CAMBIO | Il leone di Mussolini e le pecore di Donald Trump

All'armi! All'armi! All'armi siam Trumpisti
 terror dei clintonisti… la marcetta con le ragazze ‘pon pon’ che aprono i comizi a ogni tappa della campagna elettorale di Donald il Rosso, il repubblicano che sta infiammando le primarie americane, potrebbe essere già pronta e registrata in studio dopo quello che è avvenuto sul finire di febbraio con la roboante uscita in salsa mussoliniana del leader repubblicano che ha fatto un tweet e ottenuto milioni di like con la frase celebre del Duce “meglio vivere un giorno da leone che 100 giorni da pecora». Per dare ancora più vigore al piano propagandistico, evidentemente così ben congegnato, tutto proteso alla conquista del consenso della maggioranza strizzando l’occhio a ogni minoranza, anche quelle politicamente non corrette, in tempi di social e politica 2.0, basta semplicemente utilizzare la frase celebre o il motto identificativo pronunciato dal personaggio storico più noto di una specifica comunità, magari cominciando proprio da quella italiana, ancora tanto incline al fascino dei bei tempi andati dell’Italia imperiale e mussoliniana. Certo è che il ritorno di Mussolini, e con lui dell’importanza politica, storica e culturale dell’Italia negli Stati Uniti di oggi, fin qui così marcatamente connotata dalla prevalenza dell’italian food, pizza, fettuccine all’Alfredo, Brunello di Montalcino e Parmigiano reggiano, avviene più che con le belle frasi diplomatiche udite alla Casa Bianca nella recente visita del Presidente della Repubblica, quelle del ‘democratico’ Sergio Mattarella che rivolgendosi ad Obama aveva rimarcato che "c'è un'amicizia antica tra Usa e Italia che va anche alle origini della nostra unità nazionale, si è sviluppata nel corso del tempo e da sette decenni è strettissima, piena di collaborazione, di momenti importanti", nella frastornante ambientazione mediale dello scontro tra Trump e i Hillary Clinton. Poi non tanto sottotraccia c’è anche e tanto più perché la frase citata da Trump, con quella sua tipica e ‘sostenibile’ leggerezza dell’essere, potrebbe indicare l’emergere, anche nella patria della democrazia alla Tocqueville, della nefasta e diffusiva gramigna del revisionismo storico, bellicosamente attiva su internet, che contribuisce a far affievolire le matrici della verità e dell’identità antifascista, edulcorando la memoria stessa dei valori ideologici comuni nati dalla II Guerra Mondiale, sotto le bandiere della libertà e della ripulsa di ogni forma di totalitarismo nazifascista.


_vitobarresi@CamBioQuotidiano


Tuttavia, come ha recentemente ricordato Alberto Cavaglion, citando Massimo Mila, per commentare certe stupidaggini, sparate retoriche circolanti sotto il fascismo, Riccardo Bauer aveva iniziato a spiegare il suo pensiero ai compagni che dividevano con lui la cella nel braccio politico di Regina Coeli, dicendo “Eh, già!”, anche oggi tra i leoni di Mussolini e le pecore di Trump, nell'immancabile polverone polemico contro l’Elefante repubblicano si annidano i soliti struzzi propagandisti di certo antifascismo di regime, che mettendo la testa sotto la sabbia, eviteranno di ricordare quel che di peggio sta avvenendo dentro e attorno al progetto di Museo del Fascismo che dovrebbe sorgere a Predappio.

Per lo storico piemontese il dubbio è più che mai forte, visto che “un Museo del fascismo a Predappio potrà far cessare lo spettacolo indecoroso cui oggi si assiste davanti alla tomba di Mussolini. Anzi, aumenteranno le contrapposte reazioni, anche violente. Avendo vivo il ricordo della tragica e anacronistica divisione nostra, tra fascisti e antifascisti immaginari, nei recenti anni Settanta, temo che quei fantasmi del passato possano risorgere da un momento all’altro. E sarebbe questo l’incubo che dovremmo a tutti i costi evitare, in primo luogo agli adolescenti che oggi studiano a Predappio. Il fascismo non è stato purtroppo soltanto Salò, ma una malattia che ha rovinato i nostri padri e i nostri nonni. Gli ultimi a sentenziare dovremmo essere noi. Proprio Carlo Ginzburg ha di recente ricordato, a noi storici ebrei che siamo soliti trarre motivo di vanto dagli arresti torinesi del ’34, che l’effetto prodotto da quella retata non fu il moltiplicarsi delle adesioni alle idee dei fratelli Rosselli, ma la nascita de “La Nostra Bandiera”.

Infine una curiosità per così dire gladiatoria sulla frase reetwittata da Donald Trump.

Nel 1923, visto il successo della frase celebre "meglio un giorno da leoni che cento da pecora", il proprietario di un noto circo fece dono al Duce di un cucciolo di leonessa. Mussolini tanto felice lo portò a casa chiamandolo "Italia". Ma la fiera non profumava, suscitando le rimostranze della governante, l'agguerrita signora Cesira, che convinse Mussolini a riportare il felino in uno zoo di Roma. Il leone Italia aveva però ferito il cuore di Benito, che andò a trovare il re della foresta per l’intero ventennio. Le sue pose fotografiche con Italia, divennero molto popolari anche negli Stati Uniti. Si racconta che un giorno, rientrando a Palazzo Chigi dopo una visitina allo zoo, si annusò le mani esclamando: "Odoro di leone". Cosa che certo non potrà dire Donald Trump.


The lion of Mussolini and sheep of Donald Trump - Alarms! Alarms! To arms siam Trumpisti terror of clintonisti ... the march with 'cheerleader' girls opening rallies at every stage of the election campaign of Donald the Red, the Republican who is inflaming the American primaries, could be ready and recorded in studio after what happened at the end of February with the bombastic output Mussolini sauce Republican leader who has done a tweet and got millions of like with the famous words of the Duce "better to live one day as a lion than 100 days in sheep's clothing." To give more force to the propaganda plan, apparently so well thought out, completely turned to the conquest of the majority consent winking at every minority, even those politically incorrect, in times of social and political 2.0 simply use the famous phrase or the identifying motto pronounced by the most well-known historical figure of a specific community, perhaps starting by the very Italian, so much more prone to the charm of the good old days of Italy and Mussolini's imperial. What is certain is that the return of Mussolini, and with him the political, historical and cultural image in the United States today, so far so markedly characterized by the prevalence of Italian food, pizza, fettuccine all'Alfredo, Brunello di Montalcino and Parmigiano Reggiano, which happens more with beautiful diplomatic phrases heard in the White House in the recent visit of the President of the Republic, those of the 'democratic' Sergio Mattarella that addressing Obama had remarked that "there is ancient friendship between the US and Italy which also goes to the roots of our national unity, it has developed over time and for seven decades is very narrow, full of collaboration, important moments ", in the deafening media environment of the clash between Trump and Hillary Clinton. Then not so much concealed and there is also all the more because the sentence quoted by Trump, with his typical and 'sustainable' Lightness, could indicate the emergence, even in the homeland of democracy to Tocqueville, the nefarious and diffusive weeds of historical revisionism, belligerently active on the internet, which helps to weaken the matrix of truth and identity antifascist, sweetening the same memory of the ideological values ​​born since World War II, under the banners of freedom and rejection of all forms of totalitarianism Nazi. Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo.