Frida Kahlo mania alla bolognese tra memoria dell’arte e rimorsi della storia

28 gennaio 2016, 16:30 100inWeb | di Vito Barresi

C’è un posto in Italia dove i devoti di Frida Kahlo possono trovare il suo altare, un ashram e un avatar, per venerare la loro icona pop? Certo che c’è e si trova a Bologna. In quella fucina d’arte, immagine, fotografia e tendenze, la madrepatria di un’onda culturale che naviga a piedi tra l’epoca beat e quella post moderna che, percorrendo senza TomTom, Vicolo Olanda, rasentando un convento di francescane che invitano a pregare un’Ave Maria, si trova in via Santa Margherita all’insegna della Galleria d’Arte Ono. Come mai prima in quest'ultimo decennio il culto per la Kahlo non accenna a diminuire in ogni parte del mondo. Ogni iniziativa, progetto, mostra, biografie, editoria che siano, fanno registrare sempre grande attenzione sia nella critica che nella divulgazione, con seguito e successo per le retrospettive, specie quelle in abbinata con l’arte e la pittura di Diego Rivera di cui la Kahlo fu sposa, attirando un numero crescente di visitatori. Non poteva, dunque, sfuggire l’opportunità agli esperti promotori culturali che hanno dato vita nel capoluogo emiliano alla ONO Arte Contemporanea, di stabilire una collaborazione con la Fondazione Leo Matiz per presentare anche in Italia "Frida Kahlo. Fotografie di Leo Matiz", una rassegna fotografica del professionista colombiano che, con la sua reflex, ha saputo cogliere al di là della superficie e oltre ogni cornice retorica, la realtà umana, la profonda bellezza delle opere e dei dipinti della grande ed enigmatica pittrice messicana. Tuttavia sarebbe fin troppo facile dimenticare l'intreccio artistico, l'intesa estetica e la complicità interiore e sensuale con l'epica figura di Diego Rivera, un uomo che era al culmine della sua fama, tra il 1920 e il 1930, decennio all’apice di una folgorante e straordinaria carriera artistica, cioè quando il compagno di Frida aveva tanto potere quanto quello di una star holliwoodiana. Proprio lui, il comunista che aveva dipinto murales per i grandi capitalisti del suo tempo, il pittore che abbandonato il cavalletto e le pose aveva già offerto una visione epica della storia e una prospettiva cosmica del potenziale umano, vedeva man mano eclissata la sua fama dalla incredibile ammirazione e devozione che riscuoteva la sua terza moglie Frida Kahlo. Tanto da far scrivere ai critici che sembrava "ironico che questo artista che dipingeva chilometri di affreschi non fosse poi tanto conosciuto come sua moglie, che dipinse, al contrario quasi esclusivamente delle miniature.”

_vitobarresi@DirettoreCambio

Fu dopo uno spaventoso incidente, il pullman su cui si trovava con il fidanzato Alejandro venne travolto da un tram, riuscì a salvarsi nonostante la frattura della spina dorsale, della gamba sinistra e delle costole, che Frida testimoniò alla madre che solo allora comprese di avere qualcosa per cui vivere, “questo qualcosa è la pittura”.

Era il 17 settembre 1925. Da quel giorno l’arte diventa per lei la scelta di vita, la prospettiva della sua esistenza. Grazie a uno specchio appeso sul letto a baldacchino e un apposito dispositivo su cui appendere una tavola di legno per dipingere, la sua immagine, diventa il soggetto preferito dei suoi ritratti – “Dipingo me stessa perché passo molto tempo da sola e sono il soggetto che conosco meglio”.

Passati tre anni, la sua vita tornò quasi alla normalità, e nel 1928 incontrò nuovamente Rivera. L’amore scoppiò, passionale e travolgente, la loro arte si contaminò, evolvendo rigogliosa. Nell’agosto dello stesso anno si sposarono, e dopo qualche tempo si trasferirono negli Stati Uniti, dove consolidarono la loro fama ma anche l’avversione di una parte dell’opinione pubblica che definisce i murali che Rivera realizzò per il Detroit Institute of Art “uno spietato inganno ordito ai danni degli stessi capitalisti che li hanno commissionati”. Tornati in Messico, Frida diventa sempre più prolifica e conosciuta, tanto che Breton, il padre del surrealismo, le propone una mostra a Parigi.

