vulgata del potere 'democrat ' dove conta non il contrasto ma il giustapposto, non lo scontro ma il sovrapposto, giocando la carta della nomea vincente e sempre progressiva dell’ormai indiscusso e unico capo carismatico di un partito renzista, più che mai narciso e attratto dal gioco ad assetto variabile, che concede e dispone l’elmo nazionalista e l’approdo globalista, un mix italico dell’orgoglio di quei bravi ragazzi che ci hanno creduto fin dal primo incontro. Destreggiandosi tra tinelli, saloni e palcoscenici internazionali, senza mai eccedere nell’istrionismo di un premier bello e vincente, Renzi scenderà dal predellino meccanico del suo treno supersonico per far brillare gli occhi dei fedelissimi in una sarabanda di sacre dichiarazioni laiche contro un terrorismo sordido ed evanescente che pure minaccia i legami primari della convivenza sociale. >


Vito Barresi | Direttore di CAMBIO

Ci sono luoghi e ci sono non luoghi coniò con fortunata formula il famoso antropologo Marc Augè. Per dire poi che a luoghi privi di significato collettivo e di senso di coesione culturale se ne affiancano altri che un'identità c’è l’hanno per loro stessa origine e natura. Luoghi toponomastici, urbani e coloniali, fortemente connotati che ben si prestano, talvolta con qualche eccessiva ridondanza o al contrario per loro intrinseco minimalismo senza sfarzo, anche ad accogliere nel proprio solco altri momenti nazionali, incorniciare nuovi leader politici, ospitare qualche evento memorabile, cingersi dentro un contesto urbano e un modello ideale, rottamare e riformulare una tradizione e una innovazione.

Tra questi nell’Italia d’oggi trova, indubbiamente di diritto glamour (Pitti, la moda bimba, il golosario di Taste e quant'altro di italian attraction), un proprio angolo visivo, la teca dei fasti della Patria fuori dagli altari di Roma, il luogo emblematicamente per sua eccellenza di quel vero e proprio rito di fondazione e di passaggio, la Stazione Leopolda a Firenze, dove apparve un giorno la ‘stella polare’ di Matteo Renzi, lo stato nascente del va ‘ pensiero renziano’, ove si scrissero e codificarono in dolce stilnovo le regole alberoniane di movimento come innamoramento e istituzioni come amore, la vulgata propagandistica di un nuovo ceto dirigente di stampo renzista, sempre ben munito di citazioni tratte dal Libretto Tweet che il capo carismatico effonde, effende e spande quotidianamente sulle sue truppe social disposte nei vari punti cardinali di vecchi e nuovi media.

Insomma la Leopolda non è un luogo a caso ma uno di quei tipici luoghi sacri dove qualcuno si merita la targa o l’iscrizione del proprio nome a imperitura memoria su un cippo di candido marmo di Carrara. Tutto per aver tracciato con l’aratro della parola e le parabole della comunicazione, il pomerio di una nuova generazione del quarantennio, la new left alla ribollita che per quanto ibrida e più soft non è più quella del passato ma un partito in provetta, prodotto meditato e mediatico di quello che altri retori eloquenti contestano alla Cincinnato, a descrivere come vera e propria ‘mutazione genetica’ del vecchio album di famiglia post comunista e post democristiano.

Si dirà subito che la tiritera non è una notizia perché quella vera semmai è che la Leopolda, spazio architettonico di alta valenza culturale e monumentale, che ha una superficie totale di 5.000 mq, articolato in tre aree, tutte collegate fra loro, e che permette di creare facilmente zone di diverse dimensioni a seconda delle esigenze di allestimento, comprensiva del piazzale esterno ristrutturato da Gae Aulenti nel 1996, completamente lastricato in pietra serena e caratterizzato da colonne e travi reticolari in ferro, è da alcune settimane messo in vendita dal suo proprietario pubblico. Per comprare il posto dei comizi curiati del popolo del Pd, dove il pontifex maximus tornerà a celebrare la sesta edizione dell’incontro annuale con i fedelissimi, occorrono all’incirca sette milioni di euro, stando ai dati desunti dal bando di gara ufficiale, reso noto da Federservizi Spa, gruppo Ferrovie dello Stato, che con un’inserzione a pagamento pubblicata su Repubblica e altri quotidiani che ha dato il via alla vendita di un gioiello del patrimonio immobiliare statale con valore base gara di 7.200.000 euro.

Secondo i ben informati, tra i principali concorrenti, molto quotata sarebbe la società omonima (o eponima?) Stazione Leopolda srl, che fa parte del gruppo Pitti Immagine con sede legale e uffici in via Faenza 113 del capoluogo fiorentino. Fin qui quasi esclusiva utilizzatrice dello spazio per sfilate, presentazioni, fiere, mostre ed eventi. Se tornassimo a risentiei, anche se in qualche modo datate, le originarie considerazioni di Renzi espresse proprio nell’edizione numero uno (vedi filmato), quella del big bang del suo movimento, la Leopolda dovrebbe restare un bene comune, di guisa che toccherebbe al Municipio di Firenze esercitare il diritto di prelazione, per poi concederlo in fitto a Pitti o altri richiedenti. Il bando scade alle 12 del 2 dicembre, giusto in tempo per permettere la sesta convention renziana, fissata per il fine settimana dall’11 al 13 dicembre. Tanti nomi della prima ora non ci sono più. Allora Renzi era giovane e sindaco. Il suo fascino conquistò la testa rossa di Pippo Civati ma non quella pelata di Bersani. Pippo non lo doveva sapere. E come in un classico di Walt Disney ha meditato una lunga fuga dal suo più illustre ex sodale rimasto saldamente in testa al plotone dei suoi tantissimi gregari.


Asking Stazione Leopolda in Florence. Auction the temple sacred to demolition man Matteo Renzi - Farewell My Lovely Farewell, the Leopolda is gone ... and if I did not come I would be cowardice ... You could touch in some way with the sound of current political text of the famous Farewell my beautiful goodbye. Remake for certain changes to plausible if only because the historian singing Risorgimento was written in March 1848, at the Cafe Castelmur (of which more no trace) of Via Calzaiuoli in Florence. Notes and verses that soon became famous among its volunteers who went to war for the new homeland, stornellando the music of an old Tuscan lullaby. Certainly in a Station Grand Ducal stripped of the glories of the first youth rally in 2010, now more recessively decorated with a sign arid real estate that buyers expect, everything holds to as the Vulgate of the democrat power where it matters not contrast but juxtaposed, not clash but superimposed by playing the card of the reputation of the now undisputed winner and always progressive and single charismatic leader of a party renzista, more than ever, narcissus and attracted by tilting the game, giving the helmet has nationalist el'approdo globalist, a mix italic pride of those good guys who believed in it from the very first meeting. Juggling between living rooms, halls and international stages, never exceeding nell'istrionismo a premier beautiful and successful, Renzi will come down from the running board of his mechanical supersonic train to shine the eyes of the faithful in a sarabande of sacred secular statements against terrorism sordid and evanescent that also threatens the primary bonds of social harmony. _vitobarresi@