MALEDETTO ERASMUS. Una meravigliosa follia finita in un tragico week-end

Sui loro tablet, sui telefonini e le fotocamere tascabili, alcune istantaneamente già pubblicate sulla pagina del proprio diario social, ci sono i momenti indimenticabili di una giornata bellissima, al ritorno da una gita organizzata dall’Erasmus student network di Barcellona. Le stesse immagini, adesso straziate e bagnate dalle lacrime di genitori, parenti, colleghi e amici di una festa di vita e di allegria, stendono un velo opaco davanti agli occhi di tutta Europa, tranciando di netto il confine che separa il sorriso e la realtà, l’allegria e il pianto, la vita e la morte. Restano i ricordi dei giorni luminosi come quadri appesi nel cuore triste e desolato delle loro tanto amate e agognate stanzette. Las Fallas di Valencia, la più rumorosa festa di Spagna, grandiosa e spettacolare, con la sua ultima notte in cui vengono bruciate le gigantesche maschere di cartapesta, dando sfogo tuonante ai fuochi d'artificio e ai divertimenti per strada fino al mattino, resterà per sempre lo sfondo buio in cui è finito il dolcissimo e umano sogno di queste ragazze davvero sfortunate. E come nel senso tragico delle parole del lutto e della consolazione, quelle dei poemi antichi studiati sui banchi di scuola, su quest’Erasmus che infini lutti addusse ai giovani della vasta comunità universitaria europea, verrebbe solo da scrivere, di fronte al destino tragico di queste nostre straordinarie e indimenticabili ragazze italiane, martirizzate dal destino che ne ha spezzato la vita, frantumandone l’impegno nello studio e il desiderio della conoscenza, “maledetto Erasmus” che ti ammalia e poi ti lascia, ti prende e poi ti abbandona, ti stordisce nell’entusiasmo del viaggio e poi ti sveglia nella solitudine del mondo. Ma proprio perché Erasmus non può essere considerato alla stregua di un paradiso che si può improvvisamente tramutare in un inferno, l’avvenire di tante studentesse e di altrettanti giovani non può essere lasciato nel tremendo bordo di un’autostrada dove si sono ancora una volta scontrate la loro smisurata e ‘folle’ passione per la vita e la sempre attuale incombenza del rischio, fino all’estremo del gelo della morte. Sotto il colpo di questo ennesimo shock, è necessario stabilire con maggiore certezza quanto fino ad oggi è stato fatto per tracciare un limite più certo, razionale, civile e plausibile, su cui strutturare un grado minimo di sicurezza, concretamente misurabile nel monitoraggio e nella sorveglianza dei pericoli e dei rischi specifici e insiti in questo delicato programma internazionale. Lo si deve fare al più presto anche perché si resta agghiacciati, perplessi e basiti a ripassare in rassegna e inquadrare in serie storica anche questo più recente episodio nel complesso delle tante scene e delle numerose sequenze luttuose, persino l’accaduto di famosi casi criminali, che si sovrappongono su questo importante modello di scambio educativo conosciuto con il nome ‘Erasmus’ (acronimo di European Region Action Scheme for the Mobility of University Studente) che prende titolo dall'umanista e teologo olandese Erasmo da Rotterdam.


_vitobarresi@CambioQuotidianoSocial


Si resta scossi, perplessi, impressionati osservando come ancora oggi gli enti gestori, le università stesse, non abbiamo redatto alcun dossier specialistico e approfondito sui rischi e sui pericoli dell’Erasmus. Manca un elenco e una mappatura selettiva e accurata di accadimenti e fatti negativi, tanto più necessaria soprattutto in una fase difficile per la ‘famiglia’ mondiale, contrassegnata da guerre, terrorismo, minacce di vario tipo e natura che si stagliano sull’orizzonte della convivenza sociale in un quadro sempre più agitato e sommosso da cui certamente le università europee non si possono dire estranee.

Anzi vi è di più che dal punto di vista corografico e topografico esse stesse sono quasi tutte situate nei centri urbani delle principali capitali europee, presentandosi molto spesso non già come oasi monastiche di studio e tranquillità ma come possibili obiettivi sensibili, altrettanto, se non forse di più, di un qualsiasi aeroporto che gode, al contrario, di smisurate misure di sicurezza.

E poiché non si può restare in bilico tra il bene e il male, tra la persistenza di qualche errore e le soluzioni giuste che non si trovano, occorrerebbe approfondire la conoscenza del vero contesto e del paesaggio umano in cui si svolge l’impresa Erasmus per le nuove generazioni.

Vale a dire ascoltare e conoscere tutte quelle storie che raccontano come accanto al lato favoloso questi ragazzi si scoprano molto spesso dei veri e propri viaggiatori solitari tanto che come si legge nei loro report che si trovano in rete: “il mio erasmus non è stato proprio tutto rose, fiori e susseguirsi di eventi gioiosi, anzi... Quando mi chiedono “com’è andata in erasmus” rispondo sempre “è stato contemporaneamente il periodo più bello e brutto della mia vita”; oppure questa in cui si racconta come “in un attimo mi sono ritrovato a raccontare l’esperienza dell’Erasmus ai posteri. Se devo essere sincero, sono una di quelle persone che ha aderito al bando Erasmus con relativa leggerezza, semplicemente non riuscivo a immaginare quale incredibile esperienza mi aspettava. Fino al 7 di febbraio non ero riuscito a mettermi nel giusto ordine di idee... La mia testa era ancorata sulla routine, l’ultimo appello d’esame il 4 febbraio prima di partire, due lavoretti da finire alla svelta, burocrazie di vario tipo da terminare, più le solite mille cose. Mi ero "svegliato" all'ultimo minuto, un paio di giorni prima della partenza, quando dovevo preparare le valigie. Portare solo il necessario e l'essenziale non è stato facile, fotocamera con le due ottiche più leggere che avevo, la melodica (strumento musicale da sempre mio compagno di viaggio, alla fine è stata la cosa più utile, poi lo spiego...) e il computer portatile quasi da soli riempivano i 10 kg del bagaglio a mano. Restavano 15kg di bagaglio in stiva per vestiti e asciugamani, ma si sono rivelati sufficienti. Per vari motivi sono dovuto tornare in Italia due volte durante i 6 mesi e ne ho approfittato per riportare a casa giacca e felpe invernali."

