VITO BARRESI
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"Ma come siete monotoni… mo me ne vado… che bel talento che sono io…io non ci tengo ne ci tesi mai … io sono molto ricercato…" Quel che avvenuto a Cosenza con l’abbandono del candidato a sindaco Lucio Presta voluto, protetto e bruciato da Matteo Renzi in una sola mano di poker, chi viene poi adesso avrebbe di che ben meditare o almeno da considerare sui gonzi del Bruzio e delle Calabrie. Che tutto sono tranne degli allocchi rimasti incantati dalle portentose ma dubbie arti magiche di un Genio dello Spettacolo Circense della Roma d’oggi. Lucio Presta come la lampada d'Aladino si è consumato in men che non si dica nelle grinfie oscure dei vari flibustieri della politica che circolano di notte nella selva bruzia come lupi affamati di potere, avidi di denaro, bramosi di prebende, un girone infernale dove si combatte con il machete per i posti davanti e in prima fila, s'ambisce come in una bassa corte imperiale, una sella curule con poltrona rossa e alto scranno istituzionale. Rivisto e rinarrato come fosse carne trita di polpetta data in pasto ai cani del sottobosco politico silano, presentato sul ridotto del Rendano (anche se la sala era un’altra, si dice Teatro della Tradizione, ovviamente, per un tocco di ‘picture show’), con voce recitante e vissuta camminata Dolce Vita, forse un poco attoriale e fin troppo Cinecittà, Lucio Presta sembra un personaggio mediocre della grande commedia romana di Ettore Petrolini. Una sorta di controfigura storica che fa riecheggiare le battute celeberrime di “Gastone son del cinema il padrone”, quando prosepiando illustra il suo curriculum vitae del nulla e del tutto in quanto ‘artista cinematografico, artista del varietè, chanteur, misèr, frequentatore di bar tabarin, conquistatore di donne a getto continuo, uomo che emana fascino, e una satira afferrata al bell’attore fotogenico, compunto, affranto, vuoto, stanco, senza orrore di se stesso”. In partenza dalla premiata fiaschetteria di Garbatella, pure di una certa somiglianza col nativo Giangurgolo, Presta che è tardi, venne spavaldo atterrando allo scalo di Lamezia in calabra tournee, perennemente affaccendato e scaltro, ostentando memorie d’orgoglio e d’italiche bellezze cosmopolite, d’una vita vissuta tra antiche veline in gonnella e nuovi attori del ‘minculpop’ renziano. La repentina toccata e fuga del novello Spartaco in marcia sulla via Popilia, che declamava al cospetto di Cosenza il suo proclama “miei fedelissimi vassalli delle tre Calabrie, da quattr’anni voi soffrite, ma rasciugate le lacrime, chè il Signore di Firenze nella sua infinita misericordia si compiace di restituirmi alle vostre braccia”, ci apparve subito, ci si permetta l’inciso, come una missione turistica e lunare nella selva silana, un allunaggio nel Mar della 'ndrangheta, concluso di fretta e di furia con un laconico e sanciopancesco comunicato sotto il titolo di un tengo famiglia che certo avrà pure i suoi privati presupposti ma pur cozzanti con le giustificazioni più congruenti richieste dal cursus honorum dell’assunzione di una fascia tricolore. Ed è per questo che nello scrivere si affacciano sulla tastiera illustri letterati di storia patria che forse potrebbero lenire i pesanti singulti di risate e d'allegria, suscitate a crepapelle, le scompisciate alla De Curtis, istintivamente generate inarrestabili come gli applausi automatici nei talk show televisivi firmati dalla sua ‘ditta’ omonima, le standing ovation del pubblico in delirio per le pecoreccie lectura danctis in prima serata, gli auditel spaccati sempre al supermilionesimo utente che tanto paga in bolletta l’intoccabile bianca e pura Mamma Rai. Insomma l’ingenuo sorriso nutrito di quella suadade che nessuno sa come spiegarti, dirti che cosa sia, misto di sconcerto, incredulità e cafonaggine di simili cimenti da magliari, per come purtroppo sono state quelle dell’ultima replica del carrozzone della vita è bella, tutta giocata tra le paillettes delle ministre Boschi, la suprema spezzatura dell’imperiale Presidente Renzi, che sceglie la politica dell’uomo magnetico per salvare il Dazio Comunale e la Giostra Vecchia, segnando un visto sul pluridecorato CV del Presta: “quante cose so fare io, io sono un inventore, un creatore, io discendo da una famiglia di inventori, di creatori. Mia sorella Lina, tutti lo sanno, Creò Lina, mia madre aveva il senso dell’economia sviluppato fino alla genialità, figuratevi io mi chiamo Gastone, lei mi chiamava Tone, Tone per risparmiare il gas… A me ma rovinato la guera, se non c’era la guera a quest’ora stavo a Londra, i londrini vanno pazzi per me... e quante cose so fare io…”
Altro che stile renziano e modello di rinascimento fiorentino. Rimediare una simile plateale figuraccia non è da tutti. Tanto abnorme fu lo stacco tra il virtuale del vip in carriera e il reale dello sprofondo sud da non parlarne punto, riservandoci di non chiosare né in citra né in ultra, rinchiusi nel silenzio del sommo sentimento che fa grandi le piccole cose nel teatro classico, sull’esordio sindacale ridicolo e patetico di una vera e propria maschera del teatrino dei pupi e dei pupari.
