JHERONIMUS BOSCH. Avidità e miseria umana nell’opera di un genio visionario

PATRIZIA MUZZI
Cambio Quotidiano Social Online


Ogni tanto capita di fare una follia, in questo caso il mio compagno ed io abbiamo deciso di regalarci un viaggio a Den Bosch. Prima abbiamo preso un aereo per Düsseldorf poi un bus navetta per Eindhoven, dove abbiamo pernottato, e il giorno seguente siamo saliti su un treno intercity che ci ha trasportati nella cittadina di ‘s- Hertogenbosch (o Den Bosch) nella regione del Brabante. ‘Chissenefrega’ direte voi, e se non v’interessate d’arte forse avete anche ragione, ma abbiamo avuto il privilegio di assistere ad un evento che il Times ha definito ‘A once-in-a-lifetime show’ e il Guardian ‘One of the most important exhibitions of our century’, ovvero la mostra dal titolo: ‘Jheronimus Bosch - Visions of genius’. A 500 anni dalla morte, più di 80 tra le sue opere sono tornate nella città dove Bosch è nato e vissuto e dove sono state create. Scendendo dal treno siamo entrati subito in contatto con l’atmosfera di questa piccola città. Mentre il mio compagno fotografava draghi dorati (Game of Thrones?), mi sono fermata a parlare con due simpatiche signore reclutate come volontarie per distribuire guide e dispensare informazioni ai turisti meno preparati (ne abbiamo viste in diversi punti strategici della città). Ho scoperto subito che Bosch non si pronuncia con la ‘sc’ bensì ‘boss’ con la bocca a culo di gallina, noi siamo abituati a pensarlo alla tedesca. Per i più squilibrati di mente come me che pescano nel torbido, dirò anche che il nome della città significa ‘bosco del duca’. Le arzille nonnine mi hanno regalato guide e mappe da cui ho preso subito spunto per seguire un percorso attraverso vicoli e canali, nei quali erano nascoste piccole e grandi soprese come alcune statue che riproducevano i folli animali del bestiario di Bosch. Mi sono sentita immediatamente parte di un film ambientato nel medioevo potendo godere del silenzio e del cinguettio degli uccellini. L’unico rumore era causato dal raro passaggio delle imbarcazioni nei canali. A Den Bosch non si perde neanche un bambino, però gli organizzatori sono stati previdenti e hanno pensato di sistemare alcune indicazioni in armonia con il paesaggio. Le cittadine del nord pare si sveglino tardi, i negozi aprono verso le dieci e il mio compagno che ultimamente è diventato filospagnolo ne ha approfittato per bere un caffè in un locale inequivocabilmente ispirato alla Spagna, anche se il proprietario mi ha confessato, abbassando lo sguardo, di essere ‘completely Dutch’.


Vetrofanie che richiamavano elementi dei dipinti erano esposte sulle vetrine dei negozi (incluso McDonald’s) ed era facile trovare i souvenir inerenti alla mostra-evento anche fuori dal museo. Proseguendo la camminata attraverso la città abbiamo attraversato giardini con gufi di creta appollaiati sui rami, strane giraffe, gnomi che ti guardavano dalle sponde dei canali, uomini che spuntavano da uova giganti in mezzo all’acqua, passerotti grandi come cani. Siamo entrati poi nella magnifica cattedrale gotica di San Giovanni, di cui Bosch ha disegnato le pale dell’altare e sembra abbia contribuito alla realizzazione di diversi elementi decorativi.

Proseguendo la scoperta di Den Bosch siamo arrivati nella piazza del mercato, dove Bosch ha vissuto (accanto alle macerie di una casa collassata a febbraio per cause sconosciute). Un simpatico mercatino dove poter acquistare cappelli da aviatore, mazzetti di tulipani e formaggi, riempie piazza Markt durante il giorno. Anche a Den Bosch esiste una little Italy (molto molto little): nel locale ‘Tina Pica’ si possono gustare burrata, spaghetti, bucatini e saltimbocca.

