VITO BARRESI
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Quel che resta del tragico incidente nucleare di Chernobyl è forse più l’effetto immagine che non una reale e forte presa di coscienza dei governi e dei grandi capitalisti dell’energia atomica di abbandonare definitivamente questo tipo d’industria nucleare. Milioni di fotografie, chilometri di pellicola cinematografica scattate e girate nel corso di trentanni, nella regione di Chernobyl, in Ucraina dopo l'incidente al reattore nucleare del 26 aprile 1986 ancora non bastano a determinare una scelta di trasformazione energetica che pure è segnalata non da osservatori e tecnici di parte ma ormai da ricerche ampie e approfondite sugli impatti da parte dell’intera comunità scientifica internazionale. A prima mattina, polveri e detriti radioattivi mescolati e trasportati dagli andamenti climatici e metereologici si sono diffusi su tutta la terra e nel resto d'Europa, la città di Pripyat fu evacuata, fu recintata una zona d’esclusione di 40 chilometri intorno alla centrale. 50.000 abitanti ebbero solo un quarto d'ora per abbandonare le loro case, gli uffici, i luoghi pubblici, per fuggire via lontano lasciare. Ancora adesso un cerchio di silenzio chiude quei boschi che fanno da cornice a case e palazzi abbandonati. Ma anche a Pripyat qualcuno è tornato anche se lì nessuno potrebbe abitare nel mondo possibile del post-nucleare. Presentando un inserto speciale dedicato a Cernobyl, il direttore responsabile della rivista Nuova Ecologia, Paolo Gentiloni, scriveva che non si trattava “solo di un drammatico album di ricordi. E’ innanzitutto un documento impressionante della nostra impotenza di fronte alla tecnologia quando, come nel caso del nucleare, ne perdiamo il controllo. Le immagini di tute improvvisate e di bulldozer telecomandati, le cartoline di città morte per sempre, i racconti dei piccoli e sconosciuti protagonisti di quelle giornate ci dicono che tutto fu affidato al caso, all’inventiva, allo spirito di sacrificio. Non certo alla superiore razionalità dell’uomo. Ma un’altra caratteristica dell’inserto, forse meno evidente, va segnalata. Tutti i materiali foto e testi, sono made in Urss e circolano, più o meno liberamente, in Unione Sovietica. Il che è stupefacente, se si pensa che nei decenni scorsi su catastrofi analoghe sarebbe scesa una cortina di silenzio e che ancora tre anni fa ci vollero 80 ore per fare ammettere alla Tass con un comunicato di sei righe, che nella centrale ucraina c’era stata un’avaria. Oggi di Cernobyl e del suo futuro si occupano le riviste scientifiche e letterarie e discutono, polemicamente, i vari organi del regime. E lo stesso piano nucleare, intoccabile anche dopo quel 26 aprile del 1986, è ormai contestato non solo dai sempre più numerosi club ecologisti, ma anche da autorevoli scienziati. Alle volte, dunque, le cose cambiano molto in fretta.”
Si è voluto, non a caso, riportare qui questo passaggio non certo per fare l’esegesi delle opinioni di un importante giornalista ambientalista, all'epoca direttore responsabile dell’organo ufficiale della più importante organizzazione ecologista italiana Lega Ambiente, ma perchè il pensiero di Paolo Gentiloni, che ha ben saputo sviluppare e arricchire il proprio cursus honorum fino a raggiungere la carica di attuale Ministro degli Esteri, aiuta a rimarcare che proprio in Italia, che fu la nazione leader del fronte antinuclearista europeo, con un referendum di portata storica straordinaria, appena dopo Cernobyl, si scelse di rottamare definitivamente ogni opzione nucleare civile, per imboccare una prospettiva energetica diversa che, purtroppo (e qui ci sono le colpe e le responsabilità politiche di uomini che vanno in filiera da Mattioli a Chicco Testa, da Rutelli a Pecorare Scanio, ecc. ecc.) restò incompiuta e inattuata.
Per l’Italia il monito, l’attualità e l’importanza strategica del disatro di Cernobyl sta proprio in questa lunga disattenzione, persino in quella si potrebbe definire una smaccata strumentalizzazione dei sentimenti delle sensibilità ambientali degli italiani che, trasformate in utile fattore politico servirono per ben altri scopi e interessi di schieramento e di governo.
