Cari amici, buona domenica. Tempo strano, oggi, cangiante, traditore. Ma c'è silenzio fuori (è festa), e un senso di apparente serenità. In tanta quiete mi piace di solito il rumore del giornale, ma da un pò di tempo un'inquietudine nuova accompagna anche questo momento delicato. Leggo e sento aleggiare e farsi consistente una sensazione nuova, un senso di torpore strano che avverto come estraneo ma al contempo vivo, consistente e pericolosissimo. Quel torpore stantìo, pervasivo, esàngue, che è proprio dell'indifferenza. C'è aria di saturazione in giro, di troppo pieno, di tutto già visto, e a ben vedere tra le notizie, siamo ormai alle dosi crescenti, all'insoddisfazione (o alla soddisfazione malata), alla incapacità di provare altra meraviglia, e questo è il peggio che possa capitare a uno spirito curioso. "Odio gli indifferenti" diceva qualcuno mai sazio di sogni o troppo esigente dai suoi compagni di viaggio. Io non so fare tanto (non so odiare), ma detesto l'indifferenza. La si può fingere (per provocazione), la si può ostentare (per oltraggio, o per divertimento) ma l'indifferenza vera, per chi ne è davvero affetto, è una sorta di morte precoce, di impermeabilità alla vita, alla sua umidificante, turgida realtà. L'indifferenza è una malattia grave e contagiosa, e come in ogni epidemia c'è chi si porta avanti, chi (mai indifferente) se ne avvantaggia. Sarebbe utile un vaccino, una sveglia, un anticorpo potente, un antidoto efficace. A mia moglie piacciono i pomodorini gratinati. Oggi ne voglio fare almeno un chilo, per condire la pasta, e poi anche da soli, per secondo. Non può restare indifferente. Buon pranzo.