PODEMOS. GLI ‘INDIGNADOS COCCOLINO’ CHE PIACCIONO ALLA NUOVA SPAGNA.

VITO BARRESI
Cambio Quotidiano Social Online


Maledetta Casta. Benedetta Gente. La Spagna non sta più nella sua pelle. Nessuno resterà indifferente dopo quel che è successo in questi ultimi mesi, il flop delle elezioni inutili, il voto che ha lasciato sospeso e nello stallo il Paese. Giorni infiniti per una mediazione impossibile fino a che il Re Felipe VI non si è determinato d'indire nuove votazioni. La Spagna con i suoi conflitti identitari, le sue contraddizioni sociali e culturali, le sue tante eredità ideologiche e politiche vorrebbe uscire una volta per tutte dai suoi vestiti stracciati e sontuosi. Insomma non aver più paura di cambiare definitivamente abito e dismettere tutti quelli che ha già chiuso nell’armadio della sua lunga, lunghissima storia nazionale: il vestito del matador, l’armatura di Don Chisciotte, le magliette con le colombe di Pablo Picasso, la mantella di Maria Dolores de Cospedal nella processione del Corpus Domini di Toledo. Proprio quella ancora tanto popolare nella regione de La Mancha, tra memorie di mulini a vento e storie alla Sancho Panza. Adesso nessuno può mettersi a fare i tarocchi o a leggere le carte. Non c'è spazio per gli indovini tanto meno per i futurologi alla Alvin Toffler o alla Manuel Castells. Questi tempi iberici sono proprio all’insegna del tutto cambia nel giro di poche settimane,improvvisamente come un vento, un turbine, un'acquazzone. Ogni giorno nei sondaggi avviene qualcosa di importante tipo crolla il Partito Popolare, Podemos supera nettamente il Partito Socialista di più di dieci punti percentuali. Sembra impossibile comprendere e fermare il presente. Ma alla fine il 26 giugno, prossimo giorno del turno elettorale, per gli elettori cittadini ci saranno pochi istanti a disposizione per contribuire alla salvezza e al restyling di una così grande eredità storica, artistica, antropologica, politica, culturale di marca spagnola. Poi i problemi saranno altri per qualcuno che dovrà invecchiare nell'immane lavoro politico di calare definitivamente nella griglia della post democrazia mondiale, collocare nella rete immateriale dell’altro immenso oceano della globalizzazione, questo valore comune d'insetimabile importanza universale. Un momento storico, pochi attimi fuggenti ma stagliati, più o meno quanti ce ne vorranno per una scelta di voto e di consenso, di continuità o di alternanza di sistema, il prossimo 26 giugno, a posizionare la Spagna tra la porta della gabbia dorata del passato e la finestra sulla rete complessa dell’attualità. Una Spagna che non si rassegna ad essere marginalizzata dal resto dell’Europa e delle non lontane Americhe va alle urne per non restare ancora prigioniera di se stessa. E lo fa mettendo coraggiosamente in gioco il destino di più generazioni insieme. Quell’anziana dei padri e delle madri con la più recente dei figli e delle figlie più che mai alla ricerca di una sua nuova dimensione contemporanea che rinnovi profondamente anche l’offerta politica portando al livello della rappresentanza i diversi bisogni messi in primo piano dai nuovi partiti emergenti. Tra questi c'è Podemos e Ciudadanos, con diverse e interessanti proposte di governo e di partecipazione democratica. Intanto sempre il presente con i suoi mille problemi, le speranze e gli affanni, va al massimo, proprio come in una canzone di Vasco. Podemos raccoglie l’eredità del movimento 15-M, gli indignados, portanto a un'elaborazione più sofisticata e formale quella protesta, progettando e lottando per collocarla su un piano di più raffinata sintesi politico-istituzionale non solo nazionale ma europea. Quelli del 15-M per Pablo Iglesias erano gli albori, uno stato nascente. La sua maturazione politica personale, la struttura stessa della sua leadership che sta mettendo in campo è cresciuta velocemente ed enormemente insieme a un movimento in rapidissima mutazione e territorializzazione. Se ne parla anche in Italia del modello Iglesias. Ci sono molte similitudioni. L'espansione distrettuale, comunale e regionale è molto fertile, aiuta molto a rinnovare il campo della politica e della partecipazione democratica. In qualche modo richiama processi aggregativi a carattere calcistico. Moduli di gioco, squadre, bandiere, spalti comunitari, inni e gioia di costruire insieme l'istante della vittoria e poi gestirla. Tutte cose che in Italia sono state espulse dal salotto borghese della cosiddetta 'sinistra imprenditrice' perbenista e bancaria, dunque conservatrice e regressiva. Anzi se si guarda bene la 'questione viola' posta da Podemos in Spagna è già sulle fiancate laterali d’importanti parrocchie bolognesi. Tanto che chiuse e seppellite le sezioni rosse di Peppone anche sull’uscio delle chiese di Don Camillo rinnovate da Papa Bergoglio non si affiggono più neanche manifesti elettorali comunali. Ma già si dispiegano i titoli degli indignados cattolici made in Italy.


Gli indignados di 15-M furono un movimento spontaneo, eterogeneo e originale, espressione sociologico della confusione di genere non solo tra i sessi ma anche in politica, dove più generazioni si sono unite a differenza di quanto avviene nella sinistra renzista italiana dove le classi d’età sono separate, segmentate, divise per essere ben manovrate dai nuovi padroni del voto clientelare che sono i partiti comparti e costruiti dai potenti sindacati della tessera e del voto clientelare, specie le lobbies dei pensionati.

In Spagna Podemos ha definitivamente spazzato via l’immagine edulcorata e gretta del giovane apolitico che prima in Italia i potentati della sinistra di governo chiamavano sprezzantemente qualunquisti e oggi più spregiativamente populisti.