Tuttavia, anche se il galateo insegna che non fa superiore prova né bella impressione sorridere dei guai altrui, come in una vera e propria scalcinata telenovela messicana, i calabresi hanno avuto, restando stupiti e basiti, la rara occasione di non perdere il posto in platea o in galleria, per vedere il cabaret più intrigante e pettegolo dell’anno, una commedia atellana in dialetto osco, una tragediuola, certo non al rango del repertorio di Eschilo e Plauto, assistendo svogliatamente a una farsa mestamente e indecorosamente conclusa con la precipitosa fuga del Proconsole di Matteo Renzi, il vip calabro-romano Lucio Presta, che pure come si vede in video con tanto di grand giornalista addetto stampa e porta microfono (uno che toscaneggia ogni sera sulla tv degli anziani dove prima c'era Emilio Fede) parlava a voce alta di un chilometre di idee...
Prestato evidentemente per qualche ‘ragion di stato’ che s’ignora, alla consegna di certa politica d’abord, la sua repentina uscita di scena da un passaggio secondario di una corsia direzione Nord svincolo Piane Crati della Salerno Reggio Calabria, tinteggia colori sgargianti il carattere inquietante di quel ‘circo magico’ che circonda in una delle più disastrate regione d’Italia, il Presidente del Consiglio dei Ministri che arriva in Calabria proprio questo sabato per presentare le sue solite promesse, sarà anche costretto a mettere, con la retorica che ormai lo contraddistingue, una pietra tombale non solo sopra alla ingloriosa vicenda di un suo candidato di spicco in Italia ma anche all’altra grande fuga dell’impresa multinazionale statunitense, guidata da un italo-americano di Marcellinara in provincia di Catanzaro, che ha revocato in tronco un suo colossale investimento tra il Porto di Gioia Tauro e l’area industriale di Bari, comunicandolo direttamente a Renzi in quanto ministro ad interim dello sviluppo economico.
TOUCH AND RUN THE PROCONSUL LUCIUS PRESTA TO THE COURT OF MATTHEW RENZI - But as you look dull mo ... I'm going ... what a great talent ... I care not we ever thesis ... I'm very sought ... What happened in Cosenza with the abandonment of the candidate for mayor Lucio Presta wanted, protected and burned by Matteo Renzi in a single hand of poker, some of which is then now would do well to meditate or at least to consider the dupes of Bruttium and Calabria who have everything except the fools were enchanted by the portentous but dubious magic of a Genius Performing Circus of Rome today, revised and retold like ground beef into patties fed to the dogs of the political underworld silane, presented on reduced Rendano (although the hall was another, he says Theatre of Tradition obviously for 'picture show') with voice acting and lived walk Dolce Vita, perhaps a little actor too by Cinecittà, rehearsing in the mirror the unforgettable lines of the famous "Gastone I am the master of cinema" by Ettore Petrolini as' cinematic artist, artist of the variety show, chanteur, Miser, frequenter of bars tabarin, conqueror of a continuous stream of women, man who oozes charm, is a satire grabbed the handsome actor photogenic, pierced, broken, empty, tired, without horror of himself ", departing from the award winning wine shop of He garbatella well as some similarity with native Giangurgolo, came swaggering in Calabria tour. Perpetually busy and wily, flaunting of pride and memories of Italic cosmopolitan beauty of a life lived in ancient tissues in a skirt and new actors 'ministry official' renziano, the sudden hit and the novel Spartacus escape marching on Popilia, that recited in the presence of Cosenza his proclamation "my loyal vassals of the three Calabria, for four years you suffer, but rasciugate tears, thè Lord of Florence in his infinite mercy is pleased to give me back to your arms," there appeared immediately , we let the way, as the tourist mission in Sila forest miserably ended with a terse statement under the title of a family that i hold certain assumptions will have its private but still it must be said clashing with the most consistent justifications required by the cursus honorum public life in the assumption of a tricolor flag. And that's why writing overlook key illustrious literati of the country's history that perhaps could soothe heavy sobs of joy of belly laughs, the scompisciate at De Curtis, instinctively raised unstoppable as the applause in the television talk show signed by the 'company 'namesake, the standing ovation of the audience into a frenzy for Dantis readings, the always split auditel supermilionesimo the user who pays the bill untouchable and pure white mother rai. So the naive smile nourished than suadade do not know how to explain what it is, mixed bewilderment, incredulity and boorishness of similar ordeals as magliari for as unfortunately have been raised since the last replication of the bandwagon of life is beautiful , all played between the sequins of ministers Woods, the supreme dividing the imperial Florentine leader who chooses the magnetic man policy to save the duty and the Old City Tournament, scoring a visa on his highly decorated resume in hand: "how many things I know I do, I'm an inventor, a creator, I am descended from a family of inventors, creators. My sister Lina, all know, created lina, my mother had the sense of the economy developed until genius, imagine I call Gastone me, she called me Tone, Tone to save gas ... but I ruined guera, if not guera there was at this time I was in London, the londrini are crazy about me ... and how many things I can do I ... " VITO BARRESI Change Daily Social Online