Non ce ne voglia il Presidente Mattarella se in modo puramente letterario paragoniamo qui il suo discorso al lessico narrativo de ‘Gli Indifferenti’ di Alberto Moravia. Un discorso antico, talvolta un pò vetusto che non ha saputo parlare al cuore dei problemi veri degli italiani. Neanche a quelli di una certa età che pure sono, nello straordinario e complesso, radicale cambiamento della mappa della vita, alla ricerca di validi motivi per dare un nuovo senso alla grande impresa della terza e quarta età che fa dell’Italia la nazione più anziana del mondo. Dunque, secondo la parte critica anche se non destruenda, quello di Mattarella è stato un compitino lacunoso da cinque meno meno. Queste alcune delle opinioni abbastanza diffuse e rilevate tra gran parte della pubblica opinione di fronte al consueto messaggio di fine d’anno, il primo del settennato di Sergio Mattarella, ascoltato molto svogliatamente da un segmento ‘sociale’ estremamente ridotto del Paese, come attestano nel discrimine analitico i dati Auditel in proposito. Un discorso al caminetto, nella cornice soffusa di un salotto borghese, con qualche tocco anche posticcio pro nobiliare e decadente. Che certo non rende agli italiani l’immagine di quel nuovo spirito repubblicano di cui sono inappagatamente alla ricerca anche urgente. Quell’anima, per molti versi dispersa, costituzionale e ‘nazionale’ che pure potrebbe essere il catalizzatore identitario per riaccendere il motore del rilancio dell’interno Paese. Insomma un’inquadratura televisiva tutto sommata scontata, obsoleta e generica, un’impostazione che i mass mediologi considererebbero sbagliata, meglio la lettera al nipotino di Umberto Eco, staccata su un focus, un primo piano fortemente sfalsato ed edulcorato rispetto alle stesse, profonde trasformazioni subite dalla e nella casa degli italiani. Diventate sempre più vicine, o se si vuole omologate e corrive al modello Ikea, le abitazioni italiane certo non rispecchiano i dannunziani toni di casa Mattarella. Specie quelle di un ceto medio massacrato e bloccato negli ascensori sociali, la fascia centrale della società che si è vista rosicchiare ampi spazi di benessere domestico da una crisi economica e da una recessione determinata non esclusivamente da logiche esterne quanto dalle dirette ed evidenti colpe soggettive del ceto politico e dei partiti di regime, per gli errori (ma come non dire l’egoismo e l’avidità) di gruppi imprenditoriali e lobbies bancarie ben precise, le stesse che con le privatizzazioni senza controllo hanno smantellato l’intero, e un tempo più solido, patrimonio industriale nazionale.
_vitobarresi@DirettoreCambio
L’Italia convocata a reti unificate dal Presidente della Repubblica forse si aspettava qualcosa di più e di diverso da Sergio Mattarella. Alla prima prova con la funzione più alta e comunicativa di esternazione politica, cioè il messaggio alla nazione, un discorso di auguri che ha assunto ormai valenza di vera e propria prassi istituzionale, sono stati elencati, senza per altro alcun cenno d’orientamento e indirizzo, alcuni spunti convenzionali come il lavoro, la famiglia, il Mezzogiorno, l’economia, il fisco, l’ambiente, la parità di genere, le questioni della cultura italiana confusa con il termine molto ambiguo ed esteticamente opinabile di una cosiddetta retorica della bellezza, la difesa senza citare la pace, la lotta al terrorismo senza richiamare il nesso tra libertà, diritti e sicurezza, l’emigrazione senza inquadrarla nei cicli della mondializzazione.
Un insieme di questioni e priorità della cronaca, dentro l’agenda setting dei governi in carica, colte a volo d’uccello da un Capo dello Stato apparso fin troppo ed eccessivamente tattico, piuttosto incline all’attorialità di una declamazione soffusa e paternale, disposto a declamare uno story telling politicamente attendista, semiologicamente molto simile alle relazioni morotee, o dorotee che dir si voglia, tipiche della grandi assisi congressuali democristiane.
Per questo occorre riascoltare più volte e alla moviola il messaggio di Mattarella per cogliere le tante sospensioni tra le righe, le pause tra una parte e l’altra di un testo che agli esperti è talvolta apparso senza data.
