CAMBIO | GIANMARIA TESTA. Ritratto sonoro dell’uomo a vapore

È un giorno triste per me. Era iniziato tutto bene, c’era il sole e questa era già una grande notizia. Poi è arrivato il messaggio di un’amica: è morto Gianmaria Testa. C’eravamo ripromesse di andare al suo primo concerto dopo la malattia, invece ci ha ingannate così, senza dire nulla. Avevamo già partecipato a uno dei suoi concerti ‘Solo dal vivo’, durante il quale lei non aveva mai smesso di cantare mentre io le davo gomitate sulle coste per farla tacere. Tra il pubblico c’era anche il mio compagno cantautore, il che rappresentava un altro evento, visto che l’unico concerto cui abbia assistito da quando lo conosco è stato quello di James Taylor. Eravamo lì a pochi metri da lui, molto timido e schivo, uno che canta trattenendo le parole in gola, quasi avesse il timore di invadere troppo la tua sfera personale. Ogni tanto si gustava un sorso di vino bianco, ci raccontava qualcosa sul pezzo che stava per cantare e tra le righe qualcosa di sé. Ho sempre trovato buffa l’idea di vederlo vestito da ferroviere, un po’ come quando cerco di immaginare il mio compagno vestito da metalmeccanico in mezzo alla polvere di ferro in attrezzeria. “Le sue canzoni vengono dai turni di notte, sono piene di veglie sopra il sonno degli altri, sono della stessa materia del sonno perduto, in sostituzione dei sogni. Chi è stato nei turni di notte, chi ha avuto salario pagato dall’obbligo d’insonnia, si appoggia con più forza sopra il gomito mentre le ascolta.” dice Erri De Luca riferendosi a Gianmaria Testa, e forse capisco la vicinanza tra il ‘mio’ cantautore e il ‘suo’.


di Patrizia Muzzi


Strana razza i cantautori. In questi anni ne ho conosciuti parecchi, famosi e non, ma sono tutti uguali: che studino ingegneria o vendano contratti per la TIM, che fresino o soffino in un fischietto lasciando passare i treni, che siano scappati da casa a 16 anni per suonare il violino in mezzo a una strada o facciano gli psicologi, hanno tutti una sorta di demone che li spinge verso la ricerca della propria verità. Li ho visti soffrire, ubriacarsi fino a star male, li ho visti innamorarsi ogni giorno di una persona diversa, tradire, li ho visti suonare in mezzo alla strada con il gelo, li ho visti faticare ad arrivare a fine mese e decidere comunque di suonare gratis in certi locali pur di farsi ascoltare, li ho visti rinunciare e poi ricredersi, perché il proprio demone li inseguiva comunque. Non sono quelli che si prostituiscono per una facile gloria. Sono quelli che non possono fare a meno di dirci cosa sentono nel profondo. Per fortuna ne ho visti anche emergere e vivere sereni: credo che Gianmaria Testa fosse uno di questi, mi consolerebbe. Una delle ultime immagini pubbliche lo ritrae abbracciato a Erri De Luca, accusato d’istigazione per delinquere, dopo l’assoluzione nel processo TAV. Da pochi giorni Gianmaria Testa aveva saputo della propria malattia ma l’aveva messa in un cassetto per essere vicino al proprio amico fraterno, ‘apolide come lui’.

“E’ un uomo a vapore Gianmaria Testa, una locomotiva d’altro secolo, viene da un coro che si è sbriciolato e l’ha lasciato solo a continuare. Canta la fermezza del disertore di Boris Vian da soldato di guerre perdute, perché i soldati le perdono tutte. Canta mongolfiere, carezze, migratori, chisciotti, uomini e donne al riparo improvviso di un amore, canta pure quando solo parla, legge una pagina che gli è stata cara.

Esiste una musica odierna ultraleggera, più dell’aria, come i gas inerti coi quali si gonfiano palloncini. E poi esiste una musica che dà peso al vento e gli fa riempire le chiome degli alberi e delle donne. Gianmaria fa questa.” Erri De Luca.