Da questi account passare a manifestare e a soffrire varie sindromi di tipo psicologico e di adattamento, a subire seriamente lo stress, sentirsi soli, in un’altra nazione, talvolta anche con problemi grandi, il passo è talvolta più breve del prevedibile.

La situazione di malessere vissuto quando si "torna sotto le coperte" o la diffidenza nei confronti degli altri e la difficoltà a respirare quando poi è uscita sono con ogni probabilità la concretizzazione di una condizione di disagio psichico non sempre preesistente alla partenza per l'Erasmus tanto che qualcuno scrive a tal proposito che “purtroppo, è stato un semestre terribile: non sono riuscita a conoscere nessuno, mentre gli altri si divertivano, io ho passato la maggior parte del mio tempo a studiare e sono uscita fuori con altre persone (oltre il mio ragazzo) solo poche volte. Inoltre, non sono stati attivati i corsi che l'università aveva promesso nell'accordo, quindi sto seguendo dei corsi su argomenti che sono stati diffusamente trattati l'anno scorso e i professori sembrano quasi infastiditi quando cerchiamo di capire quel poco di nuovo che facciamo e vogliamo delle spiegazioni/approfondimenti.”

E infine torna struggente l’ambivalenza tra la meravigliosa follia dell’Erasmus la stessa del grande visionario di Rotterdam con le sue eterne e costanti ambiguità, con le sue folli promesse, ma foriere, dietro la maschera scherzosa, di una sola verità che è la gravità del vivere, magari nascosta alla ignara Giovinezza come quando si scrive: “sono all'estero per un Erasmus e l'esperienza che sto vivendo è bellissima, ma mi trovo a dover lottare con me stessa per il mio carattere non facile. Molte volte scoppio a piangere perché mi sento bloccata rispetto all'università. Questo perché lontano da casa non mi sento tranquilla a fare le mie cose. È un ambiente che non mi permette di stare concentrata nei miei obiettivi e perdo giornate a distrarmi inutilmente. Ma non è solo questo che mi blocca: sono convinta che gli esami e i lavori scritti andranno male e i miei voti faranno schifo. Stando qui la mia autostima è calata enormemente. Spesso penso che io non sia in grado di fare niente e che sempre gli altri abbiano le capacità di superare con ottimi voti gli esami. Mi sento sempre più da meno rispetto agli altri. Questi problemi non li avevo in Italia e le cose ero in grado di farle benissimo ed ero contenta qualunque voto prendessi. Qui invece mi sento persa e mi sembra di non riuscire a combinare niente. Ci sono delle mattine in cui mi sveglio e piango, come se fosse la soluzione ai miei problemi. Poi sento spesso la mancanza dei miei genitori..se fossero qui sarebbe tutto più semplice e mi sentirei più tranquilla e motivata. Non trovo il modo di uscire da questa situazione, questo stato d'animo che mi rovina la bella esperienza che sto facendo.“


The Wonderful madness Erasmus vanished at once in a tragic weekend of celebration and joy - On their tablet, on mobile phones and pocket cameras, some instantly already published on the company's own diary, there are the unforgettable moments of a beautiful day, after returning from a trip organized dall'Erasmus student network of Barcelona. The same images that now torn and wet from the tears of parents, relatives, colleagues and friends of a lifetime celebration and joy, stretch an opaque veil before the eyes of all Europe, slicing cleanly through the border between the smile and the reality , joy and tears, life and death. Remain the memories of bright days like paintings hanging in the sad and desolate heart of their beloved and coveted small rooms. Las Fallas in Valencia, the most noisy party of Spain, grand and spectacular, with her last night when they are burned the giant papier-mâché masks, giving vent thundering fireworks and entertainment street until morning, will remain always the dark background where you finished the sweetest and human dream of these girls really unfortunate. And as in the tragic sense of the words of mourning and consolation, those of ancient poems studied at school of quest'Erasmus that infini grief brought upon the youth of the large European university community, would only be written, before the tragic fate of these our extraordinary and unforgettable Italian girls, martyred by the fate that has broken life, shattering its commitment to study and desire of knowledge, "cursed Erasmus" that fascinates you and then leaves you, takes you and then leaves you, you stun in the enthusiasm of the trip and then wakes you up in the loneliness of the world. But just because Erasmus can not be regarded as a paradise that you can suddenly turn into a hell, the future of many students and many young people can not be left in the tremendous edge of a highway where they collide and the immeasurable ' crowds' passion for the lives of these children and the ever present task of the risk to the extreme of the chill of death. Under the blow of this latest shock, it is necessary to determine with greater certainty what until now has been done to draw a more reliable border, rational, civil and plausible, which structure a minimum degree of security, concretely measurable monitoring and surveillance of dangers and the risks specific and inherent in this delicate international program. It must be done as soon as possible because it is horrified, baffled and stunned to repass browse and also to frame this most recent episode in the overall context of the many scenes and many mournful sequences, even what happened in the famous criminal cases, which overlap on the history of this important educational exchange model known as 'Erasmus' (acronym for European Region Action Scheme for the Mobility of University Student) who takes his title humanist and Dutch theologian Erasmus of Rotterdam. _vitobarresi@DirettoreCambioQuotidiano