E poiché sarebbe ben contraddittorio che oggi gli italiani venissero a essere contemporaneamente, in maggioranza quasi unanime, vegetariani, biologici, vegani e nuclearisti appare evidente che nel frattempo qualcosa anche in Italia e non solo a Mosca è radicalmente cambiato non nelle mentalità dei cittadini ma in altri livelli meno trasparenti livelli della decisionalità pubblica e privata.
E cioè che il sentire delle classi governanti, della politica che conta nel suo complesso, insieme a quello di specifici gruppi capitalistici a carattere monopolistico e multinazionale, che puntano sull’intreccio tra politica, comunicazione ed energia, stanno oggi determinano i prerequisiti per riaprire la strada all’industria nucleare in Italia, intesa come un promettente mercato degli investimenti, dei multiservizi e delle utilità, foriero di aumenti incrementali di profitti e potere.
Il fatto che nel governo Renzi si trovino ministri tanto diversi e apparentemente inconciliabili come Galletti e Gentiloni, e fino a ieri la Guidi, figure che personificano una sorta di parità tra due opzioni tra loro opposte, induce a pensare che sul nucleare sia finito il tempo della sospensione del giudizio e che si stia andando, per altre vie apparentemente invisibili, verso determinazioni e decisioni di tutt'altro segno che quelle ecologiste.
In questo senso genera molte perplessità l’accorta tenacia con la quale, in perfetta copertura parlamentare, si sta portando avanti la riforma del Titolo V della Costituzione in cui si individuano le nuove competenze esclusive dello Stato tra le quali al comma V della proposta di revisione quelle attinenti a “Produzione, trasporto e distribuzione nazionali dell’energia”, che dà allo Stato il potere esclusivo non solo sulle trivelle e sui nuovi gasdotti, escludendo le Regioni nella deliberazione delle localizzazioni spettano solo allo Stato le «disposizioni generali e comuni sul governo del territorio; sistema nazionale e coordinamento della protezione civile»; idem (comma s) per: «Tutela e valorizzazione dei beni culturali e paesaggistici; ambiente ed ecosistema; ordinamento sportivo; disposizioni generali e comuni sulle attività culturali e sul turismo».
ITALY AFTER CHERNOBYL DIVIDED BETWEEN MINISTERS GENTILONI AND GALLETTI - The Remains of the tragic Chernobyl nuclear accident is perhaps more the image effect than a real and strong awareness of governments and large atomic energy capitalists to abandon this type of nuclear industry. Millions of photographs, motion picture film taken of kilometers and turn over thirty years, in the region of Chernobyl, in Ukraine after the nuclear reactor accident of 26 April 1986 still are not enough to determine an energy transformation choice which is also reported not to be observers and technical part but now by wide and extensive research on the impacts by the entire international scientific community. A first morning, powders and mixed radioactive debris and transported by weather patterns and meteorological have spread over all the earth and the rest of Europe, the city of Pripyat was evacuated, it was fenced an exclusion of 40 kilometers around the central area . 50,000 inhabitants had only a quarter of an hour to leave their homes, offices, public places, to escape far away to leave. Even now a silent circle closes those woods that are the framework for houses and abandoned buildings. But to Pripyat someone is back there, although no one could live in the world can the post-nuclear. Presenting a special insert dedicated to Chernobyl, the editor of the magazine New Ecology, Paolo Gentiloni, wrote that it was "only a dramatic album of memories. E 'above all an impressive document of our helplessness in the face of technology when, as in the case of nuclear power, we lose control. The improvised suits images and remote-controlled bulldozer, the city's death postcards forever, the stories of small and unknown protagonists of those days tell us that everything was left to chance, the inventiveness, the spirit of sacrifice. Certainly not the top man's rationality. But another characteristic of the insert, perhaps less obvious, must be reported. All photo material and texts, are made in the USSR and circulate more or less freely, in the Soviet Union. Which it is amazing when you consider that in the last decades of similar disasters would have dropped a curtain of silence and that even three years ago, it took 80 hours to make a statement admitting to the Tass six lines, which was in the Ukrainian Central It was a failure. Today Chernobyl and its future dealing scientific and literary magazines and argue, controversially, the various organs of the regime. And the same nuclear plan, untouchable even after that on April 26, 1986, is now challenged not only by the increasing number of ecologists clubs, but also by authoritative scientists. Sometimes, therefore, things change very quickly. " - VITO BARRESI Change Daily Social Online