CAMBIO | Matteo Renzi tra familismo bancario e familismo amorale

Lascia pensare, e molto, lo sgradevole quanto sintomatico caso di ‘familismo bancario’ che stringerebbe in una morsa morale tutta una generazione di ‘Padri e Figli’ (certo non alla Turgenev) che hanno in mano il Partito Democratico, i ragazzi del 2010 che dall’inizio di questo decennio hanno scalato il potere, scalzando facilmente la vetusta e vieta sinistra di ex comunisti, concentrando in un ristretto gruppo di uomini e donne tutto il comando dello Stato e del Governo. Una sensazione tanto più bozzettistica e penosa nel vedere e sentire un Presidente del Consiglio ripiegare nel suo eloquio lungo linee e lapsus linguistici d’evidente marcatura nepotista allorquando usando un termine, che per lui dovrebbe essere eminentemente politico (giammai bancario) ha esclamato perentoriamente: “Io ho fiducia in mio padre”. Cosa sia tutto questo se non una versione aggiornata, quasi il refresh contemporaneo, dell’antica formula magica e arcaica del ‘familismo amorale’ di ormai lontana memoria dovrebbe dirlo in primo luogo lo stesso Renzi, il segretario generale di un Partito Democratico che si proclama nella propria bandiera e si definisce nei suoi progetti come una forza politica modernizzatrice e innovativa che punta tutto su una nuova famiglia italiana laica, aperta, consumistica, risparmiatrice, ecc. Insomma, un gruppo primario e nucleare trend molto somigliante a quello dello stesso regnante in carica che questo fine settimana ha avuto la fortuna di “Agnese, la moglie e due dei figli ad attenderlo sotto il palco, di fronte alla porta del backstage, al termine del discorso tenuto da premier e segretario del Pd a chiusura della Leopolda 2015”. Fu Edward Banfield, esponente autorevole del pensiero conservatore americano, professore nelle università di Chicago e di Harvard, consigliere di presidenti repubblicani come Nixon, Ford e Reagan, un profeta inascoltato, schivo, sovente trascurato quando non addirittura avversato dall' accademia, a delineare l’ideal tipo del ‘familista amorale’, nel suo libro The Moral Basis of a Backward Society (Le basi morali di una società arretrata). Qui descrisse un atteggiamento ispirato alla regola del «massimizzare i vantaggi materiali e immediati della famiglia nucleare, supponendo che tutti gli altri si comportino allo stesso modo». L’esatto contrario del senso civico, il rivelatore sociale di conflitti d’interesse quasi sempre a danno della collettività.


_vitobarresi@DirettoreCambio


Dal punto di vista politico la questione che sta sul tappeto, già pronta per il prossimo 2016, è molto chiara. Essa ruota attorno ai valori universali, cioè quelli che dovrebbero essere il vessillo del Partito Democratico di Renzi che capovolgendosi improvvisamente, proprio sul palco alla Ted della Leopola 6, si sono manifestati in una perfetta sintesi del particolarismo sociale, politico, filosofico e morale che è rappresentata dalla famiglia, con le sue tare, le sue perfide influenze, i giochi interni persino occulti, i legami sotterranei e invisibili, densi della sua struttura tradizionale e del suo più che mai controverso concetto sociale.

Perché la buccia di banana, o che dir si voglia la drammatizzazione del dibattito politico interno al Pd e nel Paese, rimanda direttamente al nesso, quasi si potrebbe dire al vincolo, che sembra legare inquietantemente la formazione del Pd di Renzi a una logica di famiglie, di familismo e scalate di potere emblematicamente raccontato non solo dalla storia del suo vertice, laddove il capo e la sua principale esponente di governo, l’onorevole Maria Elena Boschi, tessitrice della grande riforma elettorale, sono intricati in trame parentali come sempre vischiose, ma anche in tutto il corpo centrale e periferico di un partito costruito sui padri, i padroni e i padrini delle tessere, delle primarie e dei blocchi elettoriali vincenti.