In breve carente di quelle idee costituzionali motivanti e d’indirizzo sui temi dirimenti e fondamentali richiamati dalla stessa Carta, specie in una fase in cui la struttura di tale Legge Fondamentale è messa a dura prova dallo stress-test di stampo renziano che la sta portando alla modifica radicale dell’assetto biparlamentare con l'eliminazione di un suo pilastro, l’asse portante del tempio ordinamentale, la chiusura senza appello del Senato della Repubblica.
Così facendo anche sulle varie scelte che appartengono all’ambito della Costituzione materiale, vale a dire famiglia, economia, difesa e tutela della identità nazionale, non si è ascoltato niente di nuovo, di diverso, propositivo, incisivo e assertivo rispetto a quello che sarà il lungo e difficile anno, il banco di prova del 2016 per il Parlamento, il Governo e il Popolo Sovrano.
Sul lavoro parole generiche, sul Mezzogiorno un marginale accenno. Mattarella parla di occupazione e salta i sindacati, sorvola il conflitto sociale. Parla di evasione fiscale e, parodia del reale, cita persino Confindustria, il bureau dei ‘prenditori’ che su questo argomento meglio andrebbero a Canossa.
Ciò che è mancato al discorso di Mattarella è dunque una vera e propria collocazione in prospettiva delle grandi contraddizioni e potenzialità italiane. Su cui s’impiantano le distorsioni e le contorsioni politiche e di forma delle nostre relazioni con l’Europa, dell’Italia con il mondo della globalizzazione.
La realtà è che nel 2015, come ormai da un quinquennio a questa parte, non vi è stato alcun vero sviluppo e rinnovamento delle strutture produttive, manifatturiere e industriali nazionali. Questa sostanziale incapacità di ridare dignità operaia e imprenditoriale al Paese a sua volta si riflette e determina una società civile debole, più ‘condizionata’ dalla politica, la stessa che con Renzi e il Pd ha ripreso fiato autoreferenziale, riscoprendosi addirittura spavalda, refrattaria, indifferente e talvolta arrogante.
Il vero focolare che è mancato è il Popolo assente, ritirato e silente, i cittadini attivi e partecipativi che non si riscaldano più neanche con le parole di Mattarella.
Times of Indifference by Alberto Moravia and the Message to the Nation of Sergio Mattarella - I do not want the President Mattarella if somehow literary compare his speech lexicon wing narrative of 'The Indifferent' Alberto Moravia. An old speech, sometimes a little decrepit that has not been able to speak to the heart of the real problems of the Italians. Even those of a certain age who also are in the unique and complex, radical change in the map of life, looking for reasons to give a new meaning to the great undertaking of the third and fourth age that makes Italy the nation's elderly of the world. Therefore, according to the critical part although not destruenda, that of Mattarella was a compitino flawed by five less less. Some of these opinions quite widespread and recognized in much of the public opinion in front of the usual year-end message, the first of the seven years of Sergio Mattarella, listened very listlessly from one segment 'social' extremely low in the country, a fact reflected in the discriminating analytical data Auditel about it. A speech by the fireplace, in the frame of a bourgeois salon soft, with a touch too fake pro noble and decadent. That certainly does not make Italians the image of that new republican spirit which are inappagatamente looking even urgent. That soul, in many ways dispersed, constitutional and 'national' that could well be the catalyst identity for restarting the engine of the revival of the interior country. In short shot television all added granted, obsolete and generic approach that the mass media experts consider it wrong, the best letter to the grandson of Umberto Eco, detached on a focus, a close-up strongly compared to the same offset and sweetened, deep transformations suffered from and to the house of the Italian. Become increasingly close, or if you want to model approved and overindulgent Ikea, Italian households certainly do not reflect the tones of D'Annunzio's house Mattarella. Especially those of a middle class and massacred stuck in elevators social, the central part of the society which was seen nibbling large areas of well-being from a domestic economic crisis and a recession, triggered not only by external logic as the direct and obvious faults of the subjective the political class and the parties of the regime, for errors (but do not say how the selfishness and greed) of business groups and lobbies bank specified, the same as with the privatization without control have dismantled the whole, and a time more robust, national industrial heritage. _vitobarresi@DirettoreCambio