Alla Conferenza sul Clima di Parigi tutti sanno che nel prossimo futuro un miliardo di persone soffriranno per la diminuizione dell’acqua causata dalla perdita dei ghiacciai himalayani.
Sono sette i grandi fiumi ( di cui alcuni legati a mitologie antichissime e all’origine di religioni di ogni tempo il Brahmaputra, il Gange, l’Indo e il Mekong), che riforniscono la propria portata e riempiono i loro corsi grazie al ghiaccio eterno dell’imponente ma quanto mai delicata catena montuosa asiatica. Ma che umanità è questa in cui non si riesce a prendere atto che il 40% della superficie di questo pianeta non è una soltanto una bolla di sapone cosmico ma una struttura miracolosa, la cui superficie è ricoperta da ghiacci e manti nevosi? Entro il 20150 il 33% dei ghiacci artici sarà dissolto dal calore e il mare potrebbe elevarsi di altri sette metri.
Quel che si sa per certo è che a Parigi solo la temperatura politica ed economica si è fortemente innalzata per via del terrorismo.
Nel frattempo l’unica cosa che non riscalda ancora i cuori e non intensifica l’attenzione dei decisori e della pubblica opinione continua a essere, al contrario, la catastrofica condizione in cui si trova il mondo nel suo complesso.
Dopo la famosa Copenaghen 2009, nell’appuntamento per salvare il Clima a Parigi, i partecipanti alla Conferenza dell’Onu sono ancora lontani da una definizione condivisa e precisa di un accordo internazionale per mantenere la temperatura della Terra dentro quei minacciosi 2 gradi, il livello al di là del quale il riscaldamento genererà effetti terrificanti.
La febbre del pianeta è cresciuta nell’ultimo mezzo secolo di ben tre grandi. Né le aspirine né le tachipirine bastano più a farla scendere.
Ci vogliono cure vere, compensative, rigeneratrici di equilibri purtroppo manomessi dalla corsa incontrollata all’innalzamento quantitativo della produzione ma non sempre del benessere. I ghiacciai sono fondamentali per la crescita dell’agricoltura e delle manifatture. Secondo il Gruppo Intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico la situazione potrebbe precipitare nel 2100 allorquando il livello dl mare salirebbe da 52 a 98 centimetri con ricadute sulle società umane impressionanti poiché oltre il 60 per cento della popolazione già ad oggi risulta insediato lungo le zone costiere entro cento chilometri dalle rive. Numerose megalopoli come Shangai, Bangkok, Mumbai saranno sommerese e alcun isole del Pacifico saranno inghiottite dagli oceani. La rapidità dell’erosione costiera è cresciuta passando da 1,7 millimetri per anno di inzio 900 agli attuali 3,2 millimetri. La perdita dei ghiacci tra la Groenlandia e la penisola antartica si è raddoppiata e in una triplicata nell’altra. Il futuro dei grandi ghiacciai rappresenta una minaccia dagli esiti incalcolabili perché la loro fusione porterebbe a una crescita di 7 metri del livello del mare.
Insieme ai ghiacciai si vanno sciogliendo anche altri pezzi del regno del freddo.
Il permafrost, cioè il sottosuolo impregnato di neve ghiacciata che fa da collante ai versanti alpini, e da sostrato alle centrali nucleari in Siberia e ai grandi metanodotti russi, nelle zone artiche scenderà fino a un terzo nel 2050. Un disastro ambientale che non sarebbe solo limitato alle aree interessate ma a tutto il sistema ecologico poiché sprigionerebbe enormi quantità di metano, un potente gas serra che è dentro il permafrost.
Biodiversità sotto stress anche per l’alterazione dei monsoni il cui andamento è modificato dall’andamento delle correnti d’aria dei velivoli d’alta quota, il jet strema, fino al disequilibrio l’asse naturale. Due terzi della popolazione indiana soffrirebbe di siccità perché oltre il 60% delle coltivazioni sono legate agli andamenti metereologici della pioggie monsoniche.
Dalla lettura dei danni determinati dal riscaldamento climatico emerge un quadro drammatico: ondate di gelo, desertificazione, caldo infernale, innalzamento delle maree, siccità, incendi e foreste, acidificazione degli oceani sono solo alcuni degli effetti prodotti dal cambiamento climatico. Si prevede che nella prima metà dl secolo il mare Artico non avrà più ghiacci durante i mesi estivi. Il Summit dell’Onu non può essere per questo ancora una volta inconcludente. Esso deve indicare con chiarezza gli Obiettivi di sviluppo sostenibile per i prossimi 15 anni. Prima di tutto come uscire al più presto dai combustibili fossili, a partire dal carbone, come condizione prioritaria per mantenere il riscaldamento globale al di sotto dei famigerati 2° C .