"La ricostruzione della Cattedrale è stata un''opera compiuta' del nostro Mezzogiorno perché effettuata nei tempi e nei modi propri di una cura adeguata. Per questo la pensiamo simbolica di una più ampia ricostruzione, che fa pensare a possibili cammini di liberazione per il nostro Sud". Lo afferma il vescovo di Noto, Antonio Staglianò, in un messaggio al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. "Nell'odierna 'consegna' della Cattedrale - aggiunge mons. Staglianò - colgo un triplice significato: c'è un modo di essere Stato e di essere Chiesa maturato nella nostra storia come una grande opportunità di crescita del Paese; c'è un segno di bellezza, incastonata in un prezioso poliedro di virtù; c'è un motivo di speranza per il nostro Sud". Mons. Staglianò è conscio che "restano certo gravi i problemi, a iniziare da quello drammatico della disoccupazione, ma - sottolinea - li vogliamo affrontare con quella lucidità e lungimiranza che la bellezza dei monumenti e della vita alimenta. Nella consegna della cattedrale c’è un modo di essere Stato e di essere Chiesa maturato nella nostra storia come una grande opportunità di crescita del Paese. Stato e Chiesa hanno collaborato per riconsegnare a tutti un monumento, che è al tempo stesso la cattedrale di questa chiesa netina e un elemento importante di un più ampio composito urbanistico. Celebriamo oggi il migliore Sud che alza la testa, si mette insieme, coltiva speranza, accoglie i migranti: li accogliamo a casa nostra con il progetto 'Rifugiato a casa mia', rispondendo all’appello di Papa Francesco … Li accogliamo per generare umanità nuova nella convivialità delle differenze, della mensa comune. Restano certo gravi i problemi, a iniziare da quello drammatico della disoccupazione, ma li vogliamo affrontare con quella lucidità e lungimiranza che la bellezza dei monumenti e della vita alimenta. Ritrovando nella cultura e nell’arte, non una parentesi alienante, ma la possibilità di elaborare tutto e tutto ripensare in prospettiva”.
Mons. Antonio Staglianò Vescovo di Noto
La Cattedrale di Noto è innanzitutto espressione dell’identità religiosa e dell’unità territoriale della Diocesi di Noto, sua principale e originaria casa di preghiera. La sua ricostruzione – che ha coniugato le tecniche costruttive settecentesche con le più moderne tecnologie nel campo dell’ingegneria antisismica – e le opere d’arte che ne costituiscono il contenuto possono considerarsi il simbolo di una comunità diocesana, viva e creativa, che ritrova se stessa attorno al suo Vescovo. Le nuove opere d’arte, di recente inaugurate (affreschi raffiguranti gli evangelisti e la pentecoste, altare, ambone), rappresentano al meglio l’essenza della Cattedrale, luogo di azione sacramentale, dove i presbiteri in comunione con il proprio Vescovo invocano i doni dello Spirito Santo, annunciano il Vangelo della carità e celebrano il mistero dell’Eucaristia per la santifi- cazione dei fedeli.
In essa sono in atto decorazioni artistiche destinate a far risplendere la bellezza cristiana che dobbiamo vedere nell’umanità dell’uomo, che vive l’amore corporeo di Cristo come passione per i bisogni dell’altro, soprattutto del più povero. Dentro la Cattedrale la vera bellezza si consuma sull’altare che è Cristo stesso che si dona. Per questo dobbiamo impegnarci ad avere occhi per la vera bellezza, che si comunica anche attraverso quella visibile. Questi occhi sono quelli della fede che, convertiti dalle ferite interiori del cuore, si aprono a contemplare un mistero che, attraverso immagini, continua a parlarci. Pertanto, la Chiesa di Noto nella Cattedrale si avvarrà dell’arte per trasmettere alla comunità diocesana guidata dal suo pastore il messaggio affidatole da Cristo (cfr. Giovanni Paolo II, Lettera agli Artisti, n. 12), stringendo nel sacro tempio un forte nesso tra celebrazione liturgica, Eucaristia, che è la forma alta della bellezza umana, e vissuto concreto. Diversamente, l’estetica degli affreschi o dei riti liturgici e dell’altare stesso diventa estetismo e questo potrebbe anche anestetizzare l’esperienza della fede. Invece, la bellezza del- l’immagine più che estetica è estatica, ovvero porta all’estasi, alla contemplazione piena di meraviglie di un Dio che è così buono, che è Padre, che è misericordia e che richiede lo stesso im- pegno di misericordia, di carità e di vicinanza anche da noi, fatti a Sua immagine e somiglianza. Nella nostra Cattedrale le opere d’arte, attraverso l’energia comunicativa delle loro forme e dei loro colori, dovranno consentire l’incontro con il bello, costituendo un’occasione per immerger- si in una delle forme più alte e significative della via della fede che nella bellezza trova la sua espressione. In tale ottica la Cattedrale vuol proporsi come tappa importante della via pulchri- tudinis indicata da Papa Benedetto XVI (cfr. Benedetto XVI, Discorso agli artisti nella Cappella Sistina, 21 novembre 2009), una via della bellezza che costituisce al tempo stesso un percorso artistico, estetico, un itinerario di fede e di ricerca teologica; una via aperta ai credenti e agli artisti in cui si possono incrociare “estetica ed etica, bellezza, verità e bontà”.