Si badi bene che qui non si vuol far onta alla famiglia, foriera di immensi giacimenti di capitale sociale a disposizione della patria e della nazione, e con essa anche al classico italiano ‘tengo famiglia’. Anzi, noi si rispetta e tanto, un gruppo elementare, nelle sue diverse e multiformi sfaccettature, un’istituzione sociale di base, in quanto solida e forte, fino ad essere garantita come soggetto costituzionale di tutela, difesa e promozione, proprio perchè tale essa è ancora, dopo secoli di lotte, sacrifici e battaglie, allorché e a patto la si tenga disgiunta e lontana dall’esercizio dei diritti di cittadinanza e della politica, dalla conduzione degli stati, partiti e governi, per evitare ogni sorta di inquinamento e di degenerazione che porterebbe inevitabilmente alle aristocrazie, alle caste, ai legami di sangue, ai dispostitismi di tipo orientale, alle olocrazie come negazione dei più alti principi sovrani.

Fa quindi specie vedere Renzi, che fin qui certa anedottica di regime ha un po’ assimilato con il padre Tiziano al quadretto familiare del film di Mario Monicelli ‘Amici Miei’ (parte prima e parte seconda) sovrapporre ormai troppo frequentemente nel corpo del suo discorso pubblico, politico e parlamentare, un lessico familiare che rimanda, alla dimensione privata che non può riguardare la maggioranza degli italiani.

Perché se il punto è questo, vale a dire l’ambigua ‘frammistione’ tra dimensione pubblica e vita privata, tra vizi privati e pubbliche virtù, se cioè nel corso di questi anni si è fatto girare attorno a tale asse la scalata di potere di Renzi e del suo ‘gruppo primario’, divenuti artefici del destino della sinistra in senso generalgenerico, la cui eredità storica è caduta in mano all’ex sindaco fiorentino, bisogna chiedersi di conseguenza come e perchè si è prodotto e riprodotto un ceto politico che dalla Calabria all’Emilia Romagna, dalla Toscana alla Campania, comanda il Pd a ogni livello nazionale,regionale e locale.

Tutto questo al fine di non scoprire in ritardo il ‘male oscuro’ di un partito di fatto edificato sul ‘familismo amorale’, il nepotismo, portato fino al passaggio di voti, postazioni e cordate da padre in figlio/a, saldamente interno a una logica endogamica, con un ceto politico formatosi non nella dialettica della lotta democratica ma generato dalla fusione fredda della cooptazione.

Solo per adesso non daremo credito, poiché troppo sarebbe scrivere fiducia, a qualcuno che in mezzo al guado del Pd ha detto a mezza voce che Renzi alla Leopolda è stato carino. Aveva in animo di invitare non solo Edoardo Bennato ma anche Alan Sorrenti. Lo avrebbe voluto nella compagnia per fargli cantare il nuovo inno del Partito Democratico: Noi siamo figli delle banche…


Matteo Renzi between familism banking and amoral familism - Suggests, and much, unpleasant as symptomatic case of 'familism bank' that would tighten in a vice moral whole generation of 'Fathers and Sons' (certainly not to Turgenev) who hold the Democratic Party, the boys of 2010 the beginning of this decade have climbed the power, easily displacing the antiquated and prohibits the left of former communists, focusing on a small group of men and women all over the command of the State and the Government. A feeling more sketchy and painful to see and hear a prime minister in his fold eloqui long lines and slips of the tongue of nepotism evident marking when using a term which for him should be an eminently political (never transfer) exclaimed peremptorily: "I trust my father." What is this if not an updated version, almost refreshing contemporary, ancient and archaic magic formula of 'amoral familism' the now distant memory should say so in the first place the same Renzi, the secretary general of the Democratic Party, who called himself in its flag he is defined in its projects as a political force for modernization and innovative betting everything on a new family Italian secular, open, consumerist-saving, etc. In short, a primary group and nuclear trend very similar to that of the same ruling in office this weekend ancestral fortune of "Agnes, his wife and two children waiting for him under the stage, in front of the door of the backstage, at the end the speech given by Prime Minister and Secretary of the Democratic Party in the closing Leopolda 2015 ". It was Edward Banfield, a member of the influential American conservative thought, a professor at the universities of Chicago and Harvard University, as adviser to Republican Presidents Nixon, Ford and Reagan, a prophet unheeded, shy, often overlooked when not downright opposed by 'academy, to delineate 'ideal type' familist amoral ', in his book The Moral Basis of a Backward Society (The moral basis of a backward society). Here described an attitude inspired by the rule of "maximizing the benefits immediate material of the nuclear family, assuming that everyone else will do likewise." The exact opposite of the spirit, the detector social conflicts of interest almost always to the detriment of society._vitobarresi@