I giovani e le ragazze che votano Podemos sono la generazione di nativi della nuova democrazia spagnola.

Non hanno vincoli con il passato, sono distanti persino dalla complicata situazione sia di prima che di dopo la famosa Legge della Memoria e degli archivi Catalani, della guerra civile e del fascismo franchista.

Gli indignados senza chiedere permesso a nessuno un bel giorno di maggio di qualche anno fa si sono seduti a terra, in mezzo alla strada, alla Puerta del Sol per dimostrare che loro non erano come i fratelli maggiori.

Ragazzi preparati, generazione Erasmus come Pablo Iglesias che è stato a Bologna, consapevoli di non avere chances serie per il proprio futuro ma che a differenza dei loro coetanei italiani non sono disposti ad andarsene in Germania come quelli vanno a Londra.

Si sono riuniti in assemblea liberamente per svergognare l’inerzia, il vuoto culturale e l’ignoranza dei soliti politici di regime.

Tutto è stato così emozionante che adesso ci vuole molto tatto realzionale, estrema semplicità comunicativa, incisività e lucidità d’idee e di proposte, per evitare di essere fraintesi, scambiati per dei volgari arrampicatori elettoralistici.

La loro partecipazione ha sconfitto la disaffezione di tantissimi cittadini stufi dei soliti politicanti.

Stiamo bene attenti a quel che hanno detto e fatto.

Hanno contrastato la patrimonializzazione e la svendita alla rendita immobiliare di palazzi piccoli e grandi, la gioielleria dei beni culturali nazionali, quella stessa che Renzi con i suoi nefasti propositi sulla ‘bellezza’ vorrebbe svendere al capitalismo finanziario mondiale, contrastando l’espulsione degli inquilini poveri e gli sfratti abusivi.

Si sono opposti tenacemente al bipartitismo e al bipolarismo che Renzi vorrebbe sancire con un referendum costituzionale che puzza a mille miglia di Legge Truffa, battendosi contro leggi elettorali ad esclusivo vantaggio non della dialettica e del conflitto propulsivo ma della stabilità edulcorata e manovrata dal solo capo di governo.

Il 15-M è stato per gli spagnoli ciò che il maggio del ’68 fu per i francesi.

Solo che a Madrid come a Barcellona, a Valencia come a Cadice non si chiede l’impossibile ma si osa il Podemos, il possibile. Per questo gli elettori si sentono mobilitati per il rigore e il rispetto del proprio voto.Ci si aspetta molta serietà senza perdere la calma, una certa dose d’umorismo, la serenità democratica.

In Spagna la politica sta correndo molto di più che in altre parti dell’Europa.

L’epoca del paternalismo dei politici è finita. La vita sociale e collettiva si è straordinariamente dinamizzata. Ma questo ritmo veloce non ha ancora contaminato la politica che è lenta e retrograda e che stenta ad aggiornarsi. I mezzucci sono una scorciatoia sempre allettante.

Ecco perché per la Spagna, e non solo, l’occasione del cambiamento è irripetibile.


PODEMOS. THE 'INDIGNADOS COCCOLINO' THAT LIKE THE NEW SPAIN - Spain is no longer in his skin. No one remains indifferent to what has happened in recent months after the unnecessary election that left the stall the country up to determine the King Felipe VI to call new votes. Spain with its conflicts of identity, its social and cultural contradictions, its many ideological and political legacy would quit once and for all by his tattered and sumptuous clothes, in short, no longer afraid to change definitely suit and divest all those who already closed in the closet of his long, long national history: the dress of the matador, the armor of Don Quixote, the shirts with doves of Pablo Picasso, Maria Dolores de Cospedal cape in the procession of Corpus Christi in Toledo. That very still so popular in the region of La Mancha, among windmills memories and stories to Sancho Panza. Now you can not do the soothsayer or fortuneteller much less futurist Alvin Toffler to or Manuel Castells but these days Iberians are just full of everything changes within a few weeks. Every day in the opinion polls carried something important type collapses the Popular Party and Podemos clearly exceeds the Socialist Party more than ten percentage points. It seems impossible to understand and stop this but in the end on June 26th, the next day of the runoff election there will be a few moments to contribute to the salvation and the restyling of such a great historical heritage, artistic, anthropological, political, cultural Spanish brand, and someone will have to come down definitively in the grid of post-democracy, place in the network of the other intangible immense ocean of globalization. More or less how many of them will want to vote for a choice of the next 26 June between change and continuity, alternation and permanence, between the gilded cage of the past and the complex network of actuality. A Spain that is not resigned to being marginalized by the rest of Europe and non-distant America goes to the polls to not remain still a prisoner to itself. And it does so bravely putting at stake the fate of several generations together, that old fathers and mothers with the latest sons and daughters more than ever looking for his new contemporary dimension to renew profoundly the political offer bringing it to the level of representation to individual needs come first from the new emerging parties, including Podemos and Ciudadanos, with different and interesting proposals of government and democratic participation. Meanwhile, always present with its myriad problems, the hopes and anxieties goes up like a song of Vasco. Podemos reflects the heritage of the 15-M movement, the indignados, bringing to a more sophisticated level and formal processing of that protest, designing and struggling to place it on a more refined level of political and institutional synthesis not only national but European. Those of 15-M for Pablo Iglesias were the beginnings. His personal political maturation, the very structure of leadership that is fielding has grown rapidly and enormously. He also speaks Italian. But not within the fold of conservative and regressive left. In fact if you look good to the question of Podemos in Spain is already on the side of important Bolognese parishes sides, the door of the churches renovated Bergoglio Pope, where you do not affix municipal election posters but unfold the indignados of Catholic titles made in Italy. VITO BARRESI Social Change Daily Online