Diego e Frida non esitarono ad accogliere nella propria dimora, La Casa Azul (Blue House), Leon Trotsky e la moglie, Natalia Sedova, a Coyocoán, in Messico, nel 1938. Quel che fu uno dei due artefici della rivolzxuine sovietica era arrivato in America l'anno prima, dopo che il noto pittore aveva rivolto una richiesta al governo del presidente Lázaro Cárdenas di concedere al ‘controverso’ leader marxista asilo politico in Messico. Quando arrivò a bordo di una petroliera norvegese nel porto di Tampico era il gennaio del 1937, Rivera non stava bene e Frida salì a bordo della nave per accogliere i Trotsky e accompagnarli in un treno blindato a Città del Messico. Nei primi mesi del 1939 Trotsky traslocò in un'altra casa nello stesso quartiere, dove fu assassinato nel mese di agosto del 1940.

Il 1941 fu per Frida è un anno di grandi cambiamenti. Aveva perso il padre, quando raggiunse un’indipendenza morale, sentimentale ed economica, che l’aiutò a “maturare una piena fiducia in se stessa” e di diventare un’artista persino in grado di mettere in ombra, con la sua arte e la sua vicenda umana, la genialità di Rivera.

Le immagini di Leo Matiz - fotoreporter colombiano nato nella magica Macondo di Gabriel Garcia Marquez -, raccontano di questa consapevolezza, ma raccontano anche la storia di un Messico assolato e lontano, fatto di rivoluzione e guerra, e al contempo di gioia e speranza, del quale Diego ne dipinge la “bellezza umile” e Frida “l’equivalente interiore”. Le foto in mostra, si soffermano soprattutto sull’immagine di Frida, immortalata nel suo quartiere natale di Coyoacan a Città del Messico, della quale Matiz ce ne restituisce un ritratto intimo ripreso da un punto di vista privilegiato, ossia quello dell’amicizia che per anni li ha legati.

La mostra (14 gennaio – 28 febbraio 2016) è composta di 27 fotografie in diversi formati. Con il patrocinio del Comune di Bologna.


Frida Kahlo mania in Bologna between art memory and historical remorse - There is a place in Italy where devotees of Frida Kahlo can find his altar, an ashram and an avatar, to venerate their pop icon? Of course there is, and Bologna. In that hotbed of art and trends, the motherland of cultural wave sailing on foot between the beat era and the post-modern which goes along without Tom-Tom Lane Holland, bordering to Franciscan invite you to pray to a ' Ave Maria, is located in via Santa Margherita banner of Gallera Art Ono. The cult of Kahlo continues unabated in every part of the world. For this it always carefully recorded, and followed with success, for the retrospectives, especially those combined with art and painting of Diego Rivera which was betrothed, who are attracting a growing number of visitors. He could not pass up the opportunity for cultural promoters experts who for several years have resulted in Bologna to ONO Contemporary Art to establish a partnership with the Leo Matiz Foundation to present in Italy as "Frida Kahlo. Photos of Leo Matiz", a review Picture of the Colombian professional who, with his camera, has grasped beyond the surface, beyond the frame, the human reality, the deep beauty of the works and the paintings of the great Mexican painter. However it would be all too easy to forget that when Diego Rivera was at the height of his fame, in 1920's and 30's decade at the height of his career, when he had the power of a star, he is the Communist who had painted murals for the big capitalists of his time, offered an epic vision of history and a cosmic vision of human potential, saw as his fame eclipsed by the extraordinary admiration and devotion which he received his third wife, Frida Kahlo, so as to write to critics who seemed "ironic that this artist who painted the frescoes miles and miles is not so known as his wife, who painted miniatures almost always." _vitobarresi @ DirettoreCambio