La Cattedrale di Noto è un cantiere aperto, un edificio vivo e dinamico sia nelle forme che nei contenuti, uno spazio simbolico e reale dove più mani concorrono ad un unico progetto. Infatti, la ricostruzione architettonica, che ci ha restituito le forme e i volumi del XVIII secolo, ancorando lo stupendo edificio di arte barocca alla tradizione e al vissuto settecentesco, si sta coniugando da un lato con le esigenze di vivibilità liturgica e con i necessari adeguamenti dettati dal
13dinamismo del presente e dall’altro con un programma iconografico e cultuale, concepito come un sistema complesso, ma unitario allo stesso tempo. Si potrà così offrire una icona complessiva, composta da molteplici opere d’arte (di tipologia, fattura e tematiche differenti), che conduce al- l’ascesi religiosa e alla contemplazione mistica di una visione che, nella logica dell’incarnazione, pone al centro Cristo crocifisso e risorto. In tale sistema coesisteranno opere d’arte di fattura ed epoche diverse: accanto a quelle recuperate e restaurate dopo il crollo (testimonianze della sen- sibilità artistica e religiosa della cultura siciliana, tra i secoli XVIII e XX, nuove opere d’arte con- temporanea completeranno il ciclo iconografico realizzando così un continuum tra la tradizione e il presente.
Le nuove opere, in parte già realizzate, saranno espressione di variegate forme di arte contem- poranea: dalle sculture (l’altare e l’ambone, il Crocifisso, le statue raffiguranti gli Apostoli e i Santi Patroni d’Italia) alle pitture (affreschi dei pennacchi e della cupola, progetto di decorazione del catino absidale e successivamente della volta centrale, tele della Via Crucis) e alle vetrate (nel tamburo della cupola, nei transetti e nella navata centrale); quest’ultime, in particolare, saranno determinanti non solo per mettere in rilievo il simbolismo della luce che guida i fedeli nel pellegrinaggio terreno verso la santità, ma anche per sottolineare con le loro raffigurazioni sia la sacramentalità della Chiesa sia fulgidi esempi di testimonianze di santità. Nella Cattedra- le queste molteplici espressioni artistiche andranno attentamente viste e contemplate, in quanto proprio la contemplazione, che Aristotele pone come massima attività umana, apparenta gli uo- mini alla divinità. Queste immagini, secondo la visione cristiana, vengono recepite come epifa- nia, rivelazione del divino nel nostro mondo, della verità che nell’incarnazione ha preso forma umana ed è divenuta bellezza; una bellezza che occorre riconoscere ed amare: “Tardi t’amai, bel- lezza tanto antica e tanto nuova” (Agostino, Confessioni, libro X).
Fondamentale si rivela poi la scelta di una pluralità di artisti (pittori, scultori, maestri vetrai, ecc.) di estrazione e provenienza differente, che costituisce occasione di incontro e confronto tra capacità artistiche e culture diverse. Operando insieme in un unico progetto iconografico-cate- chetico, questi si ritrovano a Noto e ripropongono la Sicilia come centro di un Mediterraneo, cro- cevia di tante culture, come nei secoli è sempre stata.