BALLOTTAGGIO. Chi ha la palla che deciderà il Prossimo Sindaco?

16 giugno 2016, 20:29 Il Fatto

Secondo un’inchiesta pubblicata sul sito dell’Istituto Cattaneo dopo il primo turno del 5 giugno, 126 comuni italiani – e oltre 8 milioni e mezzo di elettori – tornano a eleggere il loro sindaco nel ballottaggio. In più dell’80% dei comuni “superiori” (121 su 149) il primo turno non è servito a stabilire il vincitore delle elezioni ed è stato indetto un secondo turno tra i due candidati meglio piazzati. L’Istituto Cattaneo ha analizzato tutti i 532 casi di ballottaggio municipale che si sono tenuti in Italia dal 2010 ad oggi (vedi tab. 1), per chiarire le dinamiche elettorali che si innescano tra i due turni. Sul piano della partecipazione elettorale mediamente, l’astensione tra i due turni cresce di oltre 15 punti percentuali: una tendenza che è rimasta grossomodo costante nel tempo, con l’eccezione della tornata elettorale del 2014 quando, nel passaggio al ballottaggio, si sono persi ben 19,2 punti percentuali. Nelle 5 zone geo-politiche in cui è suddivisibile l’Italia, si nota che l’aumento maggiore dell’astensione tra i due turni di votazione è più alto al Sud rispetto alle altre regioni. Per la precisione, nelle cinque regioni del Sud (Molise, Campania, Basilicata, Puglia, Calabria, Sicilia), l’astensionismo nel secondo turno aumenta di 16,8 punti percentuali rispetto al primo. Al contrario, nella cosiddetta zona “rossa” (Emilia-Romagna, Toscana, Marche e Umbria), la partecipazione tra primo turno e ballottaggio scende “solamente” di 13,5 punti percentuali. Cosa può accadere domenica prossima? Di certo un calo consistente della partecipazione, all’incirca di 15 punti: un dato che potrebbe essere addirittura superiore nelle regioni del Sud dove, però, questa tornata di elezioni amministrative, ha visto una crescita meno marcata dall’astensionismo in confronto con altre regioni settentrionali tradizionalmente più partecipative (in particolare nelle elezioni politiche). In ogni caso, la fisiologica diminuzione della partecipazione nel corso del ballottaggio è interpretata da molti studiosi come un vulnus alla legittimità dell’intero processo elettorale e, soprattutto, nei confronti del candidato risultato vincitore. L’argomento non è del tutto infondato, ma si basa sul presupposto che il vincitore del ballottaggio – a causa del calo nella partecipazione – ottenga un numero di voti inferiore rispetto a quelli presi dal vincitore al primo turno. In sintesi, è possibile trarre due “lezioni” dai dati sui ballottaggi municipali appena esaminati. La prima è in sé scontata, ma merita di essere ugualmente rimarcata: per vincere nel secondo turno i candidati devono essere capaci di allargare la propria iniziale platea di consensi. Chi riesce a raccogliere un numero maggiore di consensi rispetto al “primo tempo” delle consultazioni ha – per così dire – la vittoria in tasca. La seconda lezione è che, dal 2010 ad oggi, lo strumento del ballottaggio ha dimostrato di funzionare in Italia, nel senso che, spesso, il candidato che emerge come vincitore dalle elezioni può vantare un surplus di legittimità rispetto all’esito del primo turno. Una delle metafore più (ab)usate nelle due settimane che separano i due turni di elezione è quella secondo la quale il ballottaggio è una nuova “partita” che ricomincia sostanzialmente dal fatidico “zero a zero”. Ma è realmente così? Davvero i ballottaggi ricominciano da una situazione di parità oppure uno dei due giocatori parte avvantaggiato rispetto all’altro? Per rispondere a questa domanda, l’Istituto Cattaneo ha analizzato i risultati elettorali di tutti quei comuni nei quali si è tenuto il ballottaggio tra il 2010 e il 2015. Per la precisione, ci siamo domandati quanti sono stati fino ad oggi i casi di rimonta elettorale, vale a dire quelle situazioni in cui il candidato più votato al primo turno è stato sconfitto nel corso del ballottaggio. In media, il vincitore del primo round delle elezioni riesce a confermare la propria vittoria anche nel turno successivo (e decisivo) nel 71% dei casi, mentre i casi di rimonta sono all’incirca tre su dieci (29%). Ne consegue, quindi, che i ballottaggi comunali non sono tutti uguali e, soprattutto, che la metafora calcistica dello “zero a zero” non tiene alla prova dei fatti. In molti casi il ballottaggio conferma il responso del primo turno e solo in una (significativa) minoranza di episodi il secondo turno produce un risultato “sorprendente”. Nel corso degli ultimi anni, tra i ballottaggi più eclatanti si ricordano quelli nei quali ha partecipato il Movimento 5 stelle (M5s). Si rammentino – tanto per limitarci ai casi più noti – le elezioni di Parma (2012), Mira (2012), Comacchio (2012), Livorno (2014), nelle quali i 5 stelle, partendo secondi al primo turno, arrivarono primi al traguardo del ballottaggio. Per la natura composita del suo elettorato e per il suo messaggio trasversale e “pigliatutti”, il M5s si dimostra una “macchina da ballottaggio”, in grado di smentire i pronostici della vigilia soprattutto quando sfida un candidato del Partito democratico.


Il presente resoconto è tratto da un’analisi a cura di Filippo Tronconi e Marco Valbruzzi

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