Il biglietto per la mostra andava rigorosamente prenotato via internet e, armati del nostro pezzo di carta, finalmente entriamo nel museo. Ci accoglie un video introduttivo su maxischermo e si passa alle opere. Unico neo: c’è un po’ troppa gente per i nostri gusti e facciamo la fila per vedere da vicino ‘La nave dei folli’, devo dire che ne valeva la pena. La prima parte della mostra, che si articola in sezioni tematiche, s’intitola ‘Il cammino della vita’: noi siamo i pellegrini e il diavolo dissemina le sue trappole dappertutto, sta a noi ogni giorno scegliere tra il bene e il male. Bosch fotografa l’avidità e la miseria umana senza alcun pudore e tutto quello che rimanda è assolutamente attuale. Si prosegue con ‘Bosch a ‘s-Hertogenbosch’: verso il XV secolo la cittadina conobbe una rinascita economica e fu proprio in quel periodo che Bosch iniziò a creare in modo diverso da tutti i suoi predecessori.

Avendo visitato Den Bosch per mezza giornata, i paesaggi nei dipinti mi sembrano familiari. Le opere coperte da una teca di vetro si possono quasi toccare e scopri Bosch nei dettagli oltre che nella sua folle genialità. Inaspettatamente, sul retro di un’opera scopro un Bosch ‘in grigio’ capace di ricreare ambientazioni lunari senza averle mai viste, da cui spuntano figure quasi disneyane. Si continua il percorso con ‘La vita di Cristo’: un movimento religioso chiamato Devozione Moderna richiama nuovi fedeli e si traduce la bibbia in olandese. Bosch coglie l’essenza di quel periodo. Nei suoi dipinti si possono intendere diversi livelli di lettura.

In una sala a parte si svela ‘Bosch come disegnatore’: Bosch considerava il disegno una vera e propria forma d’arte. Tra i numerosi disegni presenti nella mostra, ‘Paesaggio infernale’ non è mai stato esposto al pubblico. Penultima tappa i ‘Santi’: culto in voga all’epoca. Bosch si inserisce in questo caso nel solco della tradizione esistente.

L’ultimo tragitto ci accompagna verso ‘La fine dei tempi’: l’inizio della vita e della morte eterne. Cristo separerà i buoni dai cattivi e Bosch ci domanda quale strada stiamo percorrendo. E qui purtroppo finisce la visita.

Non posso trattenermi dal desiderare di portare via con me un pezzetto di Bosch per ricordo che subito il mio desiderio è esaudito. Nel negozio collocato al termine della mostra trovo gadget e libri di ogni tipo. Con lo stesso biglietto avremmo potuto avere accesso anche a una seconda mostra a lui dedicata, ma Jheronimus Bosch aveva già colmato ogni vuoto. Presa dall’entusiasmo ho ringraziato le persone che lavoravano nel museo come se fossero state loro a dipingere quelle opere.

Come promesso, è stata davvero un’esperienza unica. La mostra terminerà l’8 di maggio ma decine di eventi attendono i visitatori per tutto il 2016. Bosch sarà celebrato con una serie di eventi che includono spettacoli circensi, danza, musica, proiezioni sulle facciate dei palazzi, mostre, visite guidate.

L’arte è cultura e fa circolare il denaro. Non ho in mano i dati ma sono certa che il bilancio sarà positivo, anche dopo 500 anni. In aereo scopro con piacere che altre persone hanno avuto la nostra stessa idea, perfino coppie di signori attempati. Al rientro mi gusto il clima più mite di Bologna e intravvedo San Luca sulle colline in fiore. Sono felice di avere visitato una nuova città, di avere conosciuto gente così simpatica, fiera della propria identità e nel contempo capace di aprirsi al mondo. Sogno che i turisti stranieri possano rientrare nei propri paesi di appartenenza felici per un’esperienza simile vissuta in Italia e che non vedano l’ora di ritornare. Chissà…

Se avete perso l’occasione di gustare la più importante retrospettiva su Bosch in Olanda non dovete temere: avrete la possibilità di recarvi al Prado di Madrid dal 31/5 all’11/9